“L’ultimo dio”
di Emidio Clementi

di / 5 novembre 2014

La casa editrice Playground ha da alcuni mesi ristampato L’Ultimo dio del frontman e bassista della band post-rock dei Massimo Volume, Emidio Clementi. Si tratta di un’autobiografia pubblicata per la prima volta nel 2004 da Fazi e ora riproposta con alcune illustrazioni di Andrea Bruno. L’ultimo dio è un’opera scritta seguendo in filo parallelo un’altra autobiografia, Il primo dio (edita Adelphi, terza ediz. 2011) dello scrittore italiano Emanuel Carnevali, emigrato a soli sedici anni negli Stati Uniti nel 1914. Sopravvivendo con i lavori più umili, dopo aver imparato l’inglese per le strade di New York e alla Public Library Carnevali riuscì in poco tempo ad inserirsi nel cuore del modernismo americano, frequentando i circoli di avanguardia del Greenwich Village, a New York, e il Dill Pickle Club di Chicago. Tra i promotori della cultura italiana negli States, con le sue poesie, i racconti, numerosi saggi, affermò la sua voce all’interno del fervido ambiente delle piccole riviste letterarie, come Poetry, Others, The Little Review e altre ancora, che hanno inaugurato l’avvento della Nuova Poesia americana. Amico di Pound e di Carl Sandburg, Carnevali, ammalatosi di encefalite letargica, fece definitivamente ritorno in Italia non prima di aver sferrato il suo grido a una America terribilmente moderna, grandiosa e misera; non prima di aver contribuito sensibilmente alla maturazione di un altro grande poeta americano, William Carlos Williams, avvicinandolo a un modello di poesia semplice e privo di retorica.

La straordinaria e tragica avventura di Carnevali ha profondamente ispirato la vita e la carriera artistica di Emidio Clementi che già dal 1995 rende omaggio al poeta con Il primo dio, canzone inserita nell’album Lungo i bordi dei Massimo Volume. Il testo riprende un saggio-poema su Arthur Rimbaud che Carnevali scrisse nel 1919:

C’è forza nella pioggia che bagna il bordo del lavandino
e le mie braccia tese, oggi.
Non nelle colline, né nel cielo che tiene bassi gli uccelli
e ha i colori sbiaditi di una polaroid.
Emanuel Carnevali, morto di fame nelle cucine d’America
sfinito dalla stanchezza nelle sale da pranzo d’America
scrivevi
E c’è forza nelle tue parole
Sopra le portate lasciate a metà, i tovaglioli usati
Sopra le cicche macchiate di rossetto
Sopra i posacenere colmi
Sapevi di trovare l’uragano
Dire qualcosa mentre si è rapiti dall’uragano
Ecco l’unico fatto che possa compensarmi
di non essere io l’uragano
Emanuel
Primo dio
Rimbaud
Preghiera a cose più belle di me
Rimbaud
Avvento della giovinezza
Immagine perfetta
Sensazione perfetta
È nella pioggia, oggi, il vostro grido

Ne L’ultimo dio Clementi riporta la circostanza, del tutto fortuita, grazie alla quale ha scoperto Il primo dio, durante gli anni in cui il cantautore lavorava come cameriere a Bologna. L’autore-protagonista Mimì (il nome con cui Emidio Clementi ama farsi chiamare), affascinato dalle tante analogie con Carnevali, che ha rilevato leggendone il romanzo autobiografico, intravede finalmente un senso da dare alla propria vita, fino allora cercato e mai trovato nelle sue continue fughe in giro per l’Europa, mortificato dal vuoto dei tanti lavori occasionali: «Improvvisamente, allora, mi rendo conto che dentro quei lavori del cazzo a cui immolo la maggior parte del tempo, se solo riuscissi a scorgerla, c’è scritta anche la mia storia; che in quello che ho vissuto, c’è tutto quello che devo dire. Un’altra vita non mi servirebbe a niente, devo solo imparare a usare quella che ho. È da questo momento che la mia prospettiva inizia a cambiare».

Emidio Clementi avrebbe poi realizzato con i Massimo Volume quel progetto di sperimentazioni combinanti musica e letteratura che caratterizza tanto la sua ricerca espressiva. Da una prospettiva esterna potrebbe sembrare eccessivamente forzata, o addirittura esagerata, la rilevanza che Clementi sembra dare alla lettura de Il primo dio. Bisogna tener presente comunque che, come lo scrittore, il musicista scrive un romanzo autobiografico in cui narra artisticamente la storia del proprio vissuto, senza pertanto escludere che vita artistica e vita reale possano condizionarsi, sovrapporsi fino anche a coincidere. A spuntarla è «una convinzione fragile»: l’idea che due vite possano appartenersi al di là di ogni comprensione. Indiscutibile rimane l’influenza che Carnevali ha esercitato nello sviluppo espressivo di Clementi, il quale a sua volta ha dato un contributo importante e personalissimo alla fortuna del poeta. Ci sono comunque alcune somiglianze evidenti tra Carnevali e Clementi. Una prima, sicuramente banale e lampante, arriva dalla constatazione che le iniziali dei rispettivi nomi e cognomi coincidono. La seconda, molto più concreta e seria, è individuabile nella comune esperienza di una difficile emigrazione. Dopo la morte del padre che lascia la famiglia in terribili condizioni economiche, Emidio Clementi, originario di Ascoli Piceno ma vissuto a San Benedetto del Tronto, trascorre alcuni anni in Svezia e a Londra per poi stabilirsi a Bologna, vivendo di lavori saltuari come Carnevali. Ancora una somiglianza tra i due autori si riscontra in quella stessa ambizione, quella voglia di successo derivante dalla piena consapevolezza del proprio valore. Tale coscienza di sé si rileva anche nella comune preferenza di ipocoristici in sostituzione del nome di battesimo: Emanuel, Manolo, Em sono quelli di Carnevali; Mimì quello di Clementi. Una maniera per ancorarsi al proprio personalissimo io nel dramma esistenziale di una rincorsa inesauribile verso un altro sé (l’io è un altro da raggiungere sempre), ma anche un modo per amare e fare amare, quando ci si ferma, quel sé, che durante la corsa della vita, a volte rimane inesorabilmente indietro.

(Emidio Clementi, L’ultimo dio, Playground, 2014, pp. 208, euro 15)

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