“Favola selvaggia”
di César Vallejo

di / 17 novembre 2014

Balta e Adelaida sono una coppia d’altri tempi, apparentemente felice e spensierata: giovani e nel pieno di un amore ancora nuovo, vivono in una fattoria alle pendici delle Ande peruviane. Questo il preambolo al racconto Favola selvaggia, recentemente pubblicato da Arcoiris che propone il recupero di un altro classico della letteratura latinoamericana fino a questo momento sfuggito all’editoria locale: César Vallejo, amatissimo poeta e giornalista peruviano, tra gli intellettuali più significativi del primo Novecento in America Latina.

E solo di preambolo si tratta, poiché basta addentrarsi di poche pagine nella lettura per essere immediatamente catapultati in una storia tutt’altro che serena e lineare.

Una mattina Balta guarda il suo riflesso in uno specchio e nulla di ciò che lo circonda è più come prima. Non è solo: un’ombra si riflette nello specchio oltre il suo volto, un baleno e qualcuno – qualcosa – lo sta osservando. E basta questo, a fare di una premessa felice una storia tragica. Basta questo a instillare nella mente di un uomo la persecuzione.

Gli elementi del racconto sono pochi, immagini-simbolo di un presagio funesto: un specchio rotto, un temporale che impazza per una notte intera, il canto lagnoso e inquietante di una gallina. Dopo quell’episodio fugace Balta non è più lo stesso: il sospetto, il terrore, si insinuano in lui, andando a minare – lentamente ma con precisione, come piogga battente sulle rocce – la sua vita quotidiana, e soprattutto l’amore per Adelaida. È forse il suo amante la misteriosa figura che si fa beffe di lui nello specchio?

La perplessità del protagonista va di pari passo a quella del lettore, ed è riflessa, e magistralmente descritta, nella natura circostante, che si fa astiosa, provocatoria, inquieta e inquietante, ergendosi a ulteriore personaggio al corrente dei fatti: un albero di canfora, testimone immobile ma vivo, racconta nei suoi mutamenti una versione parallela della storia, in un gioco di riflessi reali e metaletterari che è il vero fascino del racconto.

È con un linguaggio estremamente evocativo e lirico che Vallejo descrive il lugubre insinuarsi della gelosia e della paura nella mente di Balta, il suo progressivo chiudersi al mondo, l’ira e la debolezza con cui affronta la lenta distruzione in cui trascina la sua vita.

La prosa satura di immagini di Vallejo ci trasporta verso una conclusione oscura, tersa di disperazione, che ricorda a certi racconti di Poe, in cui l’atmosfera soprannaturale non è altro che un pericoloso affacciarsi sugli abissi della mente umana.

(César Vallejo, Favola selvaggia, trad. di Raul Schenardi, Arcoiris, 2014, pp. 74, euro 8,50)

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