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Libri

“Due pinte di birra” di Roddy Doyle

di Luigi Ippoliti / 22 ottobre

«Quella è la Sydney Opera House. Si chiama così, per esteso».
«Sì».
«Quindi… siamo a Sydney».
«Sì».
«Ah. E come ci siamo capitati?».
«Cazzo ne so».
«Qualcosa nelle pinte, forse».
«Mi sa anche a me».

Il contesto di Due pinte di birra (Guanda, 2013) possiamo dedurlo dal titolo del libro e dalla storia di Roddy Doyle: siamo in Irlanda, al tavolino di un pub. Parlare di quest’ultima opera dell’autore di Paddy Clarke ah ah ah! come di un romanzo, potrebbe risultare difficile e probabilmente fuorviante. Meno forzata potrebbe essere la decisione di parlarne in termini di versificazione: i due protagonisti hanno regole stilistiche da rispettare, il loro ritmo da assecondare e una certa loro metrica interiore. Una sorta di poesia per ubriaconi.

Il tavolo di legno, la luce soffusa, le guance rosse e il chiacchiericcio generale: è tutto pronto ancor prima di girare la prima pagina; assistiamo infatti unicamente ai dialoghi tra due amici di cui non sappiamo i nomi (aspetto influente: in fondo potremmo trovarci in un bar italiano o in un bistrot francese, è forte benché sottocutanea la percezione di una visione e dell’insofferenza dal basso, locale, del concetto di Europa in senso politico). Una serie di sketch in cui una specie di scorbutica e a suo modo sofisticata coppia alla Laurel e Hardyè trasportata in un pub irlandese degli anni ’10.

Nell’arco di un anno e mezzo, dal 24 maggio 2011 al 31 dicembre 2012, i due parlano di politica, di società, di crisi, di sport: da Silvio Berlusconi a Francesco Schettino (suggeriscono di mettere lui a gestire l’Euro: saprebbe quando mollare la barca che affonda), dal norvegese Andres Breivik a Gheddafi, che uno dei due dice di aver visto al terminal di un aeroporto travestito da uomo delle pulizie; dalla morte di Donna Summer a quella di Whitney Houston, passando per Fernando Torres e il topless di Kate Middleton; fino al nipote di uno dei due narratori, che adotta prima una iena e poi un orso polare.

Probabilmente non siamo di fronte all’opera migliore di Doyle; abbiamo tra le mani un suo divertissement, con alcuni picchi notevi, da portare appresso e da usare a piccole dosi come diversivo.

(Roddy Doyle, Due pinte di birra, trad. di Silvia Piraccini, Guanda, 2013, pp. 154, euro 14)