Intervista ai Calibro 35

Dalla muzik “al metro” di Morricone al non-genere

di / 20 aprile 2016

Calibro 35 Intervista su Flanerí

Come Morricone, Micalizzi, Bacalov e Goblin, i Calibro 35 “producono” colonne sonore, anzi, spesso – almeno all’inizio – hanno «reinterpretato sonorizzazioni, quelle che in gergo si chiamano muzika», ci spiegano. Oggi i Calibro 35 quasi rivendicano il loro primato, che è quello di aver dimostrato che «con queste composizioni – affermano – si può avere un discreto seguito come una normale band pop e mainstream».

Ed è certamente un progetto musicale atipico e fuori dai canoni consueti da band quello che i Calibro 35 hanno intrapreso dal 2008, anno di esordio con il loro primo disco omonimo. Quasi un’alchimia costruita in laboratorio: prendi le colonne sonore dei cosiddetti b-movie, dei poliziotteschi, degli horror, degli spaghetti western degli anni Settanta,  li riarrangi, e li fai interpretare a quattro straordinari polistrumentisti che con chitarra, batteria, basso, synth, trombe, flauti, sax e tanto altro sono capaci di produrre mirabolanti esecuzioni sonore.

Abbiamo incontrato Massimo “Max” Martellotta (chitarre e lap steel) e Luca Cavina (basso), nel backstage della data romana dello “SPACE Tour 2016”. «Ecco metà dei quattro Calibro 35» esordiamo noi. «Calibro 17 e mezzo» ribatte Max non resistendo alla (facile) battuta. Completano il quartetto Enrico Gabrielli (tastiere, flauto, sax e xilofono) e Fabio Rondanini. Il “quinto” Calibro Tommaso Colliva  è invece – come ci dicono – «l’inventore e mente del loro progetto musicale».

I Calibro 35 sono più una band o, come spesso vi piace autodefinirvi, un progetto?

Luca: «Beh, siamo certamente più un progetto musicale che una classica band. Non siamo cresciuti insieme nella stessa città e non siamo amici d’infanzia che sono cresciuti in sala prove. Ciascuno abita in una città diversa d’Italia e ci siamo ritrovati proprio con l’idea di fare una musica con una progettualità sonora ben definita. Ovvero quella di reinterpretare dei classiconi del repertorio musicale che sottolineava i film di genere degli anni Settanta. In questo senso i Calibro 35 hanno connotati estetico-musicali molto ben delineati».

Max: «Negli anni poi, suonando sempre insieme e dal vivo come una band tradizionale , ci siamo ritrovati anche a livello umano e abbiamo iniziato a comporre anche nostri brani originali differenziandoci rispetto alle origini».

Funk, rock, jazz nella vostro sound che è quasi esclusivamente strumentale. Le tournèe dei Calibro girano l’Europa, ma anche USA e altre parti del mondo. Avete raggiunto il successo all’estero perché non avete il cantante?

L: «Certamente ci toglie lo scalino e l’imbarazzo della lingua, anche se noi musicisti  italiani dovremmo cambiare prospettiva ed essere meno provinciali. Le band di altri paesi europei, indipendentemente dalla loro provenienza, mirano in maniera naturale verso l’Europa tutta. Per gli italiani, spesso, non è così. L’accoglienza fuori Italia anche per noi è differente, certo. Dipende anche dalla promozione che viene fatta, oltre che dalla musica e dal passaparola. I Calibro 35 in città come Londra, Berlino, Parigi, Manchester sono ormai molto apprezzati».

In una recente intervista Hugo Race – cantautore australiano ex Bad Seeds  con  Nick Cave – ha dichiarato che il tipo di musicalità di band come la vostra, o dei Sacri Cuori  (con i quali Race ha collaborato) legata alle colonne sonore, alle composizioni da film può essere il giusto viatico per sdoganare e rendere più internazionale la musica italiana. Siete d’accordo?

M: «Direi di sì. Uno dei motivi per cui è nato il progetto dei Calibro 35 è stato proprio questo. La domanda che si è posto Tom (Tommaso Colliva, il produttore – nda) è stata: per quali musiche, a parte l’opera, siamo conosciuti nel mondo e siamo davvero un’eccellenza? Le colonne sonore, è stata la risposta. Quello che suoniamo è un non-genere, caratterizzato da una mescolanza tra vari tipi di sonorità. Siamo musicalmente trasversali. L’anno scorso abbiamo suonato al Reverence Festival Valada a Cartaxo in Portogallo, una rassegna di musica indipendente dove sono rappresentati tutti i generi musicali ciascuno con il suo pubblico. La nostra esibizione è riuscita a mettere tutti d’accordo e abbiamo fatto il pienone».

I Calibro 35 avranno mai un cantante?

L: «L’idea di un’incursione vocale non l’abbiamo mai esclusa, ma i Calibro non diventeranno un gruppo con il cantante. Siamo da sempre un ensemble modificabile, ampliabile o restringibile. Nel 2013 abbiamo fatto tutto uno spettacolo dal titolo Indagine sul cinema del brivido in cui con noi sul palco c’erano fiati, archi, voci, vibrafono, theremin. Non ci poniamo dei limiti».

Insieme ai Sacri Cuori, avete fatto un po’ da apripista a questo non-genere musicale basato sulle colonne sonore. Cosa pensate di tutto questo fiorire di formazioni come La Batteria a Roma, per esempio, che riprendono questo vostro filone?

L: «Prima di noi ci sono state formazioni come Studio Davoli e Montefiori Cocktail ma non si sono mai poste come progetto musicale a lunga scadenza. Il nostro primato, ovviamente tra virgolette, è stato quello di pensare alla nostra musica in maniera programmatica e progettuale».

M: «Sacri Cuori e La Batteria sono due formazioni molto importanti. In quest’ultima c’è David Nerattini che è un espertone da sempre di colonne sonore, che le studia da oltre trent’anni. I Sacri Cuori di Antonio Gramentieri gravitano intorno al quell’immaginario da sempre, anche se si ispirano a un immaginario musicale e cinematografico più americano rispetto al nostro. Io credo che noi  come Calibro abbiamo solo dato il via a progetti come questi due, che magari avevano dubbi sul nascere e sulle potenziali anche professionali e di seguito del progetto.  Queste due realtà citate sono le due band assolutamente più fighe che ci sono adesso. L’ultimo disco dei Sacri Cuori è clamoroso. E anche quello de La Batteria è molto figo, bellissimo».

Avete mai incrociato o avuto dei riscontri da vostri “padrini” e maestri musicali come Morricone o Micalizzi?

L: «Con Franco Micalizzi abbiamo diviso il palco nel 2009 a Milano per una data. Fu abbastanza divertente. Da Morricone nulla, ma va bene così. Uno che ha fatto tutto quello che ha fatto lui ci stupirebbe se ci filasse. Quando lo chiamano per gli arrangiamenti di Morrisey fa il vago, figurati se  ascolta o conosce i Calibro 35!» (ridono).

Giorgio Canali, l’ex CCCP e CSI da anni solista, ha dichiarato recentemente  in un’intervista che «Morricone fa musica tanto al metro e del suo Oscar non me ne frega nulla». Siete d’accordo?

M: «Beh, ma quello è proprio il suo lavoro! Quella di Canali è una provocazione, ma in realtà è proprio vero. Morricone non ha mai detto di fare l’artista. Canali probabilmente fa l’artista e Morricone fa la musica tanto al metro. Fa quella che si chiama muzika, muzak, fa la musica da sottofondo, da commento sonoro: è il suo lavoro, è verissimo».

Nel senso che è tutto studiato e progettato e che, in questo tipo di muzika, non è necessario il quid artistico di chi compone?

M: «Non so se Morricone quando scrive per un film ha ha ispirazione artistica, però la colonna sonora, per definizione, è lo strumento di un regista e quindi chi la scrive è  al servizio di un film. Poi Morricone è uno che ha composto anche un sacco di roba per se stesso, era nella scena di musica contemporanea con il Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza dove c’erano cose molto interessanti e molte sonorizzazioni. Lì c’è uno spessore artistico molto diverso».

L: «Secondo me comporre musica al metro non significa che manca di arte. C’è tanta ottima musica al metro dentro le composizioni di Morricone. A volte ci sono musiche di questo tipo che sono decisamente migliori di tanti pseudoartisti, ecco. L’accezione di musica al metro non è necessariamente negativa, anche se capisco che può essere intesa così».

Prossimi progetti: i più imminenti?

L: «Potremmo fare un disco cantato o uno hip hop, o un orchestrale, oppure un disco d’improvvisazione o ancora in un ensemble totalmente allargato! (ridono) Con  Calibro abbiamo la fortuna di essere cinque teste differenti per un progetto e questo questo è sempre molto stimolante. Quello dei Calibro può apparire come un progetto a termine, avendo come base il cinema, Ma non è così, vedrete, ne abbiamo a iosa di idee, e al fianco del tema cinema si possono affiancare tantissime come, ad esempio, letteratura o fumetti».

M: «Potremmo perfino andare a Sanremo! Però senza cantante!»

 

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