“I pappagalli” di Filippo Bologna

di / 18 giugno 2012

Parlando della carriera ideale di uno scrittore, Alberto Arbasino ha detto una volta: «In Italia c’è un momento stregato in cui si passa dalla categoria di brillante promessa a quella di solito stronzo. Solo a pochi fortunati l’età concede poi di accedere alla dignità di venerato maestro». Tre fasi distinte e universali nel corso di qualsiasi tentativo di affermazione. Filippo Bologna, classe 1978 da San Casciano dei Bagni, ha ripreso il motto e ne ha fatto il fulcro della sua opera seconda, I Pappagalli (Fandango Libri, 2012). Protagonisti del romanzo sono infatti tre scrittori, ognuno espressione di una dei momenti della carriera indicate da Arbasino, accomunati dalla partecipazione alla fase finale del più importante Premio letterario italiano; c’è l’Esordiente, alla sua opera prima già pubblicata con successo in Inghilterra, lo Scrittore, autore di best-seller e volto noto della televisione, e il Maestro, anziano poeta fuori dal sistema della grande distribuzione e rigidamente ancorato a un passato glorioso che gli ha riservato un presente poco più che opaco.

Attingendo dalla propria esperienza personale (il suo romanzo d’esordio, Come ho perso la guerra, ha vinto il Premio Fiesole 2009 e il premio Bagutta Opera Prima 2010, oltre a essere stato finalista al Premio Strega), Bologna offre un ritratto spietato del mondo editoriale italiano e degli scrittori, una realtà animata da sentimenti e istinti bassi, da narcisismo, calcolo e vanità che poco posto lasciano al merito e alla qualità.

Attraverso un narratore esterno distante e onnisciente, pronto a scendere in picchiata sui protagonisti, ad appoggiarsi su un cornicione per spiare una conversazione, come gli uccelli che sorvolano senza sosta il cielo della Roma caotica e quotidiana in cui il libro è ambientato, si seguono le vicende intrecciate dei tre protagonisti e dei personaggi a loro vicini, tutti anonimi e rigorosamente ridotti nella narrazione al paradigma del ruolo interpretato – la Fidanzata, l’Editore, il Filippino, il Cane e così via –, nei cinque capitoli più epilogo che accompagnano il lettore verso e dopo la finale del Premio (tre mesi, un mese, una settimana, un giorno, il giorno della finale, quattro mesi dopo), con una tensione narrativa crescente e un susseguirsi di colpi di scena fino all’ultima, grande, rivelazione. A quanto della propria vita privata è disposto a rinunciare, o, al contrario, quanto di sé è pronto a mettere in mostra e a esporre al pubblico per arrivare alla vittoria è l’interrogativo che in modi diversi si trova davanti ognuno dei concorrenti. Con uno stile ironico e graffiante, ricco di figure efficaci e bilanciando sapientemente lirismo e leggerezza, Bologna mette alla berlina le ipocrisie e le doppiezze dei suoi personaggi, consapevoli dei propri limiti e difetti, ma troppo orgogliosi e pieni di sé per poterlo ammettere.

L’autore ha dichiarato: «I pappagalli è nato sulla terrazza della casa della mia compagna, a Roma, il cui cielo ospita uccelli subtropicali prima impensabili, in eterna lotta con i vecchi ospiti, a cui stanno usurpando la dimora. Anche i miei protagonisti sono pappagalli variopinti, vanesi, crudeli che lottano senza esclusioni di colpi in un mondo di cornacchie e gabbiani».


(Filippo Bologna, I pappagalli, Fandango Libri, 2012, pp. 310, euro 16,50)

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