“Il ponte delle spie”
di Steven Spielberg

La guerra fredda di un uomo qualunque

di / 11 dicembre 2015

Steven Spielberg è sempre stato un grande appassionato di storia. Il suo cinema ha guardato molto più spesso al passato che al presente e molto più spesso la storia è servita per parlare anche del contemporaneo e della natura dell’essere umano. Senza stare a soffermarsi troppo, film come Il colore violaSchindler’s List Amistad partono dal racconto di fatti storici per parlare di qualcosa di più. Tre anni dopo il ritratto di Lincoln la telecamera di Spielberg si sposta avanti nel tempo fino alla New York del 1957.

Con Il ponte delle spie si entra nel pieno della guerra fredda con la storia vera di un avvocato, James B. Donovan, che si trovò a ricoprire un ruolo cruciale nella gestione di una potenziale crisi internazionale tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Quando Rudolf Abel viene arrestato a Brooklyn con l’accusa di essere una spia del KGB in territorio statunitense, Donovan riceve l’incarico di difenderlo d’ufficio. Dovrebbe trattarsi di un processo semplice e breve con il verdetto, scontato, di condanna a morte, ma Donovan rimane fedele al suo incarico di avvocato e difensore della giustizia e riesce a ottenere la condanna a trent’anni per Abel, convincendo il giudice che un giorno avere una spia sovietica detenuta potrebbe rivelarsi utile per uno scambio con la Russia. Donovan ha ragione, perché nel 1962 un aereo U2 degli Stati Uniti viene abbattuto mentre è in volo non autorizzato in territorio sovietico. Il pilota, Francis Gary Powers, viene preso prigioniero. L’avvocato Donovan riceverà l’incarico di recarsi a Berlino Est per mediare lo scambio di prigionieri, senza nessuna protezione ufficiale, agendo da privato cittadino.

Di tutto il cinema storico recente di Spielberg, probabilmente questo Ponte delle spie è quello che ha maggiori possibilità di confondersi con il presente. Mai come negli ultimi anni le tensioni tra Stati Uniti e Russia sono state a un simile livello di guardia in materia di politica estera. Mai come negli ultimi anni si è tornati a parlare dell’importanza delle informazioni riservate con i nuovi coinvolgimenti dell’informazione digitale e i casi Wikileaks e Snowden. Mai come in questi anni si è discusso il confine tra diritto alla sicurezza e libertà, su quanto sia autorizzato lo stato a intromettersi nella vita del privato cittadino per tutelarne l’integrità.

Spielberg però non sembra interessato a confondere ieri e oggi. Il ponte delle spie si limita a raccontare la storia di un eroe americano di stampo classico, di quelli di cinema di un tempo, pronto anche a raccogliere l’inimicizia del suo stesso Paese per difenderne i valori in cui si riconosce. James Donovan avrebbe tutta la convenienza personale a difendere Abel con il minimo impegno, ma questo non farebbe di lui un vero avvocato e un vero cittadino. C’è una costituzione che garantisce dei diritti, e quei diritti vanno riconosciuti a tutti, anche a un uomo accusato di rivelare i segreti della nazione al suo acerrimo nemico.

Il rischio, evidente, di un film del genere è la retorica patriottica, in confondere l’epica morale con quella politica, il racconto di un uomo con l’esaltazione dei suoi valori come assoluti di un popolo. A scartare, in parte, il pericolo ci pensa la sceneggiatura curata, tra gli altri dai fratelli Coen, capaci di abbassare Donovan a una normalità umana, ricorrendo anche all’ironia, ogni volta che è necessario e di non complicare la trama spionistica più del necessario per quello che è comunque più un thriller giudiziario che un vero film di spionaggio.

Al quarto film con Steven Spielberg, Tom Hanks incarna con maestria tutto il classicismo che Il ponte delle spie vuole ispirare e la normale grandezza di un uomo che fa il suo dovere credendo sempre nei valori che difende e che continua a sognare di fare presto per poter tornare a casa dalla moglie e i figli e potersi mettere a letto. Accanto a lui, la misuratissima spia Abel rivela al grande pubblico il talento d’attore dell’inglese Mark Rylance.

(Il ponte delle spie, di Steven Spielberg, 2015, thriller, 140’)

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LA CRITICA

Confezionato con impeccabile sapienza, Il ponte delle spie conferma la vocazione classica del cinema storico di Steven Spielberg che guarda attraverso i fatti raccontati per parlare dei valori dell’uomo.

VOTO

7/10

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effe

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