C’era una volta Crudelia De Mon

Un personaggio privato della sua anima

di / 18 giugno 2021

Crudelia De Mon è senza dubbio uno dei personaggi malvagi più riusciti nella storia dell’animazione e del cinema. In La carica dei 101 era crudeltà allo stato puro. Dispotica, folle, irrazionale, perfetta. Quando Glenn Close ha dovuto interpretarla nella versione live action del film (era il 1996, le facevano già, e forse anche meglio) era riuscita a renderne alla perfezione il caos mentale.

La notizia di un film pensato per indagare sulla storia di Crudelia prima dei noti fatti di sequestri di dalmata aveva incuriosito molte persone. L’annuncio, poi, che negli elaborati panni della malvagia ci sarebbe stata Emma Stone aveva aperto la strada a moderati entusiasmi preventivi. Purtroppo, però, il Crudelia di Craig Gillespie è un malriuscito tentativo di normalizzare il male in una ricostruzione psicanalitica piuttosto elementari delle origini della ferocia.

La piccola Estella – vero nome di Crudelia – cresce avvolta d’amore materno e afflitta da una certa pulsione al caos. Dopo essere stata espulsa dall’esclusiva scuola in cui era iscritta, si trasferisce con la madre a Londra. Durante una sosta del viaggio, però, quello che sembra un drammatico incidente la priva per sempre della madre. Arrivata a Londra da sola, la bambina tormentata dai sensi di colpa conosce due bambini vagabondi, Horace e Jasper, che la invitano a unirsi alla loro banda. Estella cresce come piccola criminale prima di avviare una carriera nella moda al servizio della dispotica Baronessa Von Hellman, un personaggio a cui è legata molto più di quanto creda.

Nel delineare la genealogia del male di Crudelia, il regista Gillespie e gli sceneggiatori Dana Fox e Tony McNamara compiono il peccato mortale di umanizzare una delle rappresentazioni per antonomasia della malvagità a misura di bambino. La piccola Estella è una vittima di ingiustizie di ogni tipo che la formano un po’ alla volta fino a inaridirla. Manca però completamente quell’elemento di follia che possa spiegare come arrivi in età adulta al desiderio di farsi una pelliccia di cuccioli di dalmata.

Costruendo la storia della futura Crudelia, il film si preoccupa soprattutto di fornire un contesto per giustificarla. In un modo simile a come Todd Phillips ha costruito un Joker con cui è possibile – a tratti – solidarizzare, Gillespie sembra più interessato a far avvicinare il pubblico emotivamente a Estella/Crudelia. In questo modo, però, si perde l’essenza stessa del personaggio.

La carica dei 101 – sia nella versione animata che nel film – era un ottimo prodotto per l’infanzia. Per questo l’archetipo del male incarnato da Crudelia funzionava alla perfezione. In questo prequel, invece, la Disney si preoccupa di spiegare agli adulti il retroterra del personaggio. Un’operazione decisamente superflua e poco riuscita.

Priva della sua anima originale, Crudelia è solo una ragazza che cerca in ogni modo di ottenere la giustizia che le viene negata. Il personaggio della Baronessa è in questo senso molto più vicino allo spirito del villain del cartone animato. È infatti a lei, soprattutto, che si guarda per trovare un qualche tipo di collegamento con La carica dei 101, per ritrovare quel senso radicale di malvagità fine a se stessa.

Emma Stone ce la mette tutta per delineare un personaggio sfaccettato e complesso, ma non può molto. Così, tra estetizzazioni punk rock e anarchismi imborghesiti, il tentativo di retcon targato Disney sterilizza Crudelia e si preoccupa soprattutto di non fornire modelli negativi per non scandalizzare nessuno.

Di questa Crudelia  in carne e ossa rimarranno solamente i costumi elaborati, alcuni momenti sfarzosi ben coordinati e la ricca colonna sonora. Oltre agli inevitabili seguiti già annunciati.

(Crudelia, di Craig Gillespie, 2021, commedia, 134’)

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LA CRITICA

Crudelia è un tentativo superficiale di umanizzare una delle icone della malvagità del cinema d’animazione. Belle musiche, bei costumi, poco altro.

VOTO

4,5/10

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