“Sono il guardiano del faro”
di Éric Faye

Nove racconti fantastici sulle orme di Kafka e Buzzati

di / 5 ottobre 2016

Copertina di Sono il guardiano del faro di Eric Faye su Flanerí

Una società costretta a vivere su due treni perennemente in corsa, un viaggiatore che cerca di scalare una muraglia senza fine per scoprire cosa c’è dall’altra parte, l’inutile guardiano di un faro altrettanto inutile sperduto nell’immensità dell’oceano: sono solo alcune delle situazioni surreali in cui un Éric Faye, al limite del sadismo, ha catapultato i protagonisti della sua raccolta di racconti Sono il guardiano del faro, pubblicata in Francia da José Corti – storico editore di Julien Gracq – nel lontano 1997 e finalmente tradotta e pubblicata in Italia grazie alla sensibilità letteraria della neonata Racconti edizioni.

Dopo aver letto questi nove testi più o meno lunghi e averne apprezzato la lingua raffinata e spesso poetica, è stato difficile non pensare subito a Dino Buzzati, maestro del racconto fantastico, molto più amato (e imitato) in Francia che in Italia. È lo stesso Éric Faye, d’altronde, a dichiarare apertamente di essersi ispirato allo scrittore e giornalista bellunese in Sono il guardiano del faro, il racconto lungo che dà il titolo alla raccolta: come non notare la somiglianza tra il guardiano del faro e il sottotenente Giovanni Drogo di Il deserto dei Tartari? «L’importante è vivere nell’illusione che un giorno vedremo i Tartari all’orizzonte – ha dichiarato Faye in un’intervista rilasciata alla sua casa editrice – Secondo me è quest’illusione che permette di vivere e di vivere bene». Come i personaggi di Buzzati, anche quelli di Faye sono costretti a fronteggiare degli ostacoli che travalicano i limiti dell’assurdo: guidati, nonostante tutto, da un’inesauribile tensione verso l’ignoto, essi sembrano piuttosto delle cavie abbandonate a loro stesse in un laboratorio esistenzialista, incapaci di liberarsi dal meccanismo kafkiano che li imprigiona. Metafora di ciò che succede anche nelle nostre vite, ciascuno di loro vive nell’eterna speranza che la situazione cambi, che il senso dell’esistenza gli venga finalmente rivelato.

Molto simili, dunque, Faye e Buzzati, ma anche molto diversi. Prendiamo per esempio il racconto dell’autore francese che si intitola “Frontiere”. Il protagonista della storia, affascinato dalla maestosità di una gigantesca barriera di pietra e argilla – che, un po’ come accade per il “dome” di Stephen King, nessuno sa da dove arrivi, né da chi fosse stata costruita –, decide di intraprendere una scalata impossibile per arrivare fin sulla sommità della struttura. Bene, Buzzati ci conduce nell’identico tipo di atmosfera con il suo testo “La Torre Eiffel”: in questo caso, però, i protagonisti – cioè gli operai che vengono impiegati nella costruzione della torre – sono all’oscuro di tutto: pagina dopo pagina, scopriranno che l’opera non avrà mai fine.

Se nei racconti dello scrittore italiano, insomma, l’elemento fantastico si rivela poco a poco nel corso della narrazione, in quelli di Faye esso è un dato di fatto imposto dall’autore, un punto di partenza, una conditio sine qua non. Mentre nei racconti di Buzzati il meraviglioso condiziona progressivamente la vita quotidiana dei protagonisti e il lettore viene preso per mano dalla storia e condotto lentamente nei meandri del sogno (o dell’incubo), in quelli di Faye il danno è fatto fin dall’inizio.

Ai personaggi non resta che adeguarsi. E così, i passeggeri nati su quei treni in perenne movimento aspettano mestamente che arrivi la prossima stazione, il “viaggiatore” sogna di arrivare in cima alla barriera per vedere cosa c’è al di là senza mai riuscirci e il guardiano del faro si abbandona a un flusso di coscienza nell’attesa che qualcuno o qualcosa si manifesti all’orizzonte. Anche la vista di una semplice striscia di terra. Tutto, anche solo quello, servirebbe a dare un senso all’assurdità dell’esistenza.

 

(Éric Faye, Sono il guardiano del faro, trad. di Valentina D’Onofrio, Racconti edizioni, 2016, pp. 148, euro 14)
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LA CRITICA

Éric Faye si cimenta nella difficile arte del racconto fantastico sfidando le intuizioni del maestro Dino Buzzati e le inconfondibili atmosfere esistenziali di Franz Kafka. Inquietanti, ma non per questo prive di speranza, le nove storie di questa raccolta affascinano, divertono, ma soprattutto fanno riflettere. Per gli appassionati del genere che non vogliono rinunciare a una scrittura elegante e sofisticata.

VOTO

7,5/10

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