Favole del tempo materiale
Su “Favolacce” dei fratelli D’Innocenzo
di Giacomo Sauro / 15 maggio 2020
Nel 2018 i gemelli Damiano e Fabio D’Innocenzo portano al Festival del cinema di Berlino, nella sezione “Panorama”, la loro opera prima, La terra dell’abbastanza, che in Italia ottiene un buon incasso e vari riconoscimenti. Due anni dopo tornano a Berlino con Favolacce, questa volta in concorso, e vincono l’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura. Breve ma notevole il curriculum da registi di questa coppia di artisti romani.
Favolacce sarebbe dovuto uscire in sala ad aprile, ma l’eccezionalità della situazione ha convinto Vision a distribuirlo on demand su più piattaforme di streaming dall’11 maggio. Una perdita per gli amanti del cinema, senz’altro, ma viste le premesse dell’esordio c’era anche una palpabile attesa per questo secondo film (che, parafrasando Caparezza, sappiamo essere “sempre il più difficile nella carriera di un artista”).
Entriamo nella narrazione con l’artificio del manoscritto, un diario di una bambina, che la voce narrante (Max Tortora) ci dice di aver trovato e continuato quando questo si interrompeva bruscamente. Protagoniste del diario sono alcune famiglie di un sobborgo residenziale alle porte di Roma: genitori e bambini, giardini, polo, barbecue e invidia e malessere chiusi nelle quattro mura. C’è un respiro da Southern Gothic che permea tutta la pellicola (e il richiamo a certe ambientazioni della provincia americana è evidente specialmente nella casa prefabbricata del più indigente tra i nuclei familiari rappresentati), ambientata in una lunga estate che ha il rumore di fondo del litorale romano, come hanno detto gli stessi registi.
È un film fatto di scene brevi e sospese, ognuna idealmente una pagina di diario, giustapposte magistralmente per passare da un momento all’altro e comunicare quello che si vuole comunicare senza approfittare della pazienza dello spettatore (98 minuti la durata totale). Si stringe spesso sui volti dei protagonisti (ottimi, con Elio Germano in testa), e tanto basta a dirci e farci provare tutto. Anche perché non si parla molto in questo film, e quando lo si fa si biascica. I dialoghi veri e propri sono rari, il resto sono ordini e opinioni imposte.
Un tema fortissimo che emerge, e su cui siamo specialmente invitati a riflettere, è quello dei ruoli di genere degli adulti, in queste famiglie in cui i padri vivono come un’umiliazione dover rasare i capelli con la macchinetta alla propria figlia femmina per i pidocchi e le madri lavorano e perlopiù tacciono. Le dinamiche messe in scena seguono, senza mai sgarrare e senza mai apparirci forzate, un copione immutato da decenni: padri che scambiano commenti osceni su altre donne; madri che preparano il ciambellone; padri che provano orgoglio a insegnare ai figli a guidare; madri che spiegano il nervosismo con il ciclo.
Poi ci sono i bambini, che subiscono la violenza esistenziale dei loro genitori e cercano la loro strada nella sessualità e nel mondo, prima di finire inevitabilmente omologati o di trovare una via d’uscita definitiva. Sembrano essere gli unici che pensano e si interrogano, i bambini, credibili come è raro vedere e perciò diretti alla perfezione. Ed è forse proprio in seguito a queste riflessioni che a un certo punto si accordano per far saltare in aria il microcosmo in cui sono capitati, quasi fossero la cellula terroristica di undicenni di Il tempo materiale di Giorgio Vasta, ma senza politica, i tempi sono cambiati.
La dote principale dei fratelli D’Innocenzo è avere una valanga di idee e l’intelligenza per farle brillare. Basta sentire una loro intervista per percepire un’acutezza fuori dal comune, oltre a una simbiosi tra loro quasi soprannaturale e una vera passione per il cinema. Alla sensibilità per il reale, già mostrata ne La terra dell’abbastanza, in Favolacce aggiungono anche la capacità di giocare con l’intreccio in maniera arguta, spiazzante, una capacità propria di Hollywood e ancora poco penetrata da queste parti.
Ci sentiamo di continuare a scommettere su questi due cineasti, perché si stanno costruendo una strada originale che sembra destinata ad arrivare molto in alto. Con Favolacce hanno portato nelle case degli spettatori un’opera di grande cinema. La prossima volta sarà davanti al grande schermo.
(Favolacce di Damiano e Fabio D’Innocenzo, drammatico, 2020, 98’)
LA CRITICA
Con Favolacce i fratelli D’Innocenzo ci conducono nella normalità violenta degli adulti, attraverso lo sguardo silenzioso e analitico dei bambini, confermandosi grandi autori.
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