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Musica

Giorgio Poi, dai Phoenix a Smog

A proposito dell'ultimo album dell'artista nato a Novara

di Luigi Ippoliti / 13 marzo

Dopo l’album di esordio, Fa niente, I Phoenix si innamorano di Giorgio Poi e se lo portano in tour per dieci date tra New York e Los Angeles. Una piccola-grande consacrazione per un artista che sembra tanto distante dal mondo musicale italiano quanto vicino. In questo 2019 torna con un nuovo lavoro, Smog, che conferma le buonissime impressioni del suo predecessore.

Considerare l’artista di Novara alla stregua dell’itpop non può che essere sbagliato ma, paradossalmente, non così distante dalla realtà.  O meglio. Quella di Giorgio Poi sembra un’evoluzione della musica di Calcutta ed epigoni vari.  Musicalmente il respiro tocca i Tame Impala e Mac Demarco, andando a costruire una sorta di riconoscibilissima psichedelia pop, agli antipodi rispetto alla stagnante ripetitività dell’artista di Latina e dei suoi colleghi. I testi sono più completi, più stratificati, se confrontati con quello che viene scritto  dall’itpop, tra i suoi cliché e le proprie paranoie adulte scritte da un adolescente.

Ma questi mondi, che sembrano così distanti, viaggiano come due parallele che ogni tanto si sfiorano e ogni tanto si toccano. Un primo momento d’urto è strutturale: l’etichetta discografica, Bomba Dischi, è la stessa di Calcutta e artefice in parte della deriva qualitativa di gran parte della nuova produzione musicale italiana; un secondo momento, invece, deriva direttamente dal primo. In Smog, infatti, è presente  Edoardo D’Erme con “La musica italiana”, pezzo meno interessante perché forzatamente  imbevuto di quell’estetica che oramai ha contaminato anche altri universi, per esempio Franco 126, rendendo il tutto grossomodo la stessa cosa.

Smog, ma un discorso analogo si può fare per Fa niente, ha una sua cifra ben chiara e definita, andando a pescare tanto dai già citati Tame Impala e Mac Demarco, quanto al vecchio cantautorato italiano, da Battisti a Dalla, fino ad arrivare al più recente Iosonouncane. Musicalmente  non siamo molto distanti dal suo predecessore, con questi ambienti ampi ricreati dalle chitarre, ma c’è più concretezza, più materia,  più forma canzone e meno psichedelia – non c’è un pezzo, per esempio, come “Tubature”. L’impressione è che i vari brani siano più coesi tra di loro, aspetto che nell’altro emergeva di meno per il semplice motivo che alcuni brani  risaltavano prepotentemente rispetto agli altri (“Tubature”, appunto, e poi “Paracadute” e “Acqua minerale”) – un problema che è un bel problema.

Smog di Giorgio Poi, ma in generale Giorgio Poi, è tra i fenomeni italiani più interessanti usciti dall’ultima ondata di musica italiana. Con quest’album riesce a mantenere le promesse di Fa niente, confermandosi in una posizione che contemporaneamente è lontanissima e vicinissima a un genere che oggi sta dettando legge sul mercato:  Giorgio Poi è il pioniere di un itpop che non è mai accaduto.

 

 

 

LA CRITICA - VOTO 7,5/10

Con Smog, a due anni da Fa niente, Giorgio Poi si conferma un artista interessantissimo, tanto distante quanto vicino dall’itpop.