Declinazione con foglie

Fra trend editoriali e vere e proprie devozioni, come ci stiamo accorgendo degli alberi.

di / 19 gennaio 2018

Persino la libreria di quartiere, ormai, ha una sezione dedicata: inventari, raccolte, albi illustrati, manuali per cercatori d’alberi. Isolati, a meno di un passo dalla manualistica sul giardinaggio, pare costituiscano un’oasi; eppure il fatto stesso che una libreria abbia pensato una zona apposita è sintomo di una tendenza in crescita. Quando si parla di tendenza è sempre difficile stabilire da cosa sia scaturita, e ancora più duro è decretare quale sia l’esatto momento in cui una tendenza muta in fenomeno. Certo è, almeno in questo caso, che le librerie hanno prontamente risposto a un fenomeno che parte da alcune precise scelte editoriali, scelte “di mercato”, verrebbe da dire.

Altrettanto innegabile è poi che le pubblicazioni a tema alberi siano in crescita, almeno a partire dal 2016, anno in cui in Italia è stato dato alle stampe Norwegian Wood (UTET, traduzione di Alessandro Storti), il best seller del narratore e giornalista norvegese Lars Mytting. Mytting ha riacceso l’attenzione sul tema pur scrivendo, apparentemente, un libro che va in direzione contraria: un vero e proprio manuale sul metodo scandinavo per tagliare e accatastare la legna. Eppure, come ha sottolineato Belpoliti recensendolo “la Repubblica”, Mytting offre qualcosa di più profondo di un metodo: parla cioè di gesti esistenziali, quotidiani e rituali in cui è facile riconoscersi anche senza averli mai compiuti. Se Mytting ha segnato l’inizio di un filone, o meglio, se è stato in grado di riportare alla luce e nelle vetrine anche una serie di pubblicazioni precedenti che non avevano avuto sufficiente spazio o visibilità – e che al contrario erano considerate di nicchia, e non pop come adesso – viene  però anche spontaneo chiedersi cosa abbia spinto il lettore a procedere in questo senso, cosa abbia provocato cioè tanta e improvvisa curiosità verso il tema.

Mi viene spontaneo credere che, a guidare il lettore, sia una leggera forma di consapevole illusione e altresì una necessità di controllo. Da un lato quindi la ferma volontà di credere al mito che vede l’uomo in comunione con gli alberi, ancora convinto che sia possibile ritornare a uno stato di natura, al culto animista, all’isolamento dal contesto urbano. E poi, non in forma minore, la volontà di avere ogni cosa a portata di mano, sotto il proprio controllo, come modernità impone: e da qui gli inventari, le catalogazioni, il chiamare ogni cosa per nome così da renderla riconoscibile a un primo sguardo. Di fatto le pubblicazioni sugli alberi hanno permesso che si riaffermasse una poetica del guardare, e che si prestasse nuovamente attenzione allo spazio abitato, alle cose a cui da sempre passiamo accanto con vaga noncuranza. Inoltre l’albero è indissolubilmente legato a un’idea di memoria – quella che si deposita nelle venature dei tronchi a scandire gli anni e il passaggio di un tempo tiranno – e al concetto di radici e di legame profondo con la terra, col suolo, tutto quello che è andato perso quando abbiamo scelto la città. Questo ha a sua volta consentito che venisse forgiato un lessico ad hoc, subito sfruttato nella scelta dei titoli cosicché il lettore fosse in grado di riconoscersi in un preciso vocabolario, a mo’ di bait, e allora la parola albero compare anche sulle copertine di romanzi che nulla hanno a che fare con gli alberi, o che ne trattano ma in maniera solo marginale, forse nella speranza che il lettore decida comunque di abboccare, di lasciarsi ugualmente attrarre da una parola con cui ha oramai tanta familiarità.

Poi ci sono le pubblicazioni che di alberi parlano davvero; non bastano due mani per tenere il conto. Sarà sufficiente dare un’occhiata ai siti di vendita online per farsi un’idea: inserendo alberi come chiave di ricerca i risultati sono 2477. Tra i primi titoli spicca Sedici alberi, romanzo del già citato Lars Mytting, e poi di seguito La vita segreta degli alberi, La saggezza degli alberi, Abbracciare gli alberi, La terapia segreta degli alberi e si potrebbe andare avanti ancora a lungo.

Tra i tanti libri o manuali, tra le formule che invogliano, le promesse di guarigione per mezzo del legno di corteccia, c’è un nome che sembra spiccare e distinguersi: quello di Tiziano Fratus, autore di I giganti silenziosi. Gli alberi monumento delle città d’Italia (Bompiani, 2017),  ma anche del Manuale del perfetto cercatore d’alberi e di Il sussurro degli alberi, che mi colpiscono più degli altri, perché pubblicati rispettivamente da Kowalski e da Ediciclo nel 2013, quindi almeno tre anni prima del boom. Lo contatto poche settimane dopo e ci accordiamo per un’intervista telefonica. Sono di ritorno da una passeggiata in un’area verde di San Giovanni, è una mattina di dicembre e a Roma c’è stranamente un’aria sottile che rende piacevole solo camminare nelle porzioni assolate di marciapiede. Quando alzo la testa, sono in grado di riconoscere soltanto i pini, su quelli non ho dubbi. Al telefono Tiziano Fratus mi racconta come è cominciata, «avevo trent’anni e mi trovavo in California, nel Big Sur – negli stessi luoghi di Kerouac e di Miller – quando ho incontrato le prime sequoie millenarie». Al ritorno da questo viaggio Fratus comprenderà l’importanza di una meditazione a contatto con la natura e, rifacendosi al “minimalismo mistico”, inizia  a condurre una pratica meditativa quotidiana e conia il concetto di Homo Radix, cioè  l’uomo radice, «che vive una stretta connessione con la terra e presta attenzione soprattutto alle radici locali. Ma è anche l’uomo, o la donna, in grado di stringere un rapporto col territorio che si trova ad attraversare quando è in viaggio».

L’Homo Radix non è il solo neologismo coniato da Fratus, l’autore parla anche di dendrosofia, cioè la pratica che unisce storia, botanica e conoscenza degli alberi a una forma di meditazione immersiva, a contatto con l’ambiente naturale, e poi ancora di alberografia, cioè la mappatura e individuazione delle specie presenti in un dato territorio. Quello di Fratus non è quindi un adeguamento al trend editoriale “degli alberi” che ha invaso le librerie – e che oltretutto è stato da lui in qualche modo e involontariamente anticipato – ma è piuttosto un’autentica devozione e dedizione a una pratica che, sebbene trovi la sua forma più manifesta e pubblica nelle proposte editoriali, nelle passeggiate collettive organizzate nei parchi alla scoperta delle specie arboree, conserva ancora il suo seme in una pratica introspettiva e personale, quella che ha permesso all’autore di mettere «radice in un continente compreso tra la carta e la corteccia».

 

(L’immagine è tratta da Pia Valentinis – Mauro Evangelista, Raccontare gli alberi, Rizzoli, 2012, 44 pp., € 24.00)

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