“Apnea” di Lorenzo Amurri

di / 1 marzo 2013

Cosa accadrebbe a un chitarrista ventitreenne, di buona famiglia ma scapestrato, pieno di tatuaggi, che ha impostato tutta la sua vita su «sesso, droga e rock’n roll», se in una fredda domenica mattina si schiantasse contro il traliccio di una funivia durante una giornata sulla neve al Terminillo?
Lo racconta Lorenzo Amurri in Apnea. Perché è la sua storia, perché è la sua vita. Amurri, in questo racconto doloroso ma sarcastico, stupisce per la sua lucidità e per la semplicità con cui ci cala in un universo che nessuno di noi vorrebbe mai nemmeno lambire. Quello della malattia, soprattutto se irreversibile, degli ospedali, dei medici, degli infermieri e del dolore.
Ecco, questo libro è un bagno nel dolore. Un’apnea, appunto. Un dolore per una vita spezzata, per un amore (quello per la musica) abbandonato per sempre. Perché quello che più preme al giovane Lorenzo è poter riacquistare l’uso delle mani e non stupisce vedere che nel momento in cui appare a tutti chiaro che questo non sarà mai più possibile, l’unico pensiero di Lorenzo sia quello della morte.

Apnea è anche, e soprattutto, una storia di vita, senza troppa retorica o vittimismo. Un viaggio tra morfina, barriere architettoniche, la fine della carriera da musicista, gli amici di una vita incapaci di far fronte a tanto dolore, la famiglia che non ti lascia solo anche se a te non basta mai e l’amore incondizionato di una donna coraggiosa che silenziosamente e pazientemente diventa, suo malgrado, una roccia su cui aggrapparsi per non annegare. Tuttavia, le incomprensioni che la vita riserva, a tutti, ma forse specialmente a chi ha molto altro a cui pensare, sono dietro l’angolo. E un uomo che si chiude a riccio nel suo dolore diventa impenetrabile e nemmeno l’amore più puro e incondizionato può sopportare il silenzio. L’unico pensiero è quello di farla finita: si capirà ben presto che non è tanto la voglia di morire quanto la possibilità di capire se si può essere in grado, finalmente, di fare qualcosa da soli e di scegliere per se stessi.

La scrittura è asciutta, netta, dettagliata e sagace, molto spesso divertente. Sembra che il Lorenzo musicista sia riuscito a lasciare il passo a un nuovo se stesso. Sempre artista, ma portavoce di un’altra specialità. Dopotutto, Amurri è figlio d’arte: suo padre Antonio è l’autore, tra le altre cose, di Sono come tu mi vuoi.
Apnea non è un bel libro se si pensa che è stato scritto con la nocca di un mignolo da un tetraplegico, Apnea è un bel libro e basta. Cosa accadrà a Lorenzo si scoprirà solo arrivando alla fine del libro, un viaggio che vale la pena di essere intrapreso perché per quanto leggerlo può sembrare doloroso e provocarci delle fitte (non so se al cuore, ma di sicuro allo stomaco), è quel dolore che serve a capire quanto importante sia ciò che abbiamo. Ogni tanto non può farci che bene.


(Lorenzo Amurri, Apnea, Fandango, 2013, pp. 251, euro 16)  

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