L’horror generazionale di Matteo Grilli

A proposito di “Crocevia di punti morti”

di / 8 giugno 2020

Copertina di Crocevia dei punti morti di Grilli

Storicizzata la questione meme come la più importante novità linguistica del decennio – e venuti meno sia i timori degli apocalittici che intravedevano il cupio dissolvi della nostra cultura autoreferenziale, sia gli entusiasmi degli integrati che vi riponevano chissà quale fiducia per la mutazione del reale –, possiamo guardare a questa pratica come a una strana addenda dell’arte contemporanea.

Fra gli ingegni italici che si distinguono in questa più o meno nobile arte c’è sicuramente il nome di Matteo Grilli, conosciuto sui social come Pagliare hhhhpostijng, che si è fatto notare per la bravura nel textoposting, un particolare modo di fare ironia che consiste nello scrivere – nel giro di un post – storie strampalate e autoconclusive in grado di mischiare alto e basso, gore e sublime, riferimenti autobiografici e link alla cultura pop. La parola scritta, dunque, rientra dalla finestra in un mondo prevalentemente visuale, e diviene il fondamento di un narrazione esplosa.

Non sorprende allora che Grilli, come già lo Sgargabonzi, si sia voluto cimentare con l’oggetto-libro, scrivendo un romanzo che, pur sfruttando il piccolo capitale d’attenzione guadagnato con Pagliare, non paga debito per forma e contenuti al microcosmo dei meme. In Crocevia dei punti morti (Effequ, 2020) Grilli costruisce una storia che sa stare in piedi sulle proprie gambe e che deve essere soppesata con gli strumenti della letteratura. Al centro della narrazione c’è la provincia, una luogo evocato come sede di disagio metafisico ma anche di amore incondizionato per le proprie radici: il cosiddetto “Pozzo” è una cittadina del centro Italia, poche case tagliate da un fiume, costruite attorno a un pozzo ormai chiuso, nelle cui profondità si dice viva un’entità misteriosa. Il modello più evidente è quello della Derry di It, ma trasfigurato in salsa italica. Sebbene le premesse siano quelle di un horror, in realtà questo elemento arriva preponderante solo nel finale, per tre quarti il romanzo si snoda come una storia generazionale in cui convivono le voci di quattro personaggi diversi.

L’autore dimostra infatti una certa perizia nel differenziare e rendere peculiari i quattro punti di vista che portano avanti la storia. Legate alla cittadina si sviluppano le vicende di un poker di personaggi particolari: Celeste, una ragazza apatica che vive alla giornata, senza uno straccio di idea per il futuro, galleggiando nelle serate di provincia fra sesso, droghe e retrogaming; Massimo, nevrotico sceneggiatore fuggito a Roma dopo una relazione andata male, e che ora ritorna al luogo d’origine per stare vicino all’anziana madre; Leonardo, ragazzo solitario appassionato di horror e vecchie videocassette, tornato anch’esso al Pozzo da Milano, come preso da uno strano istinto di regressione; K., figura sfuggente e prolissa che conosce la storia di tutti gli abitanti del Pozzo, e che si crede in connessione con l’entità che vive sotto di esso.

Ognuna di queste voci esprime un aspetto del precariato dei nostri tempi: fra mancanza di prospettive, isolamento, incapacità di avere relazioni stabili, nostalgismo e retromania. Grilli è bravo a dosare i vari elementi costruendo psicologie coerenti e costellando la narrazione di considerazioni espresse con ironia tagliente: impossibile per il lettore non ritrovarsi in almeno una delle scene di nevrosi quotidiana evocate. A questo poi si miscela, quando le vicende dei quattro protagonisti si intersecano, la capacità di virare verso un finale rocambolesco e orrorifico senza che l’esito risulti forzato.

Il talento affabulatorio dell’autore situano Crocevia di punti morti fra la narrativa d’atmosfera americana – abbiamo già citato Stephen King, ma potremmo citare Thomas Ligotti e la trasposizione televisiva di True Detective – e una certa critica dell’essere giovani nella società contemporanea, vedi ad esempio I fratelli Michelangelo di Vanni Santoni, o anche il di recente ripubblicato Gli interessi in comune. Una fusione che affascina per la naturalezza con cui è stata messa in atto, tanto che non possiamo non segnalare Matteo Grilli come una delle penne più promettenti della nuova leva, anche al di là delle sue escursioni nella “memetica”.

Leggere per credere: Grilli ha messo da parte la sua caustica ironia e ha fatto sì che si intravedesse uno spettro emotivo più ampio, insomma ha dato modo al demone che covava dentro – il demone della letteratura? – di nascere, di vagire.

 

(Matteo Grilli, Crocevia di punti morti, Effequ, 2020, 208 pp., euro 15, articolo di Giovanni Bitetto)

 

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