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“Hannibal” di Bryan Fuller

di Martina Baratta / 6 novembre

Non c’è bisogno di presentazioni: Hannibal è entrato da tempo nell’immaginario collettivo con la magistrale interpretazione di Anthony Hopkins, grazie al quale tutti conoscono il cannibale più famoso del cinema e della letteratura, anche chi non ha avuto occasione di vedere Red Dragon o il Silenzio degli innocenti.

La serie ideata da Bryan Fuller per la NBC è interpretata da Mads Mikkelsen, attore danese dal fascino tenebroso e dalla voce suadente, e racconta la storia del famoso assassino quando era ancora uno psichiatra.

Hannibal Lecter nasconde la sua indole sotto una maschera di buone maniere quasi estremizzate, un gusto spiccato per il vestire e per l’arte, un amore viscerale – letteralmente parlando – per la buona cucina.  Inoltre è dedito ai suoi pazienti, Will Graham su tutti.

Wll è un brillante membro dell’FBI dotato di una straordinaria dote empatica che gli permette di immedesimarsi nei comportamenti criminali, soprattutto quelli dalle dinamiche più violente. Questo dono è al contempo una maledizione che lo spinge sull’orlo della follia, così Hannibal viene scelto per affiancare il giovane in un percorso psichiatrico. Tra i due si instaura un rapporto di fiducia e stima che rasenta l’amicizia se non fosse che, tenendolo sotto scacco, Hannibal continua a perpetuare i suoi efferati omicidi sotto gli occhi ignari dello stesso FBI.

Ad affiancare l’interpretazione impeccabile di Mikkelesen ci sono Hugh Dancy, attore britannico già conosciuto in ambito cinematografico, Laurence Fishburne (Morpheus di Matrix) e la superba Gillian Anderson, che con la sua eterea bellezza interpreta la dottoressa Du Maurier.

Ciò che colpisce di questo telefilm è la ricercatezza della messa in scena nonché della fotografia, curata ed elegante in ogni situazione, che sia l’arredamento di un interno o una tavola imbandita con vivande elaborate e di alta classe.

La formula della serie è particolare inoltre dal punto di vista strettamente narrativo in quanto gioca continuamente sulle visioni di Will, a metà tra il reale e l’onirico: guardare una puntata senza concentrarsi vuol dire per lo spettatore trovarsi disorientato e perdere il filo narrativo.

A tratti non è facile stare al passo con la narrazione e distinguere in maniera chiara le visioni dagli eventi realmente accaduti, ma con un minimo di attenzione e coinvolgimento i tasselli vanno in ordine da soli e creano un quadro preciso puntata dopo puntata, senza che mai nulla venga affidato al caso ma risulti perfettamente coerente con la trama.

Il successo ottenuto con la prima stagione è meritatissimo, dunque, perché un buon prodotto deve rendere conto alla storia che racconta ma anche al modo in cui viene raccontata, deve dare un’anima ai personaggi e farli interagire in contesti che li valorizzano.

La forza della sceneggiatura sta nel disseminare metafore qua e là, senza mai rivelare apertamente gli intenti dell’assassino e azzerando il suo coinvolgimento emotivo negli eventi. Il coinvolgimento che conta davvero, e questa è una carta sapientemente giocata da Fuller, è quello dello spettatore, che è onnisciente e a differenza degli altri protagonisti sa, nonostante non veda mai Hannibal intento a uccidere.

Se avete visto i film o letto i libri di Thomas Harris non potete assolutamente perdervi Hannibal: in attesa della seconda stagione che partirà nel 2014 potete seguire la prima su Italia 1 e farvi un’idea. Per come si presenta è innegabile che la confezione sia ottima, ma è assicurato che il contenuto non delude nessun tipo di aspettativa. E gli ascolti ottenuti non possono che confermare.