“Jimmy’s Hall – Una storia d’amore e libertà” di Ken Loach

di / 16 dicembre 2014

Doveva essere il suo ultimo film, questo Jimmy’s Hall – Una storia d’amore e libertà con cui Ken Loach si è presentato in concorso all’ultima edizione del Festival di Cannes, per la dodicesima volta nella sua carriera. Almeno questo era quanto aveva dichiarato, salvo poi cambiare idea e dirsi pronto a tornare dietro la macchina da presa.

Il Jimmy del titolo è Jimmy Granton, un’attivista politico irlandese di area socialista realmente esistito. La storia non è quella della sua vita, ma quella della Pearse-Connolly Hall, il centro culturale che Granton costruì a County Leitrim, nella zona nord della Repubblica d’Irlanda, negli anni Venti del secolo scorso come un luogo in cui la gente potesse riunirsi per ballare, imparare le arti, discutere o dedicarsi al pugilato. Non erano anni semplici, quelli, in Irlanda. Il conflitto con il Regno Unito stava esaurendo i suoi fuochi, ma dalle ceneri era già pronto a divampare l’incendio della guerra civile che avrebbe iniziato a contrapporre gli irlandesi uno contro l’altro. Le attività di Jimmy, rivolte esclusivamente all’arricchimento culturale dei suoi amici e compaesani, non erano ben viste dalle autorità locali, in particolare da padre Sheridan, rigido sacerdote che temeva la deriva morale dei balli e di ogni forma di cultura. Jimmy è costretto a lasciare l’isola per cercare lavoro a New York. Torna dopo dieci anni, e apparentemente niente è cambiato a County Leitrim. C’è ancora padre Sheridan a dettare la legge etica. Solo che la gente ha ancora voglia di ballare, molto più di prima, e presto Jimmy decide di far rinascere la Pearse-Connolly Hall.

Nel 2006 Ken Loach aveva raccontato lo stesso momento storico dell’Irlanda in uno dei suoi film più riusciti che gli aveva fatto conquistare la Palma d’oro a Cannes, Il vento che accarezza l’erba. Nel raccontare la storia dei fratelli O’Donovan, Loach aveva concentrato il suo racconto sulla dimensione politica del conflitto e sulla possibilità costante della violenza che degenera in guerra. In Jimmy’s Hall, con il sostegno in sceneggiatura ancora una volta del suo storico collaboratore Paul Laverty, ha scelto di cambiare registro senza perdere comunque di vista la dimensione politica e sociale.

Nella storia della piccola sala da ballo di County Leitrim c’è il solito tema della libertà, da sempre centrale nel cinema di Ken Loach. La libertà dell’individuo da ogni forma di costrizione esterna e di vincolo imposto da un pensiero esterno che limiti la possibilità di espressione dell’uomo.

Padre Sheridan si oppone a Granton in nome di valori da conservare a ogni costo, opponendosi a ogni forma di novità. Quello che Jimmy è tornato a portare nella sua Hall è una possibilità nuova che non ha in sé nessun diretto potere rivoluzionario ma che comporta un’apertura della coscienza che può rendere piccolo il mondo che il prete difende. È contro la «losangelizzazione dei costumi», che Sheridan si oppone, contro la libertà appresa da Jimmy sui libri di Marx prima e nei locali di jazz negli Stati Uniti poi, dove neri e bianchi ballano insieme e la promiscuità si confonde nel ritmo.

Solo una minoranza segue Jimmy. La maggior parte dei paesani sono con Sheridan e, in generale, con il potere, qualunque esso sia. È questo che fa impennare la violenza, fuori dalla sala, con padri che frustano le figlie e gli insulti urlati nelle sale cinematografiche. Ma Jimmy non si arrende, continua a sostenere un mondo diverso da quello che ha visto crollare con la borsa di Wall Street nel 1929 e che si continua a vedere come l’unico possibile, in cui gli uomini possano lavorare «for need, not for greed» (per bisogno, non per avidità) ed essere liberi di ballare, cantare ed essere felici.

Jimmy’s Hall si muove tra il 1932 del ritorno di Granton e il 1922 di prima della sua partenza. Cambia poco, in dieci anni, nell’ottusità del potere. Loach fa cinema schierato da sempre, e non ne ha mai fatto mistero. Si è sempre trovato più a suo agio a essere indulgente con gli ultimi che a indagare del tutto il senso della costrizione del potere. Quando è ispirato riesce a vincere la contrapposizione manichea e semplicistica che pone i “suoi” come buoni e gli altri come cattivi senza appello. A County Leitrim il potere è stupido e spietato, senza sfumature. C’e solo un giovane prete che trova inammissibile quello che succede contro il centro culturale, ma è una voce isolata e inutile. È questa contrapposizione troppo netta tra una fazione e l’altra a stridere in un contesto che non si preoccupa di approfondire la dimensione storica e politica lasciandola piuttosto come un generico riferimento. Jimmy’s Hall, comunque, trova un sostegno nella semplicità della gioia del ballo e della libertà pretesa dai cittadini che difendono la Hall perché non è solo un edificio, ma è quello che loro sono realmente, e nella storia d’amore interrotta tra Jimmy e Oonagh che torna a diventare possibile in un ballo notturno illuminato dalla luna.

(Jimmy’s Hall – Una storia d’amore e libertà, di Ken Loach, 2014, drammatico, 104’)

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