“Sopravvissuto – The Martian”
di Ridley Scott

Uno dei migliori film di fantascienza degli ultimi anni

di / 2 ottobre 2015

Durante una missione su Marte, l’astronauta Mark Watney viene considerato morto dopo una forte tempesta e per questo abbandonato dal suo equipaggio. Watney però è ancora vivo, su Marte, a 4 anni di viaggio di distanza dalla prima missione in grado di recuperarlo, e ha pochissime provviste.In qualche modo deve trovare la soluzione per sopravvivere e per comunicare con la Terra . A milioni di chilometri di distanza, la NASA e un team di scienziati internazionali lavorano instancabilmente per cercare di portare “il marziano” a casa, mentre i suoi compagni cercano di tracciare un’audace, se non impossibile, missione di salvataggio.

Si può fare un film divertente parlando di un uomo rimasto solo su Marte? Si può, inaspettatamente, e si può fare anche un film di ottimismo totale e di voglia di sopravvivere (vedi i titoli di coda). E si può fare un grande film. Sopravvissuto – The Martian, ultimo film di uno dei grandi del cinema contemporaneo come Ridley Scott, che non ne azzeccava uno ormai da non si sa neanche più quanto tempo, è uno spettacolo assolutamente godibile, una forma di intrattenimento intelligente e spiazzante (per il registro scelto per il contenuto) che deve molto, come ovvio, al romanzo L’uomo di Marte da cui è tratto, autopubblicato come ebook nel 2011 da Andy Weir e diventato nel tempo un best seller mondiale.

Andy Weir non è un astrofisico o un esperto di scienza, è un appassionato, uno di quelli che adesso chiamiamo nerd anche in Italia per colpa di Big Bang Theory, che ha messo nel suo romanzo tutta la passione per la fantascienza.  La sorpresa, però, è che The Martian, sia libro che film, è una delle opere di fantasia scientificamente più rigorose che si siano viste. Tutto quello che fa Watney per sopravvivere, dal realizzare una coltivazione di patate all’usare le radiazioni per riscaldarsi, è plausibile, così come sono possibili i tentativi di recupero che vengono portati avanti dalla NASA. Questa vena scientifica, unita alla leggerezza del registro, fanno di The Martian un film sorprendente per la chiarezza espositiva e la vitalità che è in grado di comunicare. Non c’è un momento drammatico, non c’è una ricerca di facili sentimentalismi, non c’è la retorica della solitudine disperata.

Il confronto più semplice che può venire in mente è con il grande film di fantascienza della scorsa stagione, Interstellar di Christopher Nolan. È inevitabile, vista la vicinanza temporale, visto il cast in parte condiviso (Matt Damon e Jessica Chastain) e visto il tema in parte accostabile. Se il film di Nolan si perdeva e indeboliva in spiegazioni pseudo-scientifiche incapaci di far presa sullo spettatore, The Martian riesce invece a essere sempre chiaro e semplice, oltre che, da quello che è stato detto da chi è in grado di capire, assolutamente verosimile. Se Interstellar contava molto sul senso drammatico dell’isolamento del protagonista e sulla sua voglia di tornare dalla famiglia per rispettare una promessa fatta alla figlia, il film di Scott riesce invece a mettere in mostra il senso più puro della sopravvivenza, quella basata su un’intelligenza istintuale che porta l’uomo a recuperare la sua capacità di adattamento e la sua inventiva. In qualche modo, The Martian è Interstellar come avrebbe potuto essere se davvero lo avesse girato Steven Spielberg invece di Nolan.

La dimensione del dramma è marginalizzata anche per il fatto che Watney appare come un uomo solo anche nella vita terrestre. Non ha nessuno sulla Terra da rimpiangere, non c’è una famiglia ad attenderlo, una fidanzata, una moglie o dei figli. È chiaro, questo escamotage narrativo è stato usato proprio per ridurre al minimo le possibilità drammatiche della distanza e poter giustificare l’ostinato buonumore del protagonista, solo con se stesso e con i suoi video diari.

All’interno della carriera di Ridley Scott, che di fantascienza ne ha già fatta tanta e di fondamentale per la storia del cinema, Sopravvissuto – The Martian è un’assoluta novità. Cambiano tutti i presupposti di partenza della sua idea di cinema, ovviamente con l’aiuto del libro di Weir e della sceneggiatura di Drew Goddard. Volendo azzardare parallelismi, The Martian può essere accostate ad Alien. Anche lì Ripley finiva per rimanere sola nello spazio. Certo, lì era braccata da un alieno sputa-acido mentre Watney non ha minacce dirette, ma la morte è sempre in agguato. Tra i due film cambia l’idea portante, quella, cioè, della solitudine come condizione esistenziale negativa, di minaccia, di isolamento paralizzante, di angoscia. In The Martian, invece, la solitudine è lo stimolo, la spinta all’in più.

Solo su Marte, in attesa di essere riportato a casa da persone pronte a mettere a rischio la propria vita – un po’ come il soldato Ryan salvato da Tom Hanks e compagni – Matt Damon dà il suo pieno contributo di ironia e titanismo quotidiano a un personaggio già pronto a diventare un’icona.

(Sopravvissuto – The Martian, di Ridley Scott, 2015, fantascienza, 140’)

 

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LA CRITICA

Riuscire a fare una commedia su un uomo rimasto solo su Marte è impresa difficile anche solo da immaginare. Riuscire a farla mantenendo verosimiglianza scientifica e tensione narrativa è ancora più complicato. Sopravvissuto – The Martian ci riesce e spiazza lo spettatore. Ancora una volta, Ridley Scott riesce a fare grande fantascienza.

VOTO

8/10

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