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Le conseguenze del potere

La quarta stagione di Borgen

di Elisa Scaringi / 17 giugno

Nello stesso anno in cui la televisione danese mandava in onda la terza stagione di Borgen. Il potere, gli Stati Uniti lanciavano su Netflix House of Cards. Era il lontano 2013, e la piattaforma statunitense sarebbe arrivata in Italia soltanto due anni dopo. A guardarne ora la quarta stagione prodotta da Netflix, camuffata da nuova serie televisiva con il titolo di Borgen. Potere e gloria, potrebbe sembrare che la Danimarca abbia voluto proporre una versione europea della celebre House of Cards. In realtà, scorrendo indietro nel tempo ci si accorge che l’Europa, per una volta, ha battuto gli Stati Uniti di ben tre anni, dando per prima in pasto al pubblico gli intrighi di potere che stanno dietro agli apparati politici. Anche letterariamente parlando il continente europeo mantiene il primato, visto che House of Cards nacque originariamente come romanzo, dalla penna del britannico Michael Dobbs, nel 1989, poi adattato l’anno successivo in una miniserie trasmessa dalla BBC.

Eppure, l’arma del potere che affascina e strega la politica, fino a trasformarne i suoi rappresentanti in strani esseri, talmente cinici e opportunisti da manipolare qualsiasi cosa, anche la vita stessa per fini di morte, sembra tagliata su misura per il personaggio di Frank Underwood, a cui Kevin Spacey ha prestato il suo celebre volto. Non ci si aspetterebbe mai, in un paese come la Danimarca, che gli intrighi nei palazzi del potere possano celarsi dietro una democrazia nordica così apparentemente lontana dalle macchinazioni.

In realtà, questa nuova stagione di Borgen – da cui anche il titolo che riprende il soprannome dato al Palazzo Christiansborg di Copenaghen, dove hanno sede il Parlamento, l’ufficio del Primo Ministro e la Corte Suprema – ribadisce il concetto: il potere può nascere dalla manipolazione, dalla menzogna, dall’ipocrisia, dalla disonestà, anche nel modello democratico-corporativo dell’Europa settentrionale. E può impossessarsi addirittura di una donna, laddove il potere viene spesso considerato unico appannaggio del sesso maschile. La protagonista delle quattro stagioni, infatti, Birgitte Nyborg, si fa strada nel mondo politico danese per le sue qualità comunicative.

È capace di attrarre voti e affiliare elettori al partito di cui è fondatrice nella terza stagione, i Nuovi Democratici, per l’umanità dimostrata durante l’intera carriera, tanto da diventare la prima donna ad assumere la carica di Primo Ministro. Qualcosa di diverso dalle macchinazioni di Capital Hill naturalmente c’è: tutto è molto meno eccessivo e spregiudicato, tanto che Birgitte è capace di fare un passo indietro, riconoscendo pubblicamente la sua sconfitta morale di fronte alla forza del potere che conquista con facilità, ma con altrettanta velocità coinvolge chi cade nelle sue trame in una rete di cause ed effetti da cui è poi molto difficile districarsi.

Tutto ruota intorno a un tema molto nobile: quanto si è disposti a sacrificare effettivamente per la salvaguardia del clima e dell’ambiente. La scoperta infatti di un giacimento di petrolio in Groenlandia, l’isola nazione più grande del pianeta, parte integrante del Regno di Danimarca, mette in crisi gli equilibri interni fra i due governi locali, ma anche quelli mondiali, tirando in ballo oligarchi russi sanzionati dall’UE a seguito della guerra in Ucraina, droni cinesi che vengono abbandonati fra le montagne innevate, interessi economici statunitensi che tirano le fila della diplomazia internazionale. In mezzo sta Birgitte Nyborg, in questa stagione ministra degli esteri danese, che si districa fra i malcontenti del suo partito, per il quale la salvaguardia dell’ambiente è un tema di fondamentale importanza, e le richieste spesso svantaggiose addotte dai molti osservatori coinvolti nel futuro guadagno petrolifero.
Le nuove puntante di Borgen hanno quindi il pregio di essere molto attuali per le tematiche trattate, e molto europee, o meglio nordiche, per la soluzione che alla fine si fa strada. Manca naturalmente la sfrontatezza e il fascino di una produzione come House of Cards, come l’originalità di una stagione che, sebbene sia presentata da Netflix come serie tv a sé stante, ripropone intrighi e personaggi già noti al pubblico televisivo.