“The Fighters – Addestramento di vita”
di Thomas Cailley

La sopravvivenza, l’amore e la fine del mondo

di / 17 aprile 2015

Ha fatto il pieno di premi ai recenti César, gli “Oscar” del cinema francese, The Fighters – Addestramento di vita (titolo originale Les Combattants, ma i distributori italiani hanno dovuto metterlo in inglese per qualche motivo), film d’esordio di Thomas Cailley che, dopo aver dominato la Quinzaine des Réalisateurs nel 2014 a Cannes, si è portato a casa i riconoscimenti per la migliore opera prima, il miglior attore esordiente per il protagonista Kévin Azaïs e quello per la miglior attrice, in assoluto, per Adèle Haenel.

In un’estate come tante, il ventenne Amaud finisce per partecipare a un’esercitazione di difesa personale organizzata dall’esercito in cerca di matricole. Sulla spiaggia, davanti a tanti altri ragazzi in fila per provare, Amaud dovrà battersi con una ragazza che riuscirà a battere solo barando (mordendola). Qualche giorno più tardi, mentre lavora con il fratello nella piccola impresa familiare di bricolage, Amaud ritrova quella ragazza, Madeleine, figlia annoiata e paranoica della borghesia, convinta che la fine della civiltà sia in avvicinamento e che quindi si sottopone ogni giorno a un costante regime di addestramento in attesa di arruolarsi nel corpo dei paracadutisti. Da quel primo combattimento tra i due si instaura un’amicizia e un’attrazione sempre più forte. Amaud finisce per seguirla allo stage militare di selezione per continuare a vederla, senza credere alle sue paranoie ma assecondandole.

Per parlare di The Fighters bisogna iniziare dagli attori. I due giovani quasi esordienti Kévin Azaïs e Adele Haenel costruiscono il film con la tranquillità dei veterani più consumati. Sono loro, i combattenti, a spingere più in là l’opera prima di Cailley, di suo già piena di intuizioni e spunti originali. Kévin Azaïs, con quella fisicità e quella faccia compassata, sembra Jean-Louis Trintignant. Adèle Haenel, a venticinque anni, si è presa il secondo César consecutivo, dopo quello da non protagonista per Suzanne l’anno scorso, questa volta come migliore attrice  avendo la meglio su attrici come Marion Cotillard (Due giorni, una notte), Juliette Binoche (Sils Maria) e Catherine Deneuve (Piccole crepe, grossi guai).

Sono Azaïs e Haenel che riescono a caricare di tensione erotica ogni momento di rivalità, a riempire con l’attrazione reciproca le distanze. Sin da quel primo combattimento in costume da bagno con i corpi esposti dell’estate, con Amaud messo sotto da una donna che sente qualcosa di molto diverso dall’umiliazione che il ruolo di genere richiederebbe, il legame che si crea è invincibile. La differenza tra i due è tanta, ma allo stesso tempo hanno entrambi bisogno l’uno dell’altra.

Perché la fine del mondo che Madeleine sente avvicinarsi, e che Amaud iconicamente vede avvicinarsi nelle nubi nere all’orizzonte, ha un valore, simbolico, molto maggiore della pura paranoia. È lo spettro di un futuro senza sbocchi per le nuove generazioni, di un mondo, quello del lavoro, in cui non c’è spazio per le ambizioni. In Francia l’esercito è il più grande reclutatore dopo McDonald’s, dicono i due ragazzi a un certo punto, ma non è certo come ultima speranza contro la disoccupazione che Madeleine si rivolge al corpo dei paracadutisti. Anzi, la ragazza rinuncia ai master in economia, alla sicurezza del benessere familiare, a tutti gli agi di una condizione privilegiata. È la ricerca di un sistema di ordine a muoverla, di un’organizzazione in grado di fornirle sempre lo stimolo a dare di più, a impegnarsi e sudare, a lottare per ogni pasto. Amaud le va dietro senza alcun tipo di convinzione, ideologica o personale, ma solo per stare con lei. È un indeterminato, impreparato all’idea di vita come lotta. Dopo la morte del padre a inizio film finisce a lavorare con il fratello per inerzia, non per calcolo. La vita gli scorre addosso come capita, senza che lui la scelga realmente. Poi se la sa cavare durante lo stage, anche di più di Madeleine che è bloccata dal suo intransigentismo.

Nel percorso di addestramento che poi proseguono per conto proprio, ritirandosi in mezzo ai boschi come in una specie di mondo ideale, imparano entrambi quello che manca per affrontare la vita: la fiducia, la collaborazione, la responsabilità. E finalmente iniziano a vivere, a muoversi liberi, e ad amarsi.

The Fighters è il classico esempio di esordio fulminante, per usare formule convenzionali. Con un’ironia costante, sottile e acida, Cailley crea un linguaggio cinematografico che è una fusione di generi, dal romanzo di formazione alla commedia sentimentale, dal film giovanilistico, al catastrofico. In tutto questo riesce sempre a tenere alto il livello della considerazione ulteriore, della riflessione sulla società. La colonna sonora elettropop curata da Philippe Deshaies, Lionel Flairs e Benoit Raul dà una spinta in più.

(The Fighters – Addestramento di vita, di Thomas Cailley, 2014, commedia, 98’)

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LA CRITICA

Esordio importante quello di Thomas Cailley che riesce a coniugare generi e a far parlare i corpi molto più delle parole. I suoi due protagonisti, Kévin Azaïs e Adele Haenel, sono destinati a delle grandi carriere.

VOTO

7,5/10

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