“Piccoli combattenti”
di Raquel Robles

L’infanzia all’ombra della dittatura

di / 10 maggio 2016

Copertina di Piccoli combattenti di Raquel Robles Flanerí

Bisogna imparare a combattere da subito, diventare dei piccoli combattenti quando si è ancora bambini. Succede quando i militari fanno irruzione in casa tua, di notte, e portano via i tuoi genitori. È successo a Raquel Robles, insegnante, attivista politica e scrittrice argentina che per la prima volta viene pubblicata in Italia, da Guanda, con quello che è il suo lavoro più autobiografico.

I Piccoli combattenti del titolo sono Raquel stessa e suo fratello Mariano, «l’unico compagno nella guerra popolare di lunga durata della mia infanzia». Quando erano solo dei bambini, Raquel e Mariano sono diventati degli orfani politici. I loro genitori, dei militanti montoneros, vennero arrestati senza un motivo preciso all’inizio degli anni Settanta e si andarono ad aggiungere all’immensa schiera dei desaparecidos argentini. Non sono mai tornati.I due bambini sono cresciuti con gli zii e le due nonne e con l’attesa continua di un ritorno che non c’è mai stato.

I ricordi di quell’infanzia di assenza sono finiti in un romanzo che prende dall’autobiografia senza però essere un vero e proprio libro di memorie. Di vero, Raquel Robles ha tenuto l’adesione emotiva al ricordo, non i fatti. Quello che le importava, del resto, era raccontare la storia intima delle sensazioni, non quella oggettiva dei documenti. C’è un modello riconosciuto e dichiarato: Primo Levi, che è stato sì un testimone fondamentale di Auschwitz e dell’orrore, ma che è stato anche un grande scrittore, capace di veicolare l’emozione attraverso la scrittura. C’è un passaggio di Se questo è un uomo che più degli altri ha colpito Robles – lo ha detto presentando il libro al festival Encuentro di Perugia. È il momento in cui Primo Levi descrive una macchina scavatrice in funziona nel campo. Tutto il lavoro del macchinario viene reso con una terminologia che attinge alla sensazione privata più forte in Levi e in ognuno dei prigionieri presenti: la fame. La macchina mangia la terra, divora le pietre. È questo trasferimento del dato sensibile individuale al fatto oggettivo la vera essenza della narrazione biografica per Raquel Robles, ed è questo quello che è riuscita a fare nel suo libro.

Il tema della storia argentina scorre all’interno del ricordo personale, della vicenda di due bambini costretti a crescere senza sapere nulla dei genitori, perennemente in bilico tra il ricordo e la paura.

«Sapevo che eravamo in guerra, che doveva esserci stato un qualcosa di simile a una battaglia e che loro erano in qualche gelida prigione a lottare per le proprie vite. Sapevo di dover resistere». La piccola Raquel trasferisce su di sé e sul fratello, che diventa il suo primo allievo e assistente, il dovere della resistenza, di portare avanti la battagli dei genitori. Cerca compagni per la sua missione, per combattere contro il Nemico, un’entità astratta ed enorme, e per scongiurare Il Peggio, quella fine orribile e possibile che potrebbe essere toccata ai genitori e che non viene mai evocata direttamente.

Per resistere c’è bisogno di modelli da seguire, come Irena Sendler, l’assistente sociale che nel ghetto di Varsavia aiutò duemilacinquecento bambini ebrei a fuggire, prima di essere scoperta dalla Gestapo e punita in maniera orribile. Diventa un riferimento costante, Irena Sendler, così come la sua fine diventa un incubo da temere più di ogni altra cosa, per sé e per i genitori.

Piccoli combattenti non cerca la facile solidarietà emotiva del lettore, non vuole commuovere a tutti i costi, o indignare per le ingiustizie arbitrarie. Trova nella semplicità la sua forza più grande, nell’esposizione asciutta che sa pescare dal linguaggio dell’infanzia la purezza emotiva del ricordo. È un ottimo modo di fare grande letteratura.

 

(Raquel Robles, Piccoli combattenti, trad. di Iaia Caputo, Guanda, 2016, pp. 155, euro 15)

 

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LA CRITICA

La resistenza alla dittatura è un esercizio privato. In Piccoli combattenti di Raquel Robles la Storia scorre nel ricordo personale di un’infanzia all’ombra della dittatura argentina.

VOTO

8/10

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effe

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

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