“Istantanee”
di Claudio Magris

Letture piacevoli di un catalogo in costruzione

di / 1 febbraio 2017

Sul finire di febbraio 2016 approdava in libreria Pape Satàn Aleppe. Cronache di una società liquida di Umberto Eco. Lo scrittore era morto da pochi giorni e l’esordio della neonata casa editrice assunse le tinte dell’omaggio a uno dei fondatori; ma forse esagerarono: l’immagine di Elisabetta Sgarbi che al funerale del semiologo tiene stretto sul petto il nuovo volume dalla copertina rossa e fucsia rimase impressa a quanti seguirono le esequie laiche in diretta televisiva. Si potrà dire che questo è il marketing: risponderemo che no, non lo è.

Pape Satàn Aleppe raccoglie numerose bustine di minerva, la nota rubrica che chiudeva i numeri di “L’Espresso”: non dunque un volume originale, pensato apposta per il catalogo della casa editrice, ma un collage organizzato di articoli, un’antologia, ovvero una sorta di album di famiglia, per chi avesse molto amato Eco e volesse di tanto in tanto andarlo a rivedere. Del resto, non è facile allestire un catalogo partendo da zero e operazioni editoriali di tal fatta – collezioni, sillogi, ecc. – sembrano funzionali alla Nave per segnare la propria presenza nel mercato editoriale, e più segnatamente in libreria e nelle fiere. Insomma: stampare molti titoli, essere sugli scaffali, ai saloni con stand ampi e pingui, non con piccoli spazi in cui esporre una dozzina di volumi. I nomi, dopotutto, non mancano, basta scorrere l’elenco dei fondatori e dei primi aderenti alla casa editrice.

Sulla medesima rotta – che ci auguriamo Teseo abbandoni appena l’urgenza di costruire il catalogo sarà superata (in meno di un anno sono usciti oltre sessanta titoli) – si colloca Istantanee di Claudio Magris, una lettura piacevolissima, composta da una cinquantina di suggestioni che l’autore triestino ha pubblicato su quotidiano dal 1999 al 2016.

Scrittore per cui il viaggio ha avuto un ruolo prominente, nelle pagine di Istantanee Magris racconta momenti minuti e intensi, in cui il movimento proviene non tanto dalle membra, quanto dal pensiero, che trattiene ciò che l’occhio vede, arricchendolo, semantizzandolo, facendolo canovaccio di lucidi ragionamenti sulla vita sociale contemporanea. L’autore, come un esperto flâneur, si nutre delle sensazioni offerte dal paesaggio urbano o limitrofo di Trieste e della vita che vi si svolge dentro. E così si sorride quando un bimbetto italiano fa amicizia con una sua coetanea straniera di colore, e dice alla mamma che non deve essere rimproverato solo lui per la marachella appena commessa, ma anche l’atra, quella «che parla che non si capisce niente»: il pensiero che il colore della pelle possa essere un elemento di differenziazione nemmeno lo ha sfiorato.

Ci si trova davanti alla propria pudica vigliaccheria, quando non noi, ma un signore anziano prende le difese di una adolescente che in spiaggia subisce le avance troppo generose di un «gruppo di giovanotti, interscambiabili in una loro scurrilità vagamente minacciosa».

Leggere le brevi cronache di Istantanee rappresenta, in un certo senso, anche un corso di mantenimento dell’attenzione per apprendisti scrittori. Se accettiamo l’assunto – e così parrebbe essere, se gli scrittori sono sinceri quando rilasciano interviste – che l’osservazione del mondo è ancora alla base della dieta del narratore, quello che Magris ci insegna è come guardare, con quale sensibilità, affondando a piene mani nel nostro bagaglio culturale. Si tratta sì di notare il dettaglio, ma di farlo inserendolo in un contesto ampio, coinvolgendo tutti gli attori sulla scena: gli uomini – senz’altro – ma anche lo scenario naturale e gli animali, tentando persino di percepire le sensazioni di questi ultimi. È il caso degli uccelli della prima istantanea, un racconto ornitologico che prende spunto dalla statua di «un’Italia seminuda con un’aquila bicipite sulle spalle – simbolo dell’Austria asburgica abbattuta nella prima guerra mondiale e trasformata in una specie di selvaggina prelibata» – e narra il macabro rito sessuale inscenato ai piedi della statua fra alcuni piccioni e una colomba morta. Combinare il riferimento alto all’impulso carnale dell’accoppiamento, persino necrofilo: se non sembra il paradigma di una lezione di scrittura, ditemi voi.

Più universalmente, Magris ingenera nel lettore il rimpianto di tutte quelle occasioni di godimento del vero che ci siamo persi tenendo gli occhi troppo a lungo sullo smartphone: è l’elogio dello sguardo.

 

(Claudio Magris, Istantanee, La nave di Teseo, 2016, pp. 184, euro 18)
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LA CRITICA

Nella corsa al visto si stampi intrapresa dalla casa editrice ci si imbatte in un flâneur dalla penna deliziosa.

VOTO

7,5/10

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