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Cinema

“L’uomo senza passato” di Aki Kaurismaki

di Rita Della Pietra / 6 dicembre

 

L’uomo senza passato è un film del 2002, diretto dal regista finlandese Aki Kaurismaki.
Il film narra la storia di un uomo che viene aggredito mentre aspetta il treno per tornare a casa e, dopo essersi trascinato nel bagno di una stazione, sviene per poi morire poco dopo l’arrivo in ospedale. La storia sembra conclusa, ma in realtà l’uomo non è morto e, alzatosi dal letto, si toglie le bende e si dirige al porto, dove perde nuovamente i sensi. Qui viene soccorso da una coppia che vive in una delle baracche che affollano il porto, ma quando la donna gli chiede notizie di sé, l’uomo dice di non ricordare nulle neanche il suo nome. Da questo momento l’uomo vivrà nella baraccopoli, supportato dagli altri marginali, i cui rapporti si basano su un patto di mutua assistenza e su una forte solidarietà.

Il film di Kaurismaki può essere considerato a tutti gli effetti una favola, non solo per la sua struttura, ma anche per i personaggi surreali messi in scena dal regista. Basti pensare a Irma, la cui freddezza apparente nasconde il timore e il pudore nei confronti di un uomo sconosciuto e di un sentimento mai provato prima, oppure l’uomo che vive nel cassonetto, che fa pensare a un personaggio di un film di animazione. La vicenda viene narrata in modo delicato e con toni pacati, tanto da scegliere di non mettere in scena il degrado e la violenza che spesso appaiono connesse alle situazioni di povertà estrema, in quanto il regista preferisce sottolineare il concetto di solidarietà fra persone che vivono il disagio e mostra anche come povertà non coincida con mancanza di dignità.

Kaurismaki sceglie piuttosto di attaccare lo Stato, in particolare l’istituzione delle banche, responsabili di portare molte persone alla rovina (tema decisamente attuale), ma attacca anche le forze di polizia, che descrive come tutt’altro che immuni dalla diffidenza verso “lo straniero” e dedite a soprusi nei confronti di chi non ha i mezzi per difendersi.

Un limite del film potrebbe essere la freddezza di alcuni personaggi, come la stessa Irma o l’impiegata di banca che a volte possono apparire inespressivi e rallentare un po’ il ritmo della narrazione, come anche la sceneggiatura scarna ed essenziale, tanto cara al regista: basti pensare alla risposta del protagonista quando la donna che lo aveva soccorso al porto si sorprende che egli sappia parlare ed egli le risponde «Sì, certamente. Solo che prima non mi veniva in mente niente da dire».

L’uomo senzapassato, interessante da vedere anche in una versione per il teatro, ha il merito di saper mettere a nudo alcuni dei limiti della nostra società (emarginazione, burocrazia, sistema economico, abuso di potere) senza tuttavia cadere nella retorica, caratteristica che rende il film originale oltre che piacevole.