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“La ragione delle mani” di Emidio Clementi

di Francesco Vannutelli / 8 febbraio

Per chi non lo conoscesse, Emidio Clementi è il leader dei Massimo Volume, gruppo musicale italiano tra le realtà musicali più interessanti e apprezzate nella scena alternativa negli anni Novanta. L’approccio inusuale alla forma canzone che li contraddistingue, con Clementi che sul palco non canta ma recita i suoi testi mentre suona il basso accompagnato dalle sonorità post-rock della band, ha fatto emergere la vera forza del gruppo: la qualità assoluta della scrittura del front-man, la capacità di confezionare nella brevità di un brano musicale racconti compiuti e di autentica bellezza.

Dopo quattro album in studio il gruppo decide nel 2002 di prendersi una pausa per tornare poi sui proprio passi nel 2008.

Durante l’interruzione, Clementi si è concentrato sulla sua attività parallela di scrittore avviata nel 1997 con la raccolta di racconti Gara di resistenza (Gamberetti) e proseguita negli anni con romanzi in bilico tra autobiografia (L’ultimo dio, Fazi, 2004) e la narrazione più sociale che storica dei mutamenti della cultura italiana (Matilde e i suoi tre padri, Rizzoli, 2009).

Con La Ragione delle mani (Playground, 2012) Clementi torna al racconto con nove storie di musica che alternano le vite qualunque di personaggi reali e di fantasia, grandi stelle e celebrità minori note solo nel mondo musica, piccole vicende e grandi storie. La scrittura di Clementi unisce tutto senza sbavature, donando uguale dignità e grandezza a Marilyn Monroe nei suo ultimi giorni in “The lost weekend”(che si discosta molto, per materia, dagli altri, ma risulta forse il racconto più compiuto), circondata dagli amanti di una vita nel Cal-Nevada Lodge di Frank Sinatra, e a Lya Melitta, signora bolognese protagonista casuale di un documentario su Glenn Gould e del racconto “Incontro al buio in un ristorante cinese”.

I protagonisti delle storie di Clementi si trascinano tutti il fardello di un passato glorioso o glorificato, ingombrante, minaccioso o liberatorio come per Grazia e Bruno in “Due tazze di porcellana sull’orlo di un tavolo”. Il tempo gioca un ruolo fondamentale nei racconti de La ragione delle mani. C’è sempre un passato a cui volgere lo sguardo, un futuro incerto che si delinea nel presente come misera somma di attimi che si divorano a vicenda fondendo ieri e domani. È il tempo lo spazio in cui si muovono i personaggi, un tempo fatto di spostamento e attesa che qualcosa accada, che l’evento per cui tutto si prepara si manifesti. Come in “La villa” e “Attraversando Roma su una macchina della produzione”, dove la storia si ferma prima che si risolva l’aspettativa che anima il testo, prima che arrivino gli ospiti, nel primo caso, prima di iniziare il concerto nel secondo. Perché la vita non è quello che ti accade mentre fai altri progetti: la vita è quello che accade mentre si aspetta che qualcosa accada.

Il taglio quasi cinematografico della scrittura di Clementi conosce i suoi momenti più alti proprio nel riempire quei tempi di attesa, nel narrare con semplicità la semplicità di storie speciali che nel loro essere normali riescono a esprimere non qualcosa sulla vita, ma sul vivere, sul senso quotidiano dello stare al mondo.

Clementi è in questi giorni in tour con Corrado Nuccini dei Giardini di Mirò per presentare dal vivo in un reading musicale La ragione delle mani. Le prossime date previste sono: 15 febbraio, Pescara; 16 febbraio, San Benedetto del Tronto; 2 marzo, Bologna.

(Emidio Clementi, La ragione delle mani, Playground, 2012, pp. 131, euro 13)