Flanerí

Musica

[Best 2011] Gli album

di Alessio Belli / 20 dicembre

L’anno sta per finire ed è tempo di bilanci e graduatorie, anche dal punto di vista musicale. E così Flanerí vi propone le sue classifiche, in modo da lasciare impresso nella mente e nella playlist dell’Ipod il meglio della musica di questo 2011.

Va ovviamente premesso che la scelta è puramente soggettiva e forse le posizioni erano poche, ma l’intento della nostra lista musicale non è quello di assegnare premi o riconoscenze, quanto il voler indirizzare il lettore verso i prodotti discografici usciti nel 2011 ritenuti meritevoli di un ascolto duraturo e approfondito vista la limpida bellezza. Il contesto è rock, con poche ma significative eccezioni.

 

I 10 MIGLIORI ALBUM DEL 2011

10) The Vaccines, What did you expect from the Vaccines?
È sempre bello iniziare la classifica con una band esordiente, anzi con la band esordiente per eccellenza del 2011, come l'ha ribattezzata giustamente NME. Stiamo parlando degli inglesi Vaccines, che senza colpo ferire hanno messo in fila un pezzo rock più bello dell’altro, componendo un primogenito disco breve, impeccabile e sorprendente per incisività ed impatto; se una band agli inizi riesce ad alternare momenti di puro rock irrefrenabile come “If you wanna, Wreckin’ bar”, “Norgraad”, “Post break-up sex” e clamorose perle come “A lack of understanding” e “All in white”, una posizione nella classifica è più che legittima. Con la speranza di trovarli agli stessi livelli anche l’anno prossimo.

9) Noel Gallagher’s high flying birds, Noel Gallagher’s high flying birds
Tra i due fratelli ha vinto lui. Noel accantona la chitarra elettrica e lo sferzante e classico rock di cui è stato alfiere fin dagli anni ‘90, per comporre un album intessuto di morbide ballate e atmosfera acustiche e orchestrali. È lampante che le sue ex “Wonderwall”, “Stop cryng your heart out” e “Sunday morning call”, appartengono a un glorioso passato, ma in questo lavoro ci si emoziona ancora. E parecchio, basta sentire per esempio il capolavoro “If i had a gun”, capace di dimostrare quanto il cuore e il talento di Noel possa ancora creare momenti di musica altissimi.

8) PJ Harvey, Let England shake
Recentemente premiato con il prestigioso Mercury Prize, Let England shake di PJ Harvey è una svolta fondamentale per la carriera dell’artista; abbandonato il sexy e graffiante stile rock, l’artista ha deciso di alimentare al massimo la propria linfa cantautoriale e narrativa per poter narrare la storia della sua terra. Un grande romanzo e un grande disco, fusi insieme. Nulla da recriminare.

7) R.E.M., Collapse into now
Il 2011 verrà ricordato anche per lo scioglimento dei R.E.M., che dopo trent’anni di gloriosa ed epica carriera hanno scelto di congedarsi come era nel loro stile; serenamente, come amici, solo dopo aver composto il loro testamento definitivo, ovvero Collapse into now. Il disco è il primo composto dalla band di Athens con la consapevolezza della fine imminente e del proprio passato artistico, auto-omaggiandosi e non sfociando nella cover di se stessi,. Anzi, producendo il loro lavoro migliore, autentico e magico dai tempi delle Nuove avventure. Non c’era modo migliore per salutare i milioni di fan nel mondo usando brani come “Uberlin”, “All the best”, “Mine smell like honey”, “Oh my heart” e il capolavoro definitivo “Eveyday is yours to win”. Addio, ma senza rimpianti, al massimo, con qualche lacrima.

6) Tom Waits, Bad as me
Quando l’Orco torna a ringhiare non ce n’è per nessuno. Anche perché nessuno è cattivo come lui, come giustamente recita il titolo dell’ultimo disco del mito californiano. Dopo anni di silenzio, Mr.Waits ripesca dall’anima nera e dannata della sua arte un’altra lista di brani clamorosi, dove la sua voce riesce a sfiorare, con facilità e talento unici, il paradiso e l’inferno: “Hell broke luce”, appunto, e non rimane altro da aggiungere.

5) Foo fighters, Wasting light
Puro, ispirato e gridato Wasting light dei FF è il disco hard rock per eccellenza del 2011. Registrato nella cantina di Grohl l’album ha una carica e una energia pazzesca, perfettamente immortalata in ogni singola traccia. Wasting light è il prodotto discografico che più di tutti merita d’esser messo al massimo nelle casse per capire perfettamente cosa vuol dire fare ancora del sano rock.

4) The Decemberist, The King is dead
Quasi sconosciuti da noi, i Decemberist in America sono delle vere e proprie glorie, capaci d’intrecciare alla perfezione e con mirabile maestria la tradizione folk con la struttura melodica pop-rock contemporanea. Il risultato è molto probabilmente il loro capolavoro, The King is dead, intessuto di suoni acustici raffinati e indelebili assoli, dove a prescindere dal genere e dal nome, è impossibile non emozionarsi.

3) Elbow, Build a rocket boys!
Tanto osannati quanto altrettanto sconosciuti dal grosso del pubblico musicale, gli Elbow sono un universo rock unico e affascinante che richiede solo d’esser conosciuto a pieno. Ultimi e tra i pochi baluardi di un rock d’autore complesso e d’altissimo profilo, la band di Manchester ha pubblicato quest’anno Build a Rocket boys!, altro prodotto immenso, capace di trascinarti e, infine, imprigionarti come pochi nella sua bellezza.

2) Bjork, Biophilia
Sul fatto che il talento e la voce di Bjork siano qualcosa di assoluto e totale è inutile discutere, ma non è affatto scontato dire che oltre al chiacchiericcio da primo App-album della storia che l’ha preceduto, Biophilia è un capolavoro immenso. Composto con tecnologie avanzatissime e strumenti inventati apposta per l’occasione, rubando anche qualche rumore spaziale dalla NASA, l’ultimo lavoro dall’artista islandese è un connubio perfetto tra perfezione sonora ed emotività vocale; insomma un disco che solo Bjork poteva regalarci.

1) Wilco, The whole love
Qualora non li conosciate, questo è il disco giusto per innamorarvi degli Wilco. Davanti a tale bravura c’è poco da eccepire; il leader e l’anima della band di Chicagoo, Jeff Tweedy, ha impresso una miscela unica di momenti rock stupefacenti e lente ballate, con accenni elettronici non indifferenti come la apripista “Art of almost”. Poche parole insomma, secondo noi, più bello del 2011 va ascoltato e basta. Magari anche per gli anni a venire.