“Le cose che non facciamo”
di Andrés Neuman

Lo scrittore argentino alla prova del racconto

di / 16 novembre 2016

Copertina di Le cose che non facciamo su Flanerí

«Raccontare un racconto è saper tenere un segreto». Andrés Neuman, scrittore argentino cresciuto e maturato in Spagna, deve avere appeso questa frase nello studio dove scrive o, quantomeno, deve averla ripetuta come un mantra durante la stesura delle perle brevi che compongono la raccolta Le cose che non facciamo (Sur, 2016). Autore poliedrico, Neuman si cimenta in ogni sfida letteraria che gli capita a tiro: dal romanzo alla raccolta di poesie, dal racconto breve alla traduzione. Dopo quattro lavori sulla lunga distanza portati in Italia da Ponte alle Grazie, Sur ha tradotto i suoi racconti, brani che mostrano l’abilità dell’autore nel gestire il genere letterario più caro agli scrittori della sua natale Argentina.

Le cose che non facciamo contiene venticinque racconti, ognuno dei quali non include alcuna sbavatura o digressione che ne aumenti la consistenza. Ogni brano è diretto, tondo, di una stringatezza al limite del poetico. In ciascuna sezione è possibile percepire la passione dell’autore per le situazioni ordinarie che, per qualche strana ragione, si tramutano in incubi dialettici o in momenti epifanici. Nella prosa di Neuman non c’è spazio per il fantastico che faceva breccia nei lavori di Cortázar, perché l’autore resta sempre bene ancorato alla realtà, preferendone i lati poco esplorati, gli stravolgimenti e gli accadimenti inaspettati. Colpiscono soprattutto i componimenti più brevi, lunghi una o due pagine soltanto, in quanto capaci di essere fuliminanti ed emozionanti nell’arco di poche righe, come accade in “La felicità”, “La coppia perfetta” e nel racconto che dà il titolo alla raccolta.

Del lavoro di Neuman sorprende anche la varietà: in centocinquanta pagine l’autore riesce a toccare numerosi generi letterari, raccontandoli con una ricchezza di forme narrative a dir poco sorprendente. La lettura del libro è una sorpresa continua, anche all’interno della medesima sezione tematica. Ai brani ascrivibili alla corrente realista, si affiancano incursioni nel mondo del thriller e situazioni che paiono estratte da un romanzo a sfondo storico. Non mancano poi i “racconti sul raccontare” – appartenenti alla sezione Fine e principio del lessico – in cui ritornano più volte echi borgesiani e tentativi di esplorare l’atto dello scrivere e il suo esaurimento, come di recente hanno fatto anche altri scrittori brevi, dal cileno Alejandro Zambra all’americano George Saunders. Inoltre, alla varietà tematica si aggiunge quella tecnica, grazie a un utilizzo della sperimentazione ricco e variegato ma che non affatica mai la lettura. Neuman utilizza ogni possibilità che la grammatica gli consente al fine di inquadrare la storia dalla giusta prospettiva e di raccontarla con il giusto ritmo; persone verbali, punteggiatura e struttura narrativa sono gli ingredienti che l’autore adopera per realizzare una ricetta sopraffina.

Se è vero che ciascun narratore di racconti è un artigiano, ancor più di un romanziere, Andrés Neuman è un vero e proprio minusiere, attento com’è a dosare le emozioni e le parole attreverso cui le evoca. Lo scrittore argentino è in grado di gestire il ritmo di ogni singolo racconto nello stesso modo con cui amministra la componente emotiva interna ai brani. In alcuni racconti sembra avere la capacità di fermare il tempo (una lezione borgesiana bene assimilata), come nei pezzi inclusi nella sezione L’ultimo minuto, mentre in altri dona alle pagine un ritmo indiavolato, rendendo ogni racconto una cavalcata che lascia senza fiato – come nel caso di “Dare alla luce” (dieci pagine di flusso di coscienza senza un punto fermo) e di “Fuori non cantavano gli uccelli”, forse il brano più esilarante dell’intera raccolta.

I dodecaloghi che chiudono Le cose che non facciamo sono imperdibili tanto quanto i racconti che li precedono. Neuman non ha potuto fare a meno di dire la sua sulla didattica della narrazione breve, un tema tanto caro alla tradizione argentina – basti pensare al decalogo di Horacio Quiroga, reso celebre dalle lezioni di scrittura di Cortázar. Il lettore attento e appassionato di questi temi saprà cogliere, fra una voce e l’altra, riferimenti e storpiature di citazioni famose sull’arte del raccontare che Neuman ha disseminato qua e là nelle sue liste. Che siano un divertissement letterario pieno di citazioni o il succo del sapere di Andrès Neuman sul racconto poco importa, perché la qualità dei venticinque brani presenti nella raccolta parla da sola, consacrando l’autore come una delle voci più interessanti della letteratura contemporanea. Ma questo lo aveva già capito e predetto nientemeno che Roberto Bolaño alla fine degli anni Novanta.

 

(Andrés Neuman, Le cose che non facciamo, trad. di Silvia Sichel, SUR, 2016, pp. 152, euro 15)
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LA CRITICA

Grazie a una tecnica sopraffina e un’attenzione per la componente emotiva fuori del comune, la raccolta di racconti di Andrés Neuman è un piccolo gioiello, davvero imperdibile per chi ama la forma breve e per tutti coloro che sono affascinati dalle riflessioni sull’arte della scrittura. La tradizione argentina ha trovato un degno erede.

VOTO

9/10

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