“Andrea Camilleri incontra Manuel Vázquez Montalbán”

di / 7 luglio 2014

In qualsiasi lavoro l’invidia e il sempre valido motto latino mors tua vita mea creano inevitabilmente antipatie, conflitti e discussioni.

Questo è tanto più vero in letteratura. La storia è piena dei cosiddetti “nemici di penna” che si sono scambiati insulti più o meno fantasiosi e coloriti: Robert Louis Stevenson definì Walt Withman «un grosso cane a pelo lungo, che appena sciolto il guinzaglio, dissotterra tutte le spiagge del mondo e ulula alla luna»; H.G. Wells accusò George Bernard Shaw di essere «Un bambino idiota che strilla in ospedale». Gli esempi potrebbero essere centinaia, con duelli anche ultraterreni tra vivi e morti.

Così non è stato invece fra Andrea Camilleri, il padre del commissario Montalbano, e Manuel Vázquez Montalbán, creatore dell’investigatore privato gourmet Pepe Carvalho. Anzi, le affinità erano evidenti anche ben prima di conoscersi nel 1998 a Mantova in occasione della seconda edizione di Festivaletteratura. Camilleri, recentemente insignito del Premio Pepe Carvalho 2014, ha chiamato il protagonista della sua serie di gialli di clamoroso successo proprio Montalbano, cognome assai diffuso in Sicilia ma soprattutto in omaggio allo scrittore catalano. Ne nacque infatti un intenso rapporto di amicizia letteraria. 

Da quel primo incontro, testimoniato dall’intervista fatta dallo scrittore siciliano al collega, Skira ha tratto un libricino pubblicato nella collana di mini saggi SMS diretta da Eileen Romano: Andrea Camilleri incontra Manuel Vázquez Montalbán (Skira, 2014).

CAMILLERI: «Io non avevo alcuna esigenza di conoscere Montalbán. So benissimo che nel 99% dei casi, quando si conosce uno scrittore amato, si hanno delle delusioni terribili. Quindi, non dovendolo sposare, ed essendo già sposato, perché dovevo conoscere personalmente Vázquez Montalbán? Bastavano i suoi libri che aspettavo con ansia. Senonché mi è capitato che dovevamo incontrarci a Mantova al festival della letteratura, dove io lo avrei intervistato: tutti e due avevamo detto di sì, all’insaputa l’uno dell’altro. Senonché c’è stato un invito gentilissimo di D’Alema, che avrebbe fatto da moderatore. Credo che sia stata da parte mia la curiosità di vederlo in quelle vesti a spingermi ad accettare l’invito. Ecco, quella è stata la prima conoscenza».

MONTALBÁN: «La prima notizia dell’esistenza di Camilleri è stata una notizia giornalistica. La mia traduttrice l’aveva letto, e anch’io ho cominciato a leggerlo. Poi, l’incontro è stato sotto gli occhi del “padrino” D’Alema, la parola padrino è innocentemente pronunciata, non c’è un secondo fine. E avevo una grande curiosità di conoscere D’Alema come critico letterario. E lui ha fatto una critica letteraria di un mio romanzo O Cesare o niente, e ha dato una curiosa interpretazione, molto gramsciana, del partito come Il Principe: questo è stato un motivo di conversazione con Camilleri, questa lettura molto particolare di D’Alema. Camilleri, che è un uomo molto generoso – una generosità che non è normale in uno scrittore, e che, da narciso, lui dissimula molto bene – ha dimostrato una grande conoscenza della mia opera. È vero che la nostra è stata un’amicizia vera, condizionata dalle letture, dagli incontri, e per questo per me è un piacere essere qui e rinnovare la possibilità di parlare in pubblico con Camilleri».

In questo godibilissimo dialogo i due si intrattengono sui più disparati argomenti: dalla letteratura alla politica, dalla cucina al calcio, in un costante confronto fra le loro due creature di cui è inutile nascondere le somiglianze. Amano il cibo e la letteratura, anche se Montalbano non brucia i libri come fa l’investigatore galiziano, ed entrambi hanno un rapporto complicato con le donne.

Pepe Carvalho, poi come tutti gli investigatori, è un personaggio di frontiera: «non è un personaggio socialmente identificabile, è un outsider, e questa condizione gli permette di intraprendere un viaggio di indagine, come se fosse nient’altro che un punto di vista, quasi un percorso tecnico».

A questo proposito Montalbán cita Leonardo Sciascia, modello anche di Camilleri, che in Breve storia del romanzo poliziesco attribuiva un aspetto metafisico al racconto poliziesco: «in un certo senso il romanzo poliziesco presuppone una metafisica, l’esistenza di Dio, della grazia, di un mondo al di là del fisico. L’incorruttibilità, l’infallibilità dell’investigatore, il suo ascetismo, il fatto che non rappresenta la legge ufficiale ma la legge in assoluto, la sua capacità di leggere il delitto nel cuore umano oltre che nelle cose, cioè negli indizi, lo investono di metafisica luce».

È evidente il rammarico di non essere una mosca per poter assistere tra un registratore, alcuni sorsi di birra e immancabili boccate di fumo, a questo interessantissimo scambio di opinioni tra due mostri sacri del genere come Andrea Camilleri e Manuel Vázquez Montalbán.

(Andrea Camilleri incontra Manuel Vázquez Montalbán, Skira, 2014, pp. 46, euro 7)

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