Gli eroi si vedono anche al buio
Gary Oldman giganteggia in “L’ora più buia”
di Francesco Vannutelli / 12 gennaio 2018
È un Gary Oldman straordinario a rendere L’ora più buia un film memorabile. Tra gli attori più versatili e talentuosi del cinema degli ultimi trent’anni, capace di alternarsi soprattutto in ruoli da comprimario e antagonista, Oldman ha trovato nei larghi panni di Winston Churchill il costume migliore per contenere tutto il suo incredibile eclettismo.
È il 1940, la Francia sta capitolando sotto l’avanzata nazista e il Regno Unito sembra sempre più l’ultimo baluardo contro l’assoluto dominio tedesco. Dopo che il primo ministro Neville Chamberlain viene costretto alle dimissioni per la cattiva gestione dei rapporti con la Germania (atteggiamento troppo morbido), il re Giorgio VI decide di affidare la guida del paese a Winston Churchill. Nei primi giorni del suo mandato, il nuovo capo del governo si troverà a dover decidere come contrastare la minaccia nazista, se al tavolo della diplomazia o sul campo di battaglia.
Il regista britannico Joe Wright è un grande narratore di storie. Nella sua carriera è andato da Jane Austen (Orgoglio e pregiudizio, 2005) a Lev Tolstoij (Anna Karenina, 2012), passando per le origini di Peter Pan (Pan) e un classico contemporaneo come Espiazione di Ian McEwan. Il suo sguardo rivolto alla letteratura ha sempre riservato un posto speciale per la storia, in particolare per quella inglese.
Con Espiazione aveva girato una scena memorabile per complessità tecnica sulla spiaggia di Dunkerque, prima che diventasse Dunkirk in tutto il mondo con il film di Christopher Nolan. Sette anni dopo ritorna a quel momento storico con un film che può essere definito, per il contesto narrativo, il gemello del capolavoro di Nolan. Tanto Dunkirk era concentrato sulla spiaggia francese e la sua evacuazione, tanto L’ora più buia si sofferma sulle stanze in cui viene decisa l’operazione Dynamo.
L’ora più buia si alimenta della grandezza incontenibile di Gary Oldman, eccessivo e intemperante come il Winston Churchill che interpreta. L’approccio teatrale al cinema di Wright, che aveva trovato in Anna Karenina la sua espressione più evidente, lascia campo libero alla recitazione di Oldman, alla magniloquenza dei discorsi, alla durezza dei confronti. La sceneggiatura di Anthony McCarten (La teoria del tutto) pesca dai documenti d’epoca, dai discorsi parlamentari, dalle frasi memorabili di Churchill. Fedele al titolo del film, la fotografia di Bruno Delbonnel (che ha lavorato con Tim Burton, Alexander Sokurov e i fratelli Coen), scolpisce il buio con i corpi degli attori che lo attraversano in cerca di luce.
Su tutti, nel film come nella storia, si staglia Winston Churchill, gigante dormiente chiamato a proteggere il regno e il mondo, antipatico a tutti, lontano da tutti, eppure l’unico che si assume la responsabilità di capire cosa sia giusto fare.
Le figure storiche sono sempre affascinanti e ambigue, a seconda di come si decida di rappresentarle. L’ora più buia non si fa problemi a mostrare Churchill come un personaggio sgradevole, tendente all’alcolismo, responsabile di una serie di fallimenti politici e militari non trascurabili nella storia britannica fino al 1940. Non è il classico salvatore della patria senza macchia e senza paura. È un aristocratico lontano dal popolo, trincerato nelle sue convinzioni e chiuso a ogni forma di confronto. Ma nel buio ogni luce è una speranza e alcune sono una salvezza.
Tenendo a bada i rischi della retorica, Wright si affida a Gary Oldman per far spiccare il volo al suo film. Come il Churchill che interpreta, Oldman si impossessa del film sin dal suo ingresso in scena. Lo divora con un’ingordigia recitativa che lascia al resto del cast poche briciole. È un’interpretazione totale.
(L’ora più buia, di Joe Wright, 2017, drammatico, 114’)
LA CRITICA
Un Gary Oldman eccezionale si immerge in Winston Churchill facendo rivivere, con lui, la storia di uno dei momenti più drammatici della storia contemporanea.
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