“Fiabe lapponi”
di Aa.Vv.

di / 19 gennaio 2015

Fiabe lapponi (Iperborea, 2014) è la prima di una serie di raccolte dedicate alle fiabe scandinave, a cura di Bruno Berni, che la casa editrice Iperborea manderà alle stampe.

La Lapponia, mitica terra di Babbo Natale, comprende un territorio vasto e sfuggente, dalle inospitali condizioni climatiche, un’area geografica che abbraccia le regioni settentrionali di Norvegia, Svezia, Finlandia e la penisola di Kola in Russia. La natura crudele e matrigna ha condannato per molto tempo all’emarginazione e al nomadismo il popolo dei Sami (o lapponi).

È solo nel corso dell’Ottocento che, in concomitanza con i primi rigurgiti di indipendenza (culturale e linguistica), queste popolazioni nordiche cominciarono a fissare per iscritto la tradizione fino ad allora esclusivamente orale delle fiabe.

Lungi dall’essere semplici racconti per intrattenere e sviluppare la creatività dei bambini, le fiabe, proprio nel secolo del Romanticismo, hanno acquistato una propria dignità letteraria grazie ai fratelli Grimm, anche se la loro circolazione è molto più antica risalendo in epoca antica, e si sono fatte strumento di edificazione dell’identità nazionale.

Ad esempio, dopo che la Norvegia riuscì a ottenere l’indipendenza dalla Danimarca nel 1814, dopo ben 400 anni di dominio, si palesò subito la necessità e il desiderio di una lingua nazionale scevra dall’influenza danese, una lingua propria in cui veicolare i propri usi e costumi. Furono gli studiosi Peter Christen Asbjørnsen e Jørgen Moe a raccogliere e pubblicare per la prima volta le fiabe norvegesi, definite dallo stesso Jacob Grimm ‹‹le migliori che esistono››.

Di fatto la lingua norvegese, fatta da un insieme di dialetti ugofinnici anche molto distanti tra loro, divenne la lingua ufficiale solo nel 1991.

Sono storie inattuali ma eterne che si rifanno agli archetipi, ai sentimenti e alle relazioni più profonde della cultura nordica.

I personaggi sono vari e intriganti. Oltre a quelli classici quali cacciatori, demoni, streghe, principesse, giganti e orchi, troviamo quelli della mitologia Sami: Gieddegæṧ-galgoo, una vecchia saggia a cui gli eroi delle fiabe si rivolgono spesso per chiedere consiglio; Stallo, una specie di orco piuttosto sciocco e facile da raggirare; Acceṧ-ædne, una troll malvagia, brutta e astuta che spesso cerca di sostituirsi ad altri personaggi femminili; Njaveṧ-ædne, bella e di buon umore ma ingenua, spesso infatti si fa ingannare da Acceṧ-ædne; diavoli che nell’immaginario lappone assumono le sembianze di ricchi signori norvegesi ben vestiti; noaide, sciamano lappone con funzioni da guaritore.

I protagonisti delle Fiabe lapponi, prese quasi esclusivamente dall’opera del norvegese Just Knud Qvigstad, si distinguono da quelli delle altre fiabe scandinave per alcune peculiarità: scrive Berni «simili sono i temi, diversi sono i personaggi, come lo Stallo lappone è diverso dal gigante svedese e diversa è appunto l’atmosfera». In molte narrazioni ricorre per esempiola figura del Sami arguto che si fa beffe dell’orco un po’ tonto, lo Stallo, proiezione del norvegese cattivo. Una di queste, Sette in un colpo, ricordail Prode piccolo sarto dei fratelli Grimm.

O ancora troviamo una volpe senza stivali che contribuisce ad arricchire il suo padrone proprio come il Gatto con gli stivali di Perrault. Tra i Sami, si narra di un tal Ruobba che fa la guardia a un albero di foglie d’oro, forse nato da un innesto di quello che faceva mele, anch’esse 24 carati, nella favola dei Grimm L’uccello d’oro.

Anche l’ambientazione è diversa. Mercanti, cacciatori di renne, pescatori, porcai, cavalieri si muovono in ampi spazi selvaggi diversi dal ‹‹paesaggio campagnolo danese››, oppure l’azione di svolge nellasida, ovvero l’accampamento lappone composto da più tende e mandrie. Di fatto poi la dimora del principe è una fattoria.

Spesso gli eroi delle fiabe lapponi pagano per i propri errori e leggerezze e la morale non è mai scontata, a volte è amara e frustrato il lieto fine.

Per chi ama le temperature nordiche è impossibile non lasciarsi sedurre dal fascino del loro “c’era una volta”. Il pungente freddo invernale del resto propizia l’immersione in questo mondo di metamorfosi e magie alla scoperta di una popolazione spesso dimenticata, alla ricerca delle proprie radici iscritte nelle formule ripetute di queste fiabe, impreziosite dalle illustrazioni di John Andreas Savio, quali «testimonianze raccolte in un’epoca in cui il progresso tecnologico non aveva limitato le peculiarità regionali, in cui l’arte della narrazione e della memoria erano ancora vive, espressione del modo in cui un popolo vede se stesso e di come, in fondo, vorrebbe essere visto dagli altri».

(Fiabe lapponi, trad. di Bruno Berni, Iperborea, 2014, pp. 192, euro 15)

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