“Cultura generale” dei Ministri

Il ritorno dell’amata rock band italiana con il suo disco più fiacco

di / 2 dicembre 2015

Di recente è apparso su un noto giornale italiano un articolo in cui si citavano cinque nomi di artisti accusati di essere il male della scena indie italiana:  tra questi appariva anche quello dei Ministri, che per il sottoscritto erano l’unico – insieme ad un altro solamente – a meritarsi la grazia visto il pregevole lavoro svolto nella loro carriera. Poi ho ascoltato l’ultimo disco della band milanese e per poco non rivedo il mio parere, poiché Cultura Generale è un bel passo indietro rispetto al bellissimo Per Un Passato Migliore di cui ho tessuto le lodi qualche anno fa sempre qui.

Parliamoci chiaro, fin da subito; Cultura Generale non è brutto: è solo un lavoro di mestiere che a molti – me compreso – suonerà come inutile ed estremamente limitato visto il talento che credo posseggano Dragogna e company. Fino della recensione? Ovviamente no, troppo facile.

In Cultura Generale i Ministri fanno i Ministri e basta, ripetendo in maniera scolastica la formula che li ho portati – giustamente – alla ribalta: ma arrivati al quinto disco la cosa inizia – altrettanto giustamente – a stancare. Le urla nei brani suonano forzate e manca quella grinta autentica, quella verve, quella cattiveria che hanno partoriti inni ormai cutl come “Bevo”, “Abituarsi alla fine” o “Comunque”. I Ministri continuano a trattare i soliti mali del Belpaese ma è come se in Cultura Generale avessero calcato la mano creando così delle caricature forzate piuttosto che spietati e critici ritratti dei mali della nostra società. Musicalmente rimangono impeccabili, ma siamo ormai più vicini ad un rock alla Foo Fighters che all’asprezza punk degli infuocati esordi. La produzione è comunque buona, visto che alla regia degli studi di Berlino dove è stato registrato il disco c’è Gordon Raphael, già al lavoro con gli Strokes.

Cosa salvo? I ritornelli più trascinanti come quello di “Vivere da Signori” e soprattutto “Idioti” (degno lampo di stampo Ministri) ma le frasi e alcune descrizioni quasi comiche di alcuni testi (degne più di Cultura Banale che Generale) e la sterilità delle ballate (che in passato erano la vera bellezza del disco) riportano subito alla quiete.

Arrivato a questo punto giunge la domanda più dolorosa: i Ministri, arrivati al traguardo del quinto disco, hanno esaurito le risorse e questo è ciò che ci aspetta ad ogni uscita discografica?

Vista la loro potenza dal vivo e il fisso stuolo di fan fedeli non credo che abbiano finito la voglia di fare musica: credo solo che siano giunti ad un bivio – dolorosissimo, in cui passano tanti gruppi – e l’unico modo per superarlo è quello di mettersi in completa discussione e rivedere tutte le carte in tavola per non ripetere la sterile copia di se stessi. Per il momento registriamo un disco di cui si poteva fare tranquillamente a meno. Peccato.

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LA CRITICA

Il quinto disco della band milanese è, senza giri di parole, il loro lavoro più deludente.

VOTO

5/10

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