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Cinema

Noia delle borghesia

Attualizzare male "Gli indifferenti" di Moravia

di Francesco Vannutelli / 19 febbraio

C’era bisogno di una nuova versione cinematografica di Gli indifferenti? Probabilmente no. C’era bisogno di provare ad attualizzare le tematiche del romanzo per portarle in un oggi completamente cambiato sotto il profilo sociale? Sicuramente no.

Eppure, Leonardo Guerra Seragnoli e il suo co-sceneggiatore Alessandro Valenti hanno provato lo stesso ad attualizzare il capolavoro di Alberto Moravia trasportandolo in una Roma contemporanea. La trama segue la traccia del libro per cambiarne il finale e alcuni dettagli. Una famiglia dell’alta borghesia romana vive ben al di sopra dei propri mezzi trascinata dall’indolente madre Mariagrazia. Dopo la morte del marito ha continuato a comportarsi da signora con i soldi ottenuti in prestito dal suo amante Leo, che la manipola da tre anni per appropriarsi del lussuoso appartamento di famiglia. Il figlio di Mariagrazia, Michele, vive in una continua insofferenza per Leo e la sua arroganza, mentre Carla, appena diciottenne, coltiva il sogno di diventare una streamer professionista di videogiochi, e trova nell’amante della madre l’unico apparentemente disposto ad alimentare le sue ambizioni.

L’idea di rendere Carla una twitcher è l’unico pretesto di contemporaneità per questa versione di Gli indifferenti. Guerra Seragnoli aveva avuto una buona intuizione nel 2018 con il (quasi) riuscito Likemeback che parlava della società dell’apparenza attraverso tre ragazzine in vacanza in barca a vela. Qui i videogiochi diventano il solo appiglio per giustificare un tentativo di lettura contemporanea del romanzo. Altri agganci non ci sono. Moravia con il suo libro del 1929 denunciava l’indifferenza – appunto – della borghesia di fronte alla società in trasformazione. Francesco Maselli non aveva voluto attualizzare la trama per il suo film del 1964, ma di famiglia, borghesia e trasformazioni si parlava eccome negli anni Sessanta (per rimanere nel cinema basta pensare a I pugni in tasca dell’anno successivo).

Il parallelismo tra 1929 e 2020 non regge a nessun livello di lettura. Il motivo principale è che oggi quella borghesia di Gli indifferenti non esiste più, o comunque è marginale sul piano culturale. La società è cambiata in maniera troppo radicale per riuscire a rendere universale la storia di una famiglia che appartiene  a un’altra epoca. Mariagrazia e figli non sono la rappresentazione credibile di uno spaccato di società, sono un oggetto scollegato dal tempo in un film che privato della sua dimensione sociale fatica a trovare un senso. Manca nel film quello sguardo antropologico sui ricchi di titoli come Il capitale umano, o del cinema di Luca Guadagnino (Io sono l’amore, soprattutto). I personaggi di conseguenza sono freddi e detestabili, senza alcuna possibilità di empatia e ingessati in una forma che sembra aspettare solo una reazione esplosiva di libertà.

Seppur ridotto all’essenziale nella durata – non arriva a ottanta minuti – Gli indifferenti scorre a fatica verso un finale che rispetto al libro sposta l’attenzione da Michele a Carla, ultima speranza di riscatto contro le tentazioni dell’ipocrisia borghese.

Sprovvisti di una sceneggiatura credibile, i quattro protagonisti – Edoardo Pesce e Valeria Bruni Tedeschi per gli adulti, Vincenzo Crea e Betrice Grannò per i ragazzi – e la comprimaria Lisa di Giovanna Mezzogiorno sbandano senza sostegni in un vagare di espressioni contrite e silenzi.

(Gli indifferenti, di Lorenzo Guerra Seragnoli, 2020, drammatico, 78’)

LA CRITICA - VOTO 3/10

Cercare di rendere attuale Gli indifferenti di Moravia era difficile, ma il risultato finale è ben al di sotto delle possibilità offerte dal romanzo e dagli interpreti del film.