Il desiderio, il lutto, la provincia

“Io sono la bestia” di Andrea Donaera

di / 13 gennaio 2020

cover di Io sono la bestia di Donaera

Uno degli esordi che più attendevo nell’anno appena terminato è quello di Andrea Donaera. Atteso per due motivi: in primo luogo perché l’autore salentino si era già distinto frequentando la scena poetica nostrana, e in seconda battuta perché proprio attraverso la poesia aveva veicolato un’urgenza che tendeva a esondare dal verso. Un’attrazione nei confronti della prosa che suggeriva la volontà di saldare le varie esperienze: l’icasticità del verso, il lento lavorio del periodoIo sono la bestia (NN Editore, 2019) mantiene la tensione fra queste due anime: i dialoghi brevi e sincopati, l’organizzazione delle scene come sul fondale di un teatro, riportano alla parola poetica, al mistero che viene squarciato da improvvisi lampi di luce; le descrizioni minuziose, per certi versi ossessive, le ripetizioni di gesti e parole, come a segnalare un ritmo interno plumbeo, sono invece i frutti del cimento del poeta sul terreno della prosa.

Si parlava di ritmo plumbeo, e in effetti ci troviamo di fronte a un romanzo di tristi umori. Nel Salento – o sarebbe meglio chiamarlo, come da copione beniano, “Sud del Sud dei santi” –, per di più colorato dalla memoria degli anni Novanta, un ragazzo si toglie la vita. È il figlio di un boss della Sacra corona unita, si dice che l’abbia fatto per amore; al padre, uomo abituato a esprimersi comandando, non rimane che vendicarsi: rapire la ragazza ritenuta responsabile del suicidio del figlio. A fare da carceriere un suo sottoposto, che rivede nella vittima la sua amata, ovvero la sorella del ragazzo suicida. Sono cinque personaggi non in cerca di autore, ma di una ragione per vivere, per tirare a campare nella complessa trama ordita dal loro demiurgo.

Donaera incrocia diverse fascinazioni: da una parte c’è la sua terra, percepita come luogo dell’anima, prima che spazio reale, una dimensione simbolica in cui ogni pietra o casa o via rimanda alla sua totalità; dall’altra c’è il mistero della giovinezza, l’adolescenza che porta con sé dolori senza parole, a cui si può rispondere solo con gesti spropositati, addirittura estremi come togliersi la vita; una giovinezza che allo stesso tempo si presenta come connubio perfetto fra etica ed estetica, ed ecco allora che la bellezza di una ragazza diventa immediatamente attributo morale.

Ma non c’è solo il campo delle astrazioni: il racconto di Donaera è costruito anche sulle ruvide concretezze del nostro mondo. Ecco che si disegna l’origami di relazioni fra i vari personaggi, sono rapporti mediati dalle posizioni sociali e dal potere, passioni sincere e ambivalenti: Mimì, il boss, soffre in maniera genuina, ma risponde con la medesima moneta, le angherie che è abituato a perpetrare, e che gli sembrano più nobili solo perché fatte in nome del figlio; Veli, il carceriere, prova compassione e amore, ma questo non basterà a redimerlo dal destino di violenza e sottomissione che si è scelto; Arianna sperimenta la perdita totale, l’assenza di emozioni dopo il buco nero del lutto, ma è la stessa ignavia di chi ha vissuto tanti anni in una famiglia criminale senza curarsene; Michele non ha voce, perché morto, così come Nicole non può avere una vera voce, perché sempre mediata dallo sguardo di qualcun altro, che la ritiene vittima o carnefice.

L’autore sovrappone alla piramide del dolore quella della ferocia, che colora la tragedia della perdita con il dramma di non sapervi rispondere in modo adeguato.

La narrazione di Andrea Donaera si coagula in una favola oscura, capace di restituire la complessità di molteplici drammi individuali a confronto con il desiderio e la perdita e allo stesso tempo di spennellare un paesaggio senza tempo, intriso delle sensazioni dell’autore, quella provincia onirica che tutti coloro che ci hanno vissuto si portano dentro, come trofeo o cruccio, anche quando il luogo natio è geograficamente lontano. Ci troviamo di fronte a un autore in grado di padroneggiare i tesori della lingua, e in possesso di una visione raffinata, per quanto cruda e tutt’altro che consolatoria. Non sappiamo dove possa arrivare, ma sappiamo che, per ora, la sua tenebra risplende sulla via.

(Io sono la bestia, Andrea Donaera, NN Editore, 2019, euro 16, pp. 240, articolo di Giovanni Bitetto)
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