Sfidarsi per ritrovarsi: itinerario (laico?) alla volta di Santiago di Compostela

“Cammino doppio” di Serenella Baldesi

di / 13 ottobre 2018

copertina di Cammino doppio di Serenella Baldesi

Cammino doppio (Augh!, 2017) è la prima prova letteraria di Serenella Baldesi, architetta romana che, forte dell’interesse per la scrittura creativa – frequenta infatti da due anni la Scuola di Scrittura Omero – traspone in narrativa un’esperienza in parte autobiografica, quella del Cammino per Santiago di Compostela, da lei intrapreso più volte.

Non è, come si potrebbe pensare, un romanzo di impostazione religiosa, né un pretesto per dare adito a riflessioni di sapore filosofico o trascendentale: è la storia di Alex, una cinquantenne dinamica e schietta alle prese con alcuni nodi irrisolti della propria vita.

Anche Alex è architetto, ma il suo lavoro non le piace. È impantanata in un matrimonio insoddisfacente che l’ha portata a cercare altrove un appagamento sentimentale ed emotivo, eppure, anche l’uomo con cui ha tradito il marito l’ha delusa.

La tragica morte del fratello carissimo, collega oltre che amico, è forse la motivazione più profonda che la spinge a questo viaggio: un cammino di ottocento chilometri che lei è decisa a percorrere da sola, come a interporre un diaframma tra sé e il mondo o disegnare uno spartiacque tra un “prima” e un “dopo”.

«Cammino per liberarmi, ma mi sento soffocare come una quercia dentro una noce», dirà a un certo punto la protagonista. E questo tipo di affermazioni, lapidarie, simili a espressioni proverbiali, è molto indicativo del suo carattere, di donna sbrigativa, autosufficiente, molto allenata, ed estremamente concreta. L’inizio del romanzo la vede anzi intenta a ringhiare verso qualsiasi altro essere umano che incroci la sua strada, in maniera totalmente contraria allo spirito del Cammino e all’etica dei Pellegrini che lo percorrono: mentre gli altri, anche se sconosciuti, manifestano apertura, solidarietà e interesse verso l’umanità, Alex è concentrata in se stessa, ipersensibile, ostile, una bomba a orologeria sul punto di esplodere. Osservazioni poco civili e scatti di nervosismo ingiustificati sono il suo tratto caratteristico per tutta la prima parte del libro, assieme a un senso critico sviluppato e mordace che in realtà la rende molto simpatica.

«Non capirò mai le verità dei matrimoni altrui e, forse, neanche del mio. A parte la legge universale per la quale nei matrimoni vale la regola dei cani: ogni anno da sposati ne vale sette», può capitare che dica, oppure: «Se questa è l’evoluzione della specie, sono contenta che almeno la cazzata dei figli, nella mia vita, non l’ho fatta», o ancora: «Io non ho dubbi. Vado in uno dei piccoli alberghi. Sono seguita da Claire, Aidan, Martina e, in sequenza, la remora, la vegana, il pennuto austriaco e il coglione toscano».

Quest’ultima infilata di tipi umani sarà quella con cui un po’ per caso un po’ controvoglia Alex si troverà a condividere tutte le tappe del viaggio: mancano all’appello Massimo, anziano e garbato signore col quale creerà un rapporto profondo di reciproca cura, e una coppia di omosessuali francesi, colti e di mondo. Aidan è invece l’uomo che risveglierà in Alex il desiderio di costruire qualcosa di bello e di vero.

L’autrice padroneggia la tecnica narrativa e ha una certa sensibilità per la natura e il paesaggio – ci regala infatti scorci affascinanti del territorio percorso, dal sud della Francia attraverso i Pirenei sino al nord della Spagna e la Galizia, quasi un confine ultimo oltre che il punto d’arrivo – e sembra non curarsi particolarmente di mediare, attraverso la lingua, con il flusso di coscienza della protagonista o con espressioni prettamente pertinenti al mondo del parlato. Sono frequenti incursioni nel colloquiale, citazioni da canzoni, aforismi reperibili online, massime da blog, tutto un repertorio diciamo popolare della cultura, che risulta immediatamente rassicurante per il lettore medio.

Mentre i dialoghi suonano alle volte poco realistici, perché composti di frasi troppo lunghe e a effetto che nessuna persona pronuncerebbe nella vita vera, riserva che esprimerei anche nei confronti della maniera in cui è trattato il nascente amore di Alex con Aidan, davvero molto “rosa”, è godibilissima la forte carica di analisi sociale e la disamina dei vari tipi che possiamo incontrare tutti i giorni, dal trentenne pseudo-alternativo e iperconnesso alla vegana integralista minatoria.

Decisamente apprezzabile la presa diretta con la fatica fisica e anche il raccontarsi senza filtri: l’autrice non ignora l’importanza dei dettagli di tipo pratico, e ci informa con molto realismo su cibi particolari di ogni tappa, difficoltà di tipo fisico e motorio come influenze, strappi o muscoli doloranti, accessori e ritrovati per il trekking come scarponi, cerate, zainetti tecnici, torce, sacchi a pelo e orologi intelligenti che «fanno anche il punto nave, se glielo chiedi». Alex oltre a ciò ha con sé una scorta invidiabile di medicinali per ogni evenienza, che assume con spirito pragmatico e sbrigativo ogni volta che il suo corpo richiede un aiuto: lo sforzo di camminare per chilometri con ogni condizione atmosferica è ben presente nella mente del lettore.

Cammino doppio è quindi un libro sull’effettiva sovrapposizione del cammino come atto fisico e del cammino interiore dell’individuo narrante, che si avvia alla scoperta di un nuovo sé un po’ migliore di quello che ha iniziato il viaggio. Anche l’accettazione e l’apertura verso persone e filosofie diametralmente opposte al proprio vissuto è un messaggio di questo romanzo, nonché una delle conquiste della protagonista, costretta a entrare in contatto con soggetti che, per quanto in alcuni casi poco affini, hanno comunque qualcosa da insegnarle.

I paesaggi incontaminati della Spagna, il magnetismo di alcuni semplici riti comuni come le varie messe benauguranti disseminate lungo l’intero cammino, in piccole spartane chiesette o in monumentali, spettacolari cattedrali – non dimentichiamo che sia l’autrice che la protagonista hanno l’occhio dell’architetto! – e gli scorci colorati e vari su panorami silenziosi, borghi, alberghi e piazze raggiunti dai Pellegrini impreziosiscono la fiction.

In ultima analisi, è un libro molto sincero che attinge con generosità al dato autobiografico, sin nelle somiglianze fisiche tra personaggio e autore.

Fa sorgere spontaneamente la domanda su cosa significhino le età e le generazioni nel nostro presente – una cinquantenne che assomiglia a una ragazzina per la sua impulsività – e anche su quanto sia ordinario e normale al giorno d’oggi avere delle vite “componibili”, non statiche e definite una volta per tutte, ma soggette all’errore, al ricalcolo, allo stand-by, al cambio diametrale dei suoi capisaldi, siano l’amore, la famiglia o la carriera.

È una lettura che non ha la pretesa di cambiare la vita, ma che intrattiene e fa risuonare rispondenze a vari livelli, per alcuni magari i più profondi, come la riflessione sulla morte e sulla malattia, per alcuni i più leggeri, e non per questo irrilevanti, come la ricerca di se stessi attraverso le relazioni sentimentali o attraverso le prove di diverso genere cui ogni essere umano, ciascuno secondo i propri strumenti, si sottopone nel tentativo di capire qualcosa di sé.

 

(Serenella Baldesi, Cammino doppio, Augh!, euro 15, articolo di Teodora Dominici)

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LA CRITICA

Spiccio, realistico, scanzonato è questo viaggio attraverso la Spagna e dentro la psiche di Alex, una cinquantenne in cerca di sé. Di certo non iperletterario, colpisce per la sincerità e sa intrattenere, al di là dell’inevitabile lieto fine.

VOTO

6/10

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