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Libri

La tradizione della solitudine

Su “Il mare è rotondo” di Elvis Malaj

di Fabrizia Gagliardi / 7 settembre

Quando si smette di essere uno scrittore esordiente? Il debutto culturale non ha confini definiti, ci si può a malapena basare sulle copie vendute o il ritorno economico, elementi che in ogni caso prescindono dal reale impatto dell’opera nella mente del lettore. Per uno scrittore alle prime armi il percorso da definire passa per una traccia originaria, un connubio di stile embrionale e abilità narrativa.

Elvis Malaj sta percorrendo una strada del tutto personale servendosi di un’identità ibrida e di una scrittura votata al movimento ironico e al dialogo. Dopo Dal tuo terrazzo si vede casa mia, la raccolta pubblicata da Racconti edizioni nel 2017, arriva anche l’esordio con un romanzo Rizzoli, Il mare è rotondo. 

La storia di Ujkan e del suo desiderio di andare in Italia parte da un’Albania a lui stesso sconosciuta. Il paese d’origine è una presenza ingombrante fatta di tradizioni ormai perdute, racconti e avventure picaresche. Insieme a Sulejman, l’amico scrittore alla ricerca di storie reali, e Gjokë, uno squattrinato che si barcamena tra un lavoro e l’altro, seguiremo il protagonista in una serie di situazioni fortuite, come la conquista romantica di Irena e lo spettro onnipresente dell’emigrazione.

Ritroviamo tutte le caratteristiche che s’intravedevano nella raccolta di racconti precedente: anche negli eventi più tragici l’ironia è diluita da battute, veloci dialoghi che rivelano molto delle illusioni e delle speranze dei protagonisti. Colpisce anche la struttura del romanzo che, dopo una parte iniziale che stabilisce le coordinate della storia di fondo, sceglierà di sviluppare una ramificazione di piccoli racconti a sé stanti nei capitoli successivi. Questo insieme di storie provoca in chi legge una sospensione di tutte le aspettative iniziali: non si tratterà quindi del romanzo di una traversata, o di un racconto per tappe di un’emigrazione, ma si configurerà come il ritratto dell’isolamento di chi si sente straniero nella propria casa e del conseguente mutamento attuato nella solitudine e nell’incertezza identitaria.

«Non me la sento» sono le parole che Ujkan confessa allo scafista davanti alla costa italiana e rimarranno la migliore definizione di uno smarrimento interiore che si rifletterà nella disperata ricerca di un senso. Il disagio per un mondo che non esiste più – come quello della tradizione di rapire la futura sposa o del rispettare pedissequamente i ritmi del ramadan – per incompatibilità ideologica o per scelta dettata dai cambiamenti della contemporaneità si tramuterà in un’impasse. La prospettiva di una nuova terra in cui mettere radici perde il suo fascino davanti a una questione irrisolta con il luogo d’origine. L’identità di Ujkan si fa sfuggente perché cerca di interpretare quello che è stato, l’essere albanese, in uno scontro continuo con la precarietà e l’evoluzione di usi e consuetudini. E così, la donna che vuole corteggiare ha una posizione dominante e non gli lascia prendere iniziativa, l’amico Sulejman si renderà conto di avere un conto in sospeso col passato religioso per non praticare il ramadan secondo le regole.

Qualche indizio suggerisce la collocazione temporale della storia, più interessante però è l’idea dell’autore che, tramite la piccolezza delle vicende umane e la scenografia sociale dell’ultimo avamposto comunista, sviluppa con maestria onde di decisioni sbagliate, cambi di direzione, resilienze che appaiono sempre forzate, quasi innaturali.

In Il mare è rotondo, Elvis Malaj è in grado di frammentare la storia, perdendo il filo qua e là e indugiando nelle vicende parallele che rischiano di distogliere l’attenzione del lettore. Lo smarrimento linguistico provocato da parole albanesi nel testo, i dialoghi che terminano nel vuoto, rendono alla perfezione uno stato sentimentale d’inadeguatezza alla ricerca di un posto nel mondo.

Ecco il punto nodale dell’opera di Malaj: la volontà di dedicarsi a un artigianato delle parole per far leva sulla prospettiva di straniero del proprio corpo e della propria terra, per tentare di creare una nuova definizione di casa e familiarità, quando è impossibile fare a meno delle persone che sei stato.

 

(Elvis Malaj, Il mare è rotondo, Rizzoli, 2020, 240 pp., euro 18, articolo di Fabrizia Gagliardi)