L’incolmabile iato
“Annette” di Marco Malvestio
di Carmine Madeo / 28 marzo 2022
«E dunque, amare il porno significa amare l’impossibile, ma l’amore per l’impossibile è per sua natura irrealizzabile. Il mio amore per Annette si nutre proprio di questo, del fatto di non avere alternative allo spiarla, come Polifemo con la ninfa Galatea; posso osservarla, sezionarla, collezionarla, senza che questo implichi mai la sua trasformazione in un oggetto reale, ma proprio per questo il mio amore per lei continua a essere così forte e puro». Tali parole possono racchiudere l’essenza di Annette, romanzo d’esordio di Marco Malvestio, uscito per Wojtek Edizioni nel 2021.
Nata nel 1984 nella città di Johann Gutenberg, Magonza, alta un metro e ottanta, sessantacinque chili di peso, seno piccolo e glutei sodi, Annette Carmen Schönlaub, in arte Annette Schwarz, è la stella della pornografia mainstream e rappresenta, fin dai primordi della sua attività, l’oggetto del desiderio dell’autore/personaggio Marco. Nel ripercorrere la sua brillante carriera, in un alternarsi di capitoli dallo stile saggistico e/o narrativo, Malvestio ci fornisce un quadro sintetico, ma rigoroso, del cinema hardcore, delle differenze tra l’interpretazione europea e quella americana e del suo evolversi negli anni fino all’attuale digitalizzazione.
Annette rappresenta il fulcro dell’intero racconto. Attrice di punta dei più noti registi del genere, tra i quali John Thompson, John Stagliano, Rocco Siffredi, Mark Spiegler e Lorelei Lee, le sue performance più estreme, messe in scena, vengono descritte con una tale dovizia di dettagli da trasportare il lettore direttamente sul set. Sulla base delle poche informazioni rinvenute sul suo conto, Malvestio ricostruisce poi gli episodi cruciali della vita della donna, immaginando, con umile arbitrarietà, le sue giornate da adolescente, il primo lavoro da infermiera in un ospedale di Monaco, la condivisione di un modesto appartamento con una collega, il rapporto con il fratello, con i genitori e con le amiche; e poi il suo diciottesimo compleanno, il gusto stravagante per la pittura, le intime fantasie e l’approccio con il porno; l’incontro decisivo con Siffredi che, notate le sue potenzialità, la metterà in contatto con l’americano Spiegler, la conseguente partenza per la California e il successo. Elementi di realtà corrono paralleli a elementi di pura finzione, si sfiorano senza mai toccarsi; esattamente come il porno: «Un mondo irreale con al centro un fatto reale: il sesso».
Ma Annette non è solo la biografia, più o meno fantasiosa, di una pornostar, né un saggio sulla pornografia in generale. Come dichiarato nell’incipit, Annette è la storia di un’ossessione, di un amore smisurato per un ideale, quello dell’autenticità. Marco non è solo l’autore del libro, ma ne costituisce il protagonista: la sua presenza è continua. È il voyeur che osserva, spia, immagina, si eccita e si masturba sui gesti, le parole e le espressioni dell’amata. Perché proprio Annette e non, per esempio, Sasha Grey o qualcun’altra? Perché per Marco lei è l’unica in grado di creare quel cortocircuito con l’artificialità. Nel suo viso, negli occhi, nel sorriso egli rintraccia lampi di puro piacere, di felicità, sente che l’attrice ha smesso di fingere, abbandonandosi a un reale godimento, sente che ha raggiunto il massimo grado di conoscenza, quello più vicino alla morte e precluso agli esseri normali, spettatori infelici condannati al supplizio eterno. Immagina che lo iato apparentemente incolmabile tra verità e falsità possa annullarsi, che le due cose possano sovrapporsi, rendendo possibile l’impossibile. Ecco, questo è l’amore, la conoscenza autentica.
Eppure, è passato molto tempo dall’ultima esibizione di Annette e il mondo è andato tremendamente avanti. Marco, quasi trentenne, un lavoro da segretario alquanto incerto, una serie di relazioni che non lo hanno mai soddisfatto per davvero, rivede nella penombra del suo ufficio, in totale solitudine, i vecchi film della diva, rivivendo le medesime pulsioni. Di fronte all’amara constatazione dell’innaturalezza dei rapporti umani, intrisi di finzione, l’amore vero è una chimera. L’avvento di Internet ha stravolto il porno, rendendolo infinito e di conseguenza velocizzando il piacere. La nostalgia di Annette, il ricordo di quella sua forza dominante che derivava, paradossalmente, da atti di sottomissione, pone il giovane di fronte a costanti elucubrazioni e a interrogativi di difficile soluzione. Annette non è più un essere umano, ma un totem, una fede, un dogma che ha un unico credente. E credere darebbe senso a tutto. L’idealizzazione è assoluta e Marco, come Humbert Humbert con Lolita, come Gatsby con Daisy, rischia di essere fagocitato da questo amore cannibale, secondo una definizione di Stephen King. Mettere tutto su carta è forse il solo modo di liberarsene e di raggiungere una catarsi. La scrittura diventa necessaria e quella di Malvestio è una confessione lucida ed essenziale, dove anche le scene immaginarie di Annette “dietro le quinte” risentono di una tensione sessuale costante che le rende vive.
E quando finalmente Marco ha l’occasione, mai sperata in realtà, di incontrare a Monaco l’ex pornostar, basta una semplice domanda a disilluderlo:
«“Ti piace Cy Twombly?”, le chiedo appoggiando la tazza sul tavolino.
“Non lo conosco”, mi risponde. “Cy…? Fa porno?”.
“No, è…”, dico. “Scusa. Ho sbagliato a chiedere”».
Il romantico desiderio di conoscere l’inconoscibile e la ricerca forsennata dell’autenticità quale ragione di vita lasciano spazio a una cocente frustrazione.
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