Il dolore di un presidente

“Lincoln nel Bardo”, il romanzo di George Saunders vincitore del Man Booker Prize

di / 23 ottobre 2017

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Essere uno scrittore è un compito ingrato: bisogna avere anche il coraggio di guardare la realtà e restituirla senza filtri, senza speranza e senza grazia, a chi legge. Nel 1984 Gore Vidal, da sublime scrittore, decise di farci entrare nel mondo di Abraham Lincoln: nessuno sguardo indagatore, piuttosto uno sbirciare sulla soglia, con la paura di danneggiare l’umanità di uno dei presidenti più complessi della storia degli Stati Uniti.

Il Lincoln di Vidal era un uomo sfuggente, raccontato attraverso gli occhi di altre persone, ombre politiche, testimoni di una guerra atroce, in cui la morte cominciò ad assumere un’identità talmente concreta da trovare accoglienza in ogni casa e in ogni famiglia. E lui, l’uomo salvifico cresciuto tra le praterie del Kentucky e dell’Indiana, era un uomo in cui albergavano paure e ossessioni, in cui i fantasmi del passato erano talmente presenti da insinuarsi nella mente e nel corpo. E proprio quella morte che aveva avvelenato il Paese bussò alla sua porta, prima strappandogli il figlio, poi tormentandogli i sogni, che gli mostrarono la sua fine. Nessuno scrittore, fino a oggi, era riuscito a spingersi oltre quella soglia tracciata da Gore Vidal. A oltrepassare il confine ci ha pensato George Saunders, con il suo nuovo libro Lincoln nel Bardo (Feltrinelli, 2017).

È il 1862 e la guerra civile dilaga: il Paese è l’ombra di se stesso e Willie, il figlio undicenne di Lincoln muore. Leggenda vuole che il dolore di suo padre fosse talmente forte da spingerlo a recarsi sulla tomba del figlio e aprirla per abbracciarne un’ultima volta il corpo. Perché in fondo ciò che la guerra e la morte ci insegnano è proprio questo: una volta che il cuore ha smesso di battere siamo corpi vuoti, simili a tanti altri. E l’anima? Cosa ne è dell’anima? Il piccolo Willie inizia a vagare in un limbo fatto di defunti, che lo trascinano in quella caotica terra di confine abitata solo da anime incapaci di andare oltre e di rassegnarsi alla morte.

Ma come può un bambino accettare la propria morte? Come può l’uomo più potente degli Stati Uniti convivere con il dolore? Nessuno meglio di Saunders sa restituirci quel senso di sospensione e di angoscia che accompagna ogni nostra decisione, ogni momento delle nostre vite: siamo tutti fantasmi, immersi in un limbo di dubbi, incertezze e scelte sbagliate.

Nel Paese di Trump in cui la coscienza civile è tornata al centro della scena, raccontare la storia intima del primo presidente repubblicano sembra quasi essere un dovere morale per lo scrittore texano: il lato politico è però inscindibile da quello umano. La sospensione e l’incertezza che accompagnano un presidente, suo figlio e l’America della guerra civile sono le stesse che accompagnano noi ogni giorno: viviamo tempi difficili ma, come ci ha insegnato Lincoln, nessuno vive o muore invano.

 

(George Saunders, Lincoln nel Bardo, trad. di Cristiana Mennella, Feltrinelli, 2017, pp. 347, euro 18,50)
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LA CRITICA

George Saunders ci regala un viaggio nell’anima del presidente Lincoln, dell’America, dei nostri tempi e di ognuno di noi.

VOTO

8/10

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