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“Tercer cuerpo” di Claudio Tolcachir

di Luca Errichiello / 18 giugno

Come fanno gli altri? Come fanno gli altri? Gli altri colleghi di un lavoro fuori dal mondo, in un edificio abbandonato, in attesa di lettere che non arrivano più. Gli altri come l’altro nella coppia. Come fa l’altro nella coppia? Dietro questa domanda c’è la vera domanda: cos’è l’altro rispetto a me e cosa io rispetto all’altro? Se l’altro è colui/colei che vedo ogni giorno al lavoro, se l’altro è colui/colei che ogni giorno bacio, il tentativo di capire me e l’altro non può che coincidere con quello di comprendere le relazioni intrecciate, che ogni giorno si sovrappongono in differenti ambienti. Perché ogni relazione è anche l’altra che sta accadendo ad un muro di distanza e quindi ogni luogo è il luogo accanto. Per questo ogni relazione può essere rappresentata in una sola scena e ogni luogo in un solo luogo. È la contemporaneità che svela l’uniformità del dramma umano. Si tratta di cogliere in un’istantanea l’istante in cui ogni movimento si sta compiendo. E questi movimenti verso gli altri non possiamo che chiamarli amore, se l’amore è ciò che (s)piega la nostra volontà di raggomitolarci. Il regista Claudio Tolcachir sceglie di inquadrare dall’alto delle storie che non si accumulano, ma si promuovono a vicenda, in uno sviluppo a cascata, dove la scoperta nell’una rende viva e possibile la scoperta nell’altra, esattamente come la scoperta di ciascuno è scoperta dell’altro. È così che un liso ufficio ai margini dell’utilità sociale può essere anche nido d’amore e di conflitto per una coppia in crisi, così come può essere studio medico per un’infertilità di una coppia senza marito, oppure un bar, luogo d’incontro di potenziali amanti. È evidente che l’importanza delle sovrapposizioni non sta tanto nel convergere di intrecci in apparenza distanti tra loro, con l’obiettivo di sorprendere lo spettatore, bensì nel comporre dinamicamente e dal vivo un quadro di relazioni particolari dalle quali emerge un senso ulteriore, che si avvicina a rispondere alla domanda iniziale sugli altri. Immersi in una vita costruita su affaccendamenti inoperosi, in un lavoro disconnesso dalla sua diretta utilità, in relazioni amorose in cui lo spettro dell’altro incombe sempre minaccioso, i personaggi non si accorgono di essere specchi gli uni degli altri, solitudini che domandano senso e amore a solitudini ancora più profonde. L’ambientazione unica, le luci fisse e l’articolarsi delle voci di personaggi di storie diverse rendono l’atmosfera claustrofobica, colma di parole che non riescono a trovare un sembiante dietro il quale ordinarsi, disporsi in modo comprensibile. Di qui parte la straniante ironia macabra, intrisa di cinismo, che pervade uomini e donne nel tentativo di elevarsi al di sopra della semplice bidirezionalità delle loro relazioni e delle loro emozioni. Un pregiato assetto mutevole, un sapiente impianto camaleontico, fondato più sulla parola e sulla mimica degli attori che su sofisticati cambi di scena, consentono a Claudio Tolcachir di imbastire una realtà che analizza la realtà stessa, finendo per farsi inconsapevole portavoce presso lo spettatore dell’uniforme solitudine che passa da persona a persona, senza mai saturarsi del tutto e in ciascuno apparendo in tutta la sua unicità.

 

Tercer cuerpo
di Claudio Tolcachir

Andato in scena il15 giugno 2012, presso il Teatro Mercadante di Napoli, all’interno della rassegna Napoli Teatro Festival.