Antieroi e microcosmi

Edina Szvoren, “Non c’è, e non deve esserci”

di / 20 febbraio 2018

Autrice finora di tre volumi di racconti, l’ungherese Edina Szvoren ha vinto il Premio dell’Unione Europea per la letteratura nel 2015 con la sua seconda raccolta intitolata Non c’è, e non deve esserci (Mimesis, 2017). Il lettore italiano può leggerla nella traduzione di Claudia Tatasciore, grazie alla casa editrice che l’ha pubblicata nella collana eLit predisposta nell’ambito del progetto Europa creativa.

Edina Szvoren è una scrittrice atipica fin dalla sua biografia: nata nel 1974, nel 1998 si diploma al Conservatorio Ferenc Liszt di Budapest come direttrice d’orchestra. Vive tuttora di musica, in quanto insegna teoria della musica e solfeggio al liceo musicale Béla Bartók sempre nella capitale ungherese. Per anni la scrittura per lei è stata fine a se stessa, ha faticato a trovare una propria voce, le è stato persino difficile guardare in faccia quello che aveva da dire, e difatti soltanto nel 2005 inizia a pubblicare regolarmente racconti su riviste letterarie. Farsi strada esclusivamente con la forma del racconto è molto difficile: la scrittura breve è considerata spesso arte minore. Edina Szvoren la coltiva invece con una tale capacità di cristallizzazione di tutti gli elementi da far sentire i suoi brevi racconti opere complete a tutto tondo.

La pubblicazione della prima raccolta di prose brevi Pertu (Diamoci del tu) risale al 2010, viene seguita da Nincs, és ne is legyen (Non c’è, e non deve esserci) nel 2012, e nel 2015 esce Az ország legjobb hóhéra (Il miglior boia del paese). Il volume Pertu è salutato con entusiasmo dalla critica, riscuote anche un buon successo di pubblico, e giungono i primi riconoscimenti ufficiali.

I racconti della raccolta Non c’è, e non deve esserci si muovono sempre nella sfera intima, l’azione è sottostante seppure determinante, ma conta molto di più il modo di viverla. Sipari sollevati su famiglie scomposte pervase da profondi sensi di sconfitta, da relazioni svuotate. In queste novelle le minuziose descrizioni di bugie e tradimenti, che notiamo e viviamo tutti noi in varia misura, acquisiscono consapevolezza e ineluttabilità. Malattie fisiche e psichiche popolano i mondi dei racconti e i protagonisti imparano a conviverci, soccombono senza ribellione, sfiorano e vivono la solitudine e la morte. Sono asfissianti storie di miseria umana, deprimenti e misteriose, tendenti a dimostrare quanto sia invivibile la vita. Eppure a conti fatti la vita vince sempre, anche grazie al ruolo preponderante assunto dalla fisicità, dal sesso, mezzo e fine, costruttivo e non, come d’altronde avviene nel vissuto. La scrittura cesellata lascia senza fiato, tutto ha un suo perché e una sua collocazione in queste novelle, e a volte anche i silenzi, il non detto, il sottinteso, hanno lo stesso peso dell’esplicito.

Qualcuno dei racconti è di facile, immediata comprensione, altri richiedono una lettura attenta, magari anche due, come può succedere con la musica: la cacofonia del primo ascolto si trasforma in melodia, in un componimento afferrabile e apprezzabile. Un ulteriore pregio di queste novelle è la facoltà di libera interpretazione: Edina Szvoren non suggerisce opinioni o finali di storia, lascia che ognuno tragga le proprie conclusioni. Lei non giudica, non condanna e non tesse lodi; i valori li stabilisce il lettore.

Come accennato nella presentazione dell’autrice da parte della casa editrice Mimesis, alcuni critici paragonano lo stile ironico delle novelle alla prosa analitica di Péter Nádas. Si potrebbe allargare il campo delle similitudini all’ungherese Attila Bartis, per il confronto senza esclusione di colpi tra il vissuto e la sua percezione naturalista, pessimista, e alla ben più nota Lucia Berlin per i temi, la sfera sociale coinvolta, e non per ultimo per la lingua asciutta, precisa, capace di tratteggiare con poco quadri complessi e completi e profondamente toccanti.

Nella selezione della prestigiosa rivista letteraria ungherese Jelenkor stilata in base ai voti dei critici, fra i trenta migliori volumi di prosa breve degli ultimi trent’anni Pertu si colloca al secondo posto, Non c’è, e non deve esserci al dodicesimo, e l’ultima opera di Edina Szvoren, Az ország legjobb hóhérja, al tredicesimo.

 

(Edina Szvoren, Non c’è, e non deve esserci, traduzione di Claudia Tatasciore, Mimesis, 2017, 268 pp, € 18.00)
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LA CRITICA

Dodici racconti sferzanti, aspri, ironici e malinconici dalla penna di una giovane scrittrice ungherese vincitrice del Premio dell’Unione Europea per la letteratura.

VOTO

8/10

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