È già domani dei Fast Animals And Slow Kids

Il nuovo album della band di Perugia

di / 29 settembre 2021

I FASK sono tra i baluardi dell’alt rock degli anni ’10. Alaska e Hýbrids lo testimoniano. Che succede allora quando ascolti il loro ultimo album a al primo pezzo c’è un «Se conta ogni secondo allora conto fino a te»? Succede che È già domani suona come la loro fine.

Nella poetica di Dente, che la si apprezzi o meno, un gioco di parole melenso del genere ha logica. Rientra nel suo modo di fare, di essere, di porsi (Non c’è due senza te, per dirne uno). Buttata lì, invece, è solo cattivo presagio – la title track che apre il disco, paradossalmente, è pure una bella ballata chitarra e voce con arpeggio quasi alla Drake.

È inutile dire che il problema non è il cambiare, il non essere più ciò che si era prima. Cercare di trovare altre strade. Interpretarsi in altro modo. La sensazione è che quest’altro in cui si sono buttati abbia i contorni sinistri del peggior itpop.

È già domani  è un miscuglio letale di riffoni, power chord e testi piuttosto ingenui che rasentano l’adolescenziale. Tutto prevedibile, tutto sovraesposto.

Non ci sono spunti. La sensazione di  ascoltare la colonna sonora  di un qualche teen drama è costante e piuttosto deprimente (“Stupida canzone” su tutte). Musiche per feste americane in piscina, immagini a rallentatore e cose del genere.  Si spazia tra rimandi goffi all’epicità Springsteeniana (soprattutto “In Vendita”), War On Drugs, roba annacquata alla Offspring,  rabbia addolcita alla Gazebo Penguins.

C’è il peggio dei Ministri: “Come un animale, scritta con Lodo Guenzi, è brutta copia della canzone elenco “Noi Fuori”. “Lago ad alta quota”, invece, sembra scritta e cantata da Lorenzo Fragola che prova a sfondare a Sanremo giovani.

Retorica spicciola, descrizione del reale stucchevole, immagini vecchie. Non si nasconde nulla, è tutto lì spiattellato. «Hai presente quelle coppie tristi/Che non parlano mai ai ristoranti/Che si chiudono di fronte a Netflix/Per paura di affrontarsi?».

C’è poi “Fratello Mio” che pare qualcosa di decente, fino a quando ci si rende conto che è “Derek” dei Verdena data in pasto agli Ex Otago. C’è soprattutto il trash di “Rave”: il Dee do de de alla Freddie Mercury aliena, strania, fa pensare “davvero l’hanno fatto?” e, alla fine, fa solo tenerezza.  “È già domani ora” è emblematica: una bella strofa sorretta da un bel riff di basso vengono distrutti da un ritornello da stadio completamente fuori fuoco.

Un album raffazzonato, dove non c’è nulla che sorprende, se non il fatto che i FASK abbiano preso una deriva del genere: l’auspicio è che  rinsaviscano e capiscano che la strada da percorrere non è questa.

 

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LA CRITICA

Album completamente sbagliato per i FASK: È già domani è il punto più basso della loro carriera.

VOTO

4,5/10

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effe

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

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