(Non) vivere o morire

Rosella Postorino, “Le assaggiatrici”

di / 26 novembre 2018

«Si può smettere di esistere anche da vivi». Lo spirito di Le assaggiatrici di Rosella Postorino (Feltrinelli, 2018) può essere condensato nella precisione di questa frase: incisiva, diretta, semplice e allo stesso tempo portatrice di un profondo significato, un significato legato a doppio nodo alla natura stessa dell’essere umani.

Sì, perché con l’aggettivo umano ci riferiamo alle implicazioni contenute nel concetto stesso di umanità: fragilità, debolezza cui viene sovente associato un senso di indulgenza, di solidarietà, di provvisorietà, di incertezza, tutte caratteristiche proprie dell’uomo, qualsiasi età abbia, proveniente da qualsiasi estrazione sociale. Tutti sono mossi dagli stessi sentimenti, dagli stessi dubbi, dagli stessi desideri.

Con Le assaggiatrici (Premio Campiello 2018), Postorino, partendo da un evento storico poco noto ai più, ricostruisce quello che è il dramma dell’indecisione, del non riuscire a fare la giusta scelta circa la propria condotta in un mondo ormai malato, infetto, inquinato dal potere, dalla voglia di prevalere sul più debole e dalla smania di gloria.

Fino a dove è lecito spingersi per sopravvivere?

In una società deviata e deviante, fatta di falsi ideali, di valori sovvertiti e di governanti sempre meno modelli di comportamento da imitare, chi resiste, chi ce la fa, chi supera vittorioso le difficoltà che si frappongono fra lui e la serenità, non sempre incarna la faccia buona della medaglia.

La decisione di raccontare una storia parallela a quella più nota della Seconda guerra mondiale, una storia che nasce e si sviluppa sulla pelle di dieci donne note come le assaggiatrici del Führer, è stata presa dalla Postorino in seguito alla lettura di un trafiletto su un quotidiano italiano nel quale era descritta in breve la storia di Margot Wölk, ultima assaggiatrice vivente di Hitler che dopo anni di silenzio aveva voluto rendere nota la propria esperienza, il proprio ruolo nella guerra, all’età di novantasei anni.

La Wölk, come afferma l’autrice, non era stata spinta da un’ideologia politica, aveva sempre affermato di non essere nazista. No. Si trovava semplicemente al posto sbagliato nel momento sbagliato. E così anche Rosa, la protagonista della nostra storia, raggiunge la casa dei suoceri mentre il marito è al fronte. Assieme ad altre nove donne sale su un furgoncino tutte le mattine, arriva alla Wolfsschanze (quartier generale di Hitler mimetizzato nella foresta) e costretta dalle SS, assaggia i pasti del Führer tre volte al giorno, così da verificare che non siano avvelenati.

Un atto tanto naturale quanto spontaneo come quello del nutrirsi assume un significato e un’importanza nuova nella vita di queste donne. Sono in prima persona responsabili della sopravvivenza di una delle personalità più crudeli e folli del ventunesimo secolo, e sono costrette a farlo, non possono tirarsi indietro, ne va della loro stessa vita. O possono?

Cosa è più importante per dieci donne pagate per compiere un lavoro tanto avvilente: riuscire a non morire o salvare l’anima e la coscienza? «Ma in fondo ogni vita è una costrizione, il rischio continuo di andare a sbattere».

Parallelamente al tema della sopravvivenza, la Postorino dà spazio a quello che vuol dire essere complice, sentirsi vivo in un ambiente infarcito di pulsioni primordiali, alleanze sotterranee, legami di convenienza e infine anche di amore. Perché Rosa è una donna, è sposata, ma ha un marito in guerra che non sa se riuscirà mai a riabbracciare e il fascino del potere, del pericolo, del rischio si fa strada anche nel suo animo giovane mettendola in crisi, facendole vivere nell’ambivalenza una quotidianità fatta di timore e di instabilità.

È tutto declinato al presente e forse proprio questo spinge le donne a scendere a patti con il lato oscuro della storia, con il marcio, con il vile; oggi assaggio, oggi vivo, domani chi lo sa. Perché pensare alle implicazioni che possono avere le nostre scelte quando non sappiamo neanche se per noi ci sarà un domani con cui fare i conti? «Quasi che ogni gesto di sopravvivenza esponesse al rischio della fine: vivere era pericoloso; il mondo intero, un agguato».

Una lettura che ti getta in faccia certezze, paure, fragilità e che ti mette davanti domande che faticano a ricevere risposta: cosa ci rende diversi dai nostri carnefici e come si può dare una definizione assoluta di giusto e sbagliato quando l’incognita alla quale trovare il valore corretto è la vita?

 

(Rosella Postorino, Le assaggiatrici, Feltrinelli, 2018, 285 pp., € 17.00)
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LA CRITICA

Una volta chiuso il libro viene da chiedersi se davvero siamo tanto diversi dai carnefici.

VOTO

8/10

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