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Libri

“Parola di scrittore. Altri studi su letteratura e giornalismo”
a cura di Carlo Serafini

Uno spaccato del "giornalismo culturale" italiano in diciotto saggi critici

di Fabrizio Miliucci / 14 aprile

Della vita di uno scrittore, passato alla storia per un numero ristretto di opere, magari solo per pochi versi, si ha spesso una visione errata, approssimativa, distorta. Ma le poche pagine affioranti nascondono, il più delle volte, il lavoro di una vita intera, una produzione spesso sotterranea e dimenticata, cui il lettore comune normalmente non ha i mezzi o la pazienza di raggiungere. Fatto sta che gli scrittori di ogni tempo, e tanto più quelli degli ultimi due secoli conclusi, alle prese con dinamiche a noi forse più familiari, dividono necessariamente il proprio scrittoio in parti non uguali, dedicando nelle varie stagioni della vita un angolo, per esempio, alle traduzioni, uno al romanzo, uno alla raccolta di poesie, e magari uno, come ci racconta Parola di scrittore. Altri studi su letteratura e giornalismo (Bulzoni, 2014, pp. 300, euro 22), agli interventi giornalistici.

La serie di questa nuova raccolta di saggi continua una prima uscita del 2010, in cui allo stesso modo che in questo secondo volume, vari studiosi ed esperti indagavano il rapporto fra le massime personalità della nostra ultima tradizione letteraria e la carta stampata di quotidiani, settimanali e mensili. Periodo cronologico, quello a cavallo fra l’Ottocento e il secolo scorso, con uno sconfinamento finale nei primi dieci anni del XXI secolo con il saggio di Luca Mastranonio “Letteratura e giornalismo negli Anni Zero”, che ci porta alle storie di ieri. Diciotto interventi in tutto, che offrono un lungo e significativo spaccato del “giornalismo culturale” italiano, ovvero di quel giornalismo non di sola cronaca, affidato a intellettuali e letterati di varia vocazione alle prese con la propria contemporaneità politica e sociale.

I nomi di autrici e autori in questione vanno da Grazia Deledda e Anna Banti, redattrici in anni diversi del Corriere e di Paragone, ai due «poeti puri» Ungaretti e Quasimodo, e ancora, fra gli altri, a Comisso, Brancati, Consolo, Bufalino, Tabucchi. Una lunga lista di nomi dal destino diverso, che tramite il lavoro curato da Carlo Serafini si possono recuperare alla conoscenza viva di una produzione più caduca, ma appunto perciò interessante, perché ricca di spunti su cui gli studiosi del Novecento avranno molto da riflettere, e il lettore non specialista potrà ampliare sul vero le proprie cognizioni.              

Parola di scrittore offre molti spunti e motivi di riflessione, giocando sulla contaminazione, o contiguità dell’opera artistica e della forma-articolo, in cui la parola non può beneficiare del respiro ampio, e deve pertanto farsi portatrice di un pensiero attuale, necessariamente invischiato con l’opinione di costume e l’ottica dei tempi che corrono, un punto prospettico all’apparenza squalificante, che costringe lo scrittore ad assottigliare lo sguardo, rischiando qualcosa in più sul piano puramente personale, a fronte di un pubblico di lettori che leggerà e reagirà nell’immediato.

Fra quella che potremmo definire “Scrittura” con la maiuscola, e questa scrittura quotidiana, d’occasione, corre una serie di rapporti che è necessario ricostruire per l’intelligenza dell’opera d’arte, non idea astratta di una mente superiore, ma il fiore di una consuetudine costante.

Il primo ordine di interessi che suscita un lavoro come questo è pertanto teorico. Ma a questo ne segue uno più genuinamente storico, in cui confluiscono la vicenda individuale di uomini e donne straordinarie e la storia patria, per cui Serafini è stato bravo a propiziare una raccolta pluricentrica, sfaccettata, che racconta un lungo arco temporale sui vari piani della migliore cultura nazionale e popolare.

Un lavoro nato in ambiente accademico che, come detto, può interessare tutti, un bel viaggio nel lunghissimo “secolo breve”, attraverso le parole di chi lo ha raccontato giorno per giorno.