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Musica

“Do It” dei Bud Spencer Blues Explosion

di Mirko Braia / 25 febbraio

«Italians do it better». Spesso ci portiamo dietro questo detto. Ma quante volte, in fin dei conti, si rivela azzeccato?

Inutile sottolineare come nel campo musicale il confronto si riveli anche più accentuato che in molti altri ambiti. La competizione con le proposte straniere è all’ordine del giorno e, come se non bastasse, molti cantanti o band nostrane abbandonano la madrelingua per “convertirsi” all’inglese che musicalmente concede di più e regala risultati di sicuro effetto.

E allora è bene sottolineare quando i nostri talenti riescono ad emergere anche all’estero senza passare tra le fila del “nemico anglofono”.

Parliamo in questo caso dei Bud Spencer Blues Explosion, band romana formata nel 2007 da Adriano Viterbini e Cesare Petulicchio. Questi due ragazzi hanno saputo mischiare nel modo migliore l’America con l’Italia (e viceversa) attraverso un progetto decisamente ambizioso.

Già analizzando il nome da loro scelto si capisce quanto il dualismo che inizia qui da noi e arriva oltreoceano sia marcato: la fusione tra gli americanissimi Jon Spencer Blues Explosion (gruppo rock americano) e il famoso attore italiano Bud Spencer ha creato un ibrido che mostra subito come le due anime del duo romano riescano a convivere assieme come un’unità ben amalgamata.

Le loro canzoni rendono comunque molto più chiaramente l’idea. Il rock dei BSBE è infatti chiaramente ispirato al blues, contaminato da una chitarra elettrica che riporta echi dei Led Zeppelin, ma tutti i testi sono rigorosamente in italiano. Una scelta sicuramente rischiosa – e i due lo sanno bene – ma indubbiamente riuscita. Non si sente assolutamente la mancanza dell’inglese ascoltandoli live (si sono fatti conoscere al Circolo degli Artisti nella capitale registrando anche alcuni brani dal vivo, ma soprattutto al concerto del primo Maggio, prima di volare addirittura negli Stati Uniti per un tour dove hanno portato cover di band americane miste a loro tracce originali) o nei loro dischi.

La loro ultima fatica è stata una delle rivelazioni di fine 2011. Ancora una volta il titolo rivela le due anime della band romana: Do It può essere inteso sia come acronimo di «Dio odia i tristi» (l’idea originale nella scelta del nome), sia semplicemente come imperativo del verbo inglese to do.
Il tutto può rivelare, almeno in parte, anche una dichiarazione di intenti dei BSBE: un’idea di musica allegra e immediata, ma priva di quella malinconia e tristezza dei vecchi cantanti blues che vivono dall’altra parte del mondo.

Le dodici tracce che compongono l’album sono chiara rappresentazione di quanto detto fino ad ora: dai pochi secondi dell’iniziale “Slide” (che introducono tutto il resto) al brano finale “Mi addormenterò”, Do It è quasi una registrazione in studio di un live senza sosta, in cui il ritmo non cala mai, passando dal rock della chitarra elettrica di “Più del minimo” o “Giocattoli” ai ritmi decisamente più blues di “Jesus on the Mainline”, cantata assieme a Stefano Tavernese e già portata in studio da Ry Cooder e dagli Aerosmith, nonché unica delle dodici tracce in inglese.
C’è il tempo anche per sperimentare: nei quasi cinquanta secondi di “Scratch Expolsion” assieme a DJ Myke, il duo romano apre una parentesi quasi hip-hop in mezzo a sonorità ovviamente diverse.
Il risultato comunque non cambia: se Do It doveva essere la prova di maturità dei BSBE, si può tranquillamente dire che è stata superata con brillantezza.
Qualcuno ha azzardato il paragone con i White Stripes o con i Black Keys, due tra i gruppi che sicuramente hanno influenzato la band (anche per la formazione del duo chitarra /batteria), ma non c’è bisogno di scomodare nessuno: i ragazzi romani hanno creato il loro sound, la loro identità e sono semplicemente se stessi, senza inutili accostamenti.

Ritornando allora al dilemma iniziale potremmo rispondere così: forse gli italiani non sempre fanno le cose in maniera migliore, ma di certo se la sanno cavare comunque bene.