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Cinema

“Rush” di Ron Howard

di Francesco Vannutelli / 20 settembre

La storica rivalità tra i piloti Niki Lauda e James Hunt rivive in Rush, nuovo film del regista premio Oscar Ron Howard.

Un antagonismo nato molti anni prima, nei circuiti di Formula 3 dove i due si incontrarono poco più che ragazzini la prima volta e capirono subito di essersi antipatici in una maniera irresistibile. Un’antipatia che col tempo è diventata anche stimolo, slancio e forza per fare meglio dell’altro nel corso delle loro carriere, un’energia che li portò a contendersi il titolo mondiale di Formula 1 nel 1976, l’anno del drammatico incidente che vide Lauda rischiare la vita avvolto in una coperta di fiamme nel circuito tedesco del Nürburing.

Diversi come poche persone possono essere, eppure legati da un’astiosa stima che arricchiva i loro duelli. Hunt estroverso, spaccone, aggressivo in pista come nella vita, arrogante nel nascondere le sue insicurezze, sprezzante del pericolo e della morte; Lauda freddo, riflessivo, calcolatore e metodico, la vita consacrata ai motori solo perché era la cosa che gli riusciva meglio e che quindi gli avrebbe garantito maggiori guadagni, pronto ad accettare un venti per cento di possibilità di morire ogni volta che saliva in macchina, mai un punto in più. Diversi nella vita, diversi nell’ostinazione nell’opporsi alla morte. Dopo meno di quaranta giorni dall’incidente, Lauda era di nuovo al volante e arrivava quarto nel Gran Premio d’Italia. Dopo aver strappato all’avversario la vittoria in quel campionato mondiale, Hunt non seppe mantenersi ad alti livelli e si ritirò a soli trentun anni. Oggi Lauda lavora ancora in Formula 1. James Hunt è morto, nel 1993, per un infarto a quarantacinque anni, il corpo che non reggeva più una vita di eccessi.

C’è un senso di morte che si percepisce costantemente vedendo Rush, il senso di una sfida alla vita e all’istinto di sopravvivenza, di spinta oltre il limite. Attingendo a un’epoca e a un’epica sportiva ormai tramontata (dalla morte di Ayrton Senna nel 1994 non ci sono più stati incidenti mortali in Formula 1, nei soli anni settanta morirono otto piloti nel corso di gare ufficiali e qualificazioni), Ron Howard recupera due temi forti del suo cinema migliore: la sfida dell’uomo con se stesso di fronte alla morte, già al centro di Fuoco assassino e Apollo 13, e la rivalità tra modi e mondi opposti attraverso personaggi diversi ma legati dal destino. Più che assomigliare a Jim Braddock e Max Bauer, i due pugili che si contesero la cintura dei pesi massimi nel 1935 raccontati in Cinderella Man, Hunt e Lauda sembrano riproporre la contesa costante di Frost/Nixon, tesa ricostruzione della storica intervista del 1977 all’ex presidente degli Stati Uniti. È la scrittura di Peter Morgan a unire i due film, l’attenzione alle sfumature psicologiche, ai dettagli che si nascondono dietro la grande storia.

È stato Morgan a sottoporre l’idea del film a Ron Howard che si è lasciato conquistare dall’idea della rivalità senza conoscere nulla dei personaggi reali e del mondo della Formula 1, investendo nel progetto in prima persona con la sua casa di produzione Imagine Entertainment.

Il risultato è un’opera di perfetto equilibrio in tutte le sue parti. La ricostruzione storica è dettagliata e ineccepibile, con l’uso di auto d’epoca e puntigliose ricostruzioni delle tute dei piloti e dei loro caschi illuminati dalla fotografia digitale di Anthony Dod Mantle.

Il copione di Morgan vive grazie alle notevoli prove di Chris Hemsworth, fragile e muscolare James Hunt percorso da un nervosismo perenne che dall’accendino passa alle gambe senza riposo, e Daniel Brühl, algido Lauda che impara il valore della rinuncia attraverso l’amore. La contrapposizione tra due visioni antitetiche dell’idea di sport si manifesta attraverso i loro corpi costretti nelle monoposto e si spinge fuori, lontano dai circuiti veloci, per mostrare due modi diversi di vivere la vita e di confrontarsi con la sua, inevitabile, conclusione.

Cammeo finale del vero Niki Lauda. Pierfrancesco Favino interpreta il pilota svizzero Clay Regazzoni.

 

(Rush, di Ron Howard, 2013, sportivo, 123’)