La collana Sirin Classica di Voland

di / 16 gennaio 2013

Un po’ di Lev Tolstoj, un assaggino di Ivan Turgenev, Cĕchov, Gor’kij, il tutto innaffiato da una Marina Cvetaeva, da un Dostoevskij, un Bulgakov e un Puškin d’annata.

Voland, dall’attenzione costantemente rivolta al romanzo che viene da est, per il suo quindicesimo compleanno nel 2010 si è regalata e ci ha regalato una nuova collana, Sirin Classica.

La casa editrice romana di Daniela Di Sora da sempre si contraddistingue ed eccelle nella specialità della traduzione e nello scandaglio oltre il confine del mondo slavo. La nuova collana ha però l’ambizione di imbandire un buffet prelibato di assaggi di classici, invitando a cibarsene importanti autori italiani. Non si tratta infatti di testi inediti ritrovati o dimenticati, ma di racconti o romanzi brevi arcinoti, magari vittime di un oblio momentaneo, presentati in abiti nuovi ed eleganti, da gran gala, ossia nella versione data loro da scrittori come Paolo Nori, Serena Vitale, Alessandro Niero, Pia Pera, Daniele Morante, Andrea Tarabbia, etc.

Sono dunque chiamati a dialogare due mondi letterari. Il risultato è la continua scoperta di legami inattesi, pur ognuno mantenendo le proprie idiosincrasie. L’operazione non è nuova ma ne vale la pena. Già Einaudi inaugurò nel 1983 una collana destinata a protrarsi con grande successo fino al 2000. Si chiamava significativamente Scrittori tradotti da scrittori. Vi collaborarono autori del calibro di Giorgio Manganelli, Natalia Ginzburg, Gianni Celati, etc.

Per la casa editrice romana che ha fatto del personaggio folle e stravagante de Il Maestro e Margherita un simbolo nonché il proprio marchio, disegnato da Silvano Fascina, di evidente ispirazione chagalliana (un diavoletto infila volando l’occhiello della elle di un calligrafico Voland e saluta i lettori togliendosi il cappello), la prima uscita nel maggio 2010 porta la firma di Paolo Nori che traduce Chadži Murat di Lev N. Tolstoj, la storia tragica e sublime del capo caucasico Murat, di cui vi abbiamo parlato qui.

Immediata è la sensazione di avere un piccolo capolavoro fra le mani. Non può non mettere di buon umore e far prevalere l’ottimismo ogni volta che in libreria scopriamo opere irreperibili o trascurate di un autore prediletto. D’altronde, un classico ha la caratteristica di rappresentare a ogni rilettura una scoperta, è di default fonte di nuove suggestioni a seconda del periodo che stiamo attraversando, del grado di maturazione raggiunto e di una serie di altre variabili. 

A livello di progetto grafico, l’art director Alberto Lecaldano ha strutturato la collana adottando lo stesso formato della mitica Bur del dopoguerra, 10,5×15,5 cm. In copertina nome dell’autore e titolo hanno lo stesso corpo e lo stesso carattere (il Voland, disegnato da Luciano Perondi basato su un Baskerville, si distingue per un capriccioso taglietto orizzontale della “v”) del nome del traduttore, accordando così a quest’ultimo sin da principio pari dignità e autorevolezza. Sempre per la copertina è ancora alla vecchia Bur che Lecaldano si è ispirato con un cartoncino leggermente groffato. I colori utilizzati sono quelli della Voland grande formato con la tipica fascia che partendo dalla prima di copertina arriva in quarta lasciano una striscia bianca sul taglio dove è collocato il marchio.

All’interno il testo è a bandiera, viene evitato il salto pagina e nonostante le esigue dimensioni troviamo le classiche testatine che oltre al numero della pagina riportano autore e titolo.

Insomma, si tratta di veri e propri capolavori da tasca. Finora la collana ha avuto nove uscite. A Chadži Murat ha fatto seguito i Tre racconti di Čechov, tradotti da Pia Pera, un affresco allegorico della realtà russa di fine ’800. Pubblicati su rivista nel 1887, furono poi inclusi nella raccolta Crepuscolo, primo libro di successo del giovane autore.

Diario di un uomo superfluo, racconto breve scritto da Turgenev nel 1850, è stato invece tradotto da Alessandro Niero, professore di letteratura russa all’università di Bologna e grande esperto di prosa e poesia russa del XX secolo. Attraverso le pagine di un diario un uomo prossimo alla morte, Culkaturin, decide di riempire gli ultimi giorni narrando la proprio vita. La “superfluità” del titolo, come ben spiega il traduttore, è da intendersi come estrema sensibilità di un uomo invecchiato, in conflitto con il suo ambiente sociale, che si sente inutile.

Le notti fiorentine è invece una piccola raccolta epistolare, tradotta da Serena Vitale, il cui titolo è un omaggio a Heine, di Marina Cvetaeva, una delle più alte voci della letteratura russa del ’900. Le lettere testimoniano la torrenziale passione d’amore della scrittrice per l’editore Abram Visnjak.

Per la quinta uscita, Varen’ka Olesova di Gor’kij, breve romanzo tradotto da Daniele Morante, rimando alla recensione della nostra Elisa Cianca, mentre per quella successiva, le bellissime prose di Gogol’ delle Due storie pietroburghesi, rese in italiano da Cesare De Michelis, a quella della sottoscritta.

Di qualità pari ai suoi libri maggiori e più voluminosi è quel vero e proprio viaggio nell’animo umano quale sono le Memorie del sottosuolo di Dostoevskij nella versione modernizzata nel linguaggio da Paolo Nori.

Non poteva poi mancare Bulgakov con Diavoleide, chiassoso romanzo ambientato a Mosca negli anni Venti della NEP, nuova politica economica: barbe e baffi posticci che vanno e vengono, fughe e inseguimenti da far impallidire. Diavoleide è soprattutto un accurato esercizio di riscrittura sovietica del racconto fantastico ottocentesco alla Hoffmann virato in parodia, con squarci allucinati che sembrano uscire direttamente dalla Prospettiva Nevskij di Gogol’, con segretari che sbucano dai cassetti come cucù mentre l’acre odore di zolfo, che solitamente accompagna le apparizioni diaboliche, diventa qui all’inizio solo l’effetto di un privato test di efficienza sui fiammiferi che lascia orbii suoi sperimentatori. Insomma, Bulgakov prepara lo sfondo per Il Maestro e Margherita.

Infine, l’ultima prelibatezza sfornata ce la porge Bruno Osimo con la sua versione dei Racconti di Odessa di Babel’.

Attendiamo ingolositi le prossime uscite e sposiamo in pieno le parole di Andrea Tarabbia, traduttore di Diavoleide: «Fin dalla sua nascita, ho considerato la collana Sirin Classica una sorta di gioiello: da una parte rinvendiva i fasti degli Scrittori tradotti da scrittori, con tutto quel che ne consegue; dall’altra, aveva rimesso sul mercato una serie di titoli, da Chadži Murat di Tolstoj alla Varen’ka Olesova di Gor’kij, che erano da tempo irrecuperabili: aveva dato loro una nuova vita e una nuova voce grazie, se si può dire, agli eredi contemporanei di Manganelli, Landolfi, Pavese».

  

  • condividi:

Comments

News

effe

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

Archivio