“Non essere cattivo”
di Claudio Caligari

Il ritorno di un regista di culto

di / 8 settembre 2015

Diciamo la verità, senza troppi romanticismi. Di Claudio Caligari, fino alla lettera aperta che Valerio Mastandrea aveva inviato a “Martino” Scorsese nel novembre 2014, si erano scordati in tanti, e non poteva essere altrimenti. In più di trent’anni di carriera, Caligari aveva realizzato solo due film. Il primo, Amore tossico, passato a Venezia nel 1983 lasciando più di un sopracciglio alzato e di una bocca spalancata, raccontava dall’interno, e con gente presa dalla strada, la vita di Ostia come borgata, con la sua eroina, la sua microcriminalità, il suo squallore post-pasoliniano. Il secondo, L’odore della notte, arrivato dopo quindici anni nel 1998, prendeva attori professionisti (Valerio Mastandrea, Marco Giallini, ma anche un cameo di Little Tony) per parlare di un gruppo di borgatari che si specializza nelle rapine ai quartieri alti in una sorta di rivincita contro le sperequazioni della società.

Tra i due film, dopo il secondo film, il niente fino alla lettera di Mastandrea e alle sue conseguenze. Si dice che Caligari, che nel frattempo è deceduto, avesse un carattere orribile che, sommato alle tematiche scomode dei suoi lavori, gli ha reso praticamente impossibile farsi spazio nel cinema italiano. In un’intervista a Christian Raimo (sempre dell’ultimo anno, dopo la lettera, quando tutti si sono ricordati chi fosse) ha raccontato di come sia stato nove volte sul punto di iniziare le riprese di altrettanti film e di come altrettante volte qualcosa abbia fermato tutto proprio quando stava per cominciare.

Arriviamo al novembre del 2014, alla lettera di Mastandrea e a quella richiesta, strampalata, rivolta a Scorsese di finanziare il nuovo progetto di Caligari che lo stesso Mastandrea aveva iniziato a seguire in veste di produttore. La richiesta, ovviamente, non era rivolta sul serio a Scorsese, maestro cinematografico ideale di Caligari, quanto a sollevare l’attenzione dell’opinione pubblica su questo nuovo lavoro, e ha funzionato se è vero che il 7 settembre 2015 Non essere cattivo, il terzo film di Claudio Caligari, terminato in post-produzione dopo la sua scomparsa, è stato presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia, chiudendo il cerchio iniziato trentadue anni fa da Amore tossico.

Non essere cattivo unisce in sé i due caratteri dei due film precedenti di Caligari: il degrado tossico della periferia e la violenza degli emarginati come unica forma di ribellione e di rivalsa. Siamo a Ostia, nel 1995. L’eroina non c’è più, o c’è molto di meno. Gli eroinomani sono visti con disprezzo da tutti, anche da chi, come Cesare e Vittorio, passa le giornate e le notti tra cocaina e nuove droghe sintetiche. È un’amicizia vera, quella tra Cesare e Vittorio, cresciuti insieme, costretti insieme ad adattarsi ogni giorno e insieme incapaci di riscattarsi dalla gabbia comoda della criminalità e della droga. Cesare, soprattutto, cerca a suo modo di crescere la nipotina rimasta orfana e malata di AIDS, e non può permettersi (e non vuole) immaginare quella vita diversa che invece Vittorio prova a fare dopo aver conosciuto Linda, madre sola che cresce un figlio con tutta la fatica dell’onestà. I sogni ci sono, per Cesare e Vittorio, ma sono sogni paralizzati dalla droga e dalla vita.

Vedere in sala un film di Caligari, un film nuovo di Caligari, fa capire tante cose. La prima, e la più importante, è che senza dubbio nessuno in Italia fa il cinema che fa Caligari e proprio per questo ci si può unire al coro di quanti ritengano che tre film in quasi quarant’anni di carriera siano un peccato e uno spreco per il cinema stesso. Oltre al modo di fare cinema, probabilmente nessuno, dopo Pasolini e con l’eccezione di Nico D’Alessandria, ha saputo raccontare senza idealizzazioni, senza romanticismo, senza poesia e senza condanna la vita delle borgate romane come ha fatto Caligari, con tutta la crudezza della verità.

Non essere cattivo non è un film perfetto, è inutile stare a esagerare negli elogi postumi. È sbilanciato, segue senza equilibrio i due personaggi, fornendo giustificazioni continue a Cesare e dicendo pochissimo di Vittorio, lascia precipitare le situazioni, soprattutto nella parte finale, per arrivare a quella catarsi violenta che apre le porte a un’inattesa speranza, ma va bene così, con le sue imperfezioni. Caligari, aiutato in sceneggiatura da due scrittori, Giordano Meacci (Tutto quello che posso, minimum fax) e Francesca Serafini (Di calcio non si parla, Bompiani), rende il linguaggio della strada con la consueta capacità di mimesi e concedendosi una quantità di battute lapidarie cariche di gravità romana che possono tranquillamente diventare di culto. Come regista conferma i suoi due debiti più evidenti e mai nascosti verso Pasolini e Scorsese, e gioca a citare se stesso fin dall’apertura. Ci pensano i due protagonisti Luca Marinelli e Alessandro Borghi, e con loro le due donne Silvia D’Amico e Roberta Mattei, a prendere tutto e a portarlo più in alto. E ora si può dire che è un peccato che non ci saranno più quindici anni da aspettare per un nuovo film di Claudio Caligari.

(Non essere cattivo, di Claudio Caligari, 2015, drammatico, 100’)

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LA CRITICA

Tre film in quasi quarant’anni e una certezza: Claudio Caligari avrebbe meritato molto più spazio nel cinema italiano per la capacità unica di raccontare la vita che scorre lungo i bordi della società. Non essere cattivo ne è l’ultima, tardiva, conferma.

VOTO

7/10

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