“The Imitation Game” di Morten Tyldum

Otto nomination agli Oscar per la vita dell’uomo che ha vinto una guerra

di / 3 febbraio 2015

Un intenso ritratto di un brillante e complicato cripto analista, The Imitation Game racconta il genio del matematico Alan Turing, l’uomo che riuscì nell’impossibile compito di decrittare il codice Enigma e aiutò gli Alleati a vincere la seconda guerra mondiale.

Manchester, inverno del ’52, le autorità inglesi indagano su un furto avvenuto nella casa del matematico e crittografo Alan Turing (Benedict Cumberbatch, Sherlock, Il quinto potere, Star Trek – Into Darkness), geniale matematico dalla personalità misteriosa ai limiti dell’anti-sociale che porterà l’insignificante poliziotto incaricato del caso ad arrestarlo con l’accusa di atti osceni, condotta immorale e omosessualità. Interrogato, Turing rivelerà di aver condotto durante la guerra un gruppo di crittografi, linguisti e matematici nella costruzione di un macchinario, un computer ante litteram, capace di decifrare gli indecifrabili, fino a quel momento, codici di Enigma, la macchina utilizzata dai nazisti per comunicare le loro operazioni militari in forma segreta.

The Imitation Game non si svolge con una struttura lineare; il regista Morten Tyldum (alla sua prima produzione fuori dalla Norvegia dopo l’exploit del 2011 con Headhunters, tratto dal romanzo noir di Jo Nesbø) utilizza dei flashback per rivelare diversi momenti della vita di Turing; le difficoltà dell’infanzia, il suo non essere integrato a scuola per una diversità che lo rendeva incapace di capire davvero i comportamenti e le dinamiche sociali, le botte e gli abusi dei compagni, e un’amicizia speciale, capace di farlo sentire meno solo.

Il “gioco di imitazione” a cui fa riferimento il titolo non è solo quello necessario alla soluzione del codice Enigma, quindi alla creazione di una macchina capace di imitare, appunto, i meccanismo del cervello umano per superare l’intelligenza artificiale di un’altra macchina; è quello che mette in scena Turing, non senza difficoltà, per sopravvivere ogni giorno, imitando i comportamenti  considerati normali e socialmente giusti, quelli dei suoi compagni di laboratorio e degli uomini al bar, segnali minimi e accettabili per nascondere la propria diversità, sia come orientamento sessuale che di pensiero.

E sono proprio i temi della “diversità” della sua “contraffazione” ad essere centrali in The Imitation Game. Turing trova in Joan Clarke (Keira Knightley, Tutto può cambiare, Anna Karenina), la matematica che più ha contribuito nella decrittazione del codice, la compagna per una vita impossibile che si regge sulla finzione, perché anche lei rifiuta il suo ruolo di donna, non si identifica nell’identità sociale imposta e pretende una libertà all’epoca impensabile per il genere femminile. Il comandante Denniston (Charles Dance, Game of Thrones, Dracula Untold) diffida da Turing credendolo una spia in quanto «solitario, senza legami di amicizia o familiari, arrogante». Il gruppo di matematici e linguisti di Bletchley Park, composto da Turing, Clarke, Hugh Alexander (Matthew Goode, Watchmen, A Single Man) non può rivelare a nessuno il lavoro che sta svolgendo, ed è quindi costretto a operare sotto copertura. Stewart Menzies (Mark Strong, RocknRolla, La Talpa), capo del MI6, è un esperto di sotterfugi e contraffazioni al punto da mettere coscientemente una spia sovietica nel gruppo di crittografi, da arrivare a calcolare quale sia il numero esatto di attacchi nazisti da poter sventare per non far capire di aver decifrato Enigma e non perdere il vantaggio guadagnato sui tedeschi.

The Imitation Game si inserisce in filone recente di film biografici, quali The Social Network e A Beautiful Mind, che pongono al loro centro un protagonista asociale, quasi un idiota sapiente, e nella sua struttura narrativa a flashback; la sceneggiatura non originale, firmata da Graham Moore e candidata all’Oscar 2015, prende spunto dalla biografia Alan Turing: The Enigma, di Andrew Hodges.

L’Inghilterra che il norvegese Morten Tyldum dipinge, con lo sguardo critico di chi non è britannico, è quella delle tradizioni, dei segreti e del tipico cinismo inglese, che arriva a considerare sacrificabili dei civili pur di vincere una guerra, o a lasciare in pasto alla buoncostume una delle menti più brillanti del XX secolo, nonché eroe di guerra, pur di non rivelare il proprio coinvolgimento.

Tydlum dirige in maniera semplice ed efficace per lasciare spazio alla ottime interpretazioni dei suoi protagonisti; Benedict Cumberbatch si conferma ancora una volta un attore straordinario, eccellente nella sua rappresentazione del genio matematico, calcolata in ogni singolo sguardo negato, ogni espressione e gesto, ogni variazione vocale. A differenza del superlativo sforzo fisico che Eddie Redmayne compie nella sua trasposizione di Stephen Hawking ne La Teoria del Tutto, l’handicap di Turing non è fisico, visibile, e non ha niente a che vedere con la sua omosessualità; piuttosto è la sua inettitudine alla convivenza sociale a fare di lui in primo luogo un “diverso” e Cumberbatch riesce a rappresentare questo handicap, questa incapacità di decifrare e replicare, imitare, i comportamenti altrui, alla perfezione.

The Imitation Game ha ricevuto 8 candidature agli Oscar 2015, come Miglior Film, Miglior Regista (Morten Tyldum), Migliore Attore Protagonista (Benedict Cumberbatch), Migliore Attrice Non Protagonista (Keira Knightley), Migliore Sceneggiatura Non Originale (Graham Moore), Migliore Colonna Sonora (Alexandre Desplat), Miglior Scenografia (Maria Djurkovic e Tatiana Macdonald), Miglior Montaggio (William Goldenberg).

(The Imitation Game, di Morten Tyldum, 2014, biografico, 114’)

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LA CRITICA

Con otto nomination, The Imitation Game è uno dei grandi favoriti per la notte degli Oscar. Ottima prova degli attori, soprattutto Cumberbatch. La vita di un genio come Alan Turing, e la fine orribile che il governo britannico gli ha riservato, coinvolgono e convincono fino in fondo.

VOTO

7,5/10

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