Lana Fucking Del Rey: The Next Best American Record?

"Norman Fucking Rockwell!", il quinto album della cantautrice americana

di / 26 settembre 2019

Giunti al quinto disco, quantifichiamo la grandezza di Lana Del Rey. Ultraviolence ci aveva fatto capire il calibro artistico della cantante americana: da lì in poi è stato un continuo attestarsi su livelli alti. Honeymoon rimane molto probabilmente il capolavoro, per coerenza e livello medio della copiosa tracklist, mentre Lust For Life, nonostante qualche scricchiolio, ha momenti di grande impatto (“Love” e la traccia omonima) e struttura solida. Zone d’ombra rimangono: dopo averla vista dal vivo (più karaoke che live in molti passaggi) alcuni stralci della sua magia si perdono tra selfie e banalità di circostanza, soprattutto considerando quanto la musica di Lana Del Rey sia intima ed empatica. Una voce capace di suscitare emozioni forti e rare in mezzo alla plastica patinata del pop attuale.

Norman Fucking Rockwell! è la quinta tappa di un percorso di crescita compositiva e d’identità artistica con pochi paragoni: il tempo degli scatti di copertina con Lana in primo piano e di sfondo le tante istantanee di un Cara Vecchia America ormai sparita hanno lasciato spazio al contesto visivo ancora più alto di Rockwell, pittore e illustratore, modello artistico di realismo romantico a cui la cantante si ispira per dare linfa e potenza ai brani, in cui l’obiettivo della camera si sposta dalla corrotta e decadente Hollywood ai chiaroscuri californiani.

Chiariamolo fin da subito: chi odia ancora Lana Del Rey, continuerà a farlo, chi la ama la amerà ancora di più. L’impostazione con annessi ampliamenti della classic torch song non vengono quasi mai abbandonati, tranne in rari momenti più leggeri come “Doin’ Time”: per il resto, troverete Lana del Rey alla massima potenza, con tanta voglia di alzare il tiro. Il risultato? Alcuni esiti sono tra i picchi assoluti della sua carriera. “Venice Bitchè tra i brani più estremi della storia del pop recente: quasi dieci minuti di dolci confessioni d’amore affogate in un mare di distorsioni clamorose. Ci vuole coraggio per concepire qualcosa del genere – e sceglierlo come singolo – in questi tempi fatti di pezzi buoni solo per riempire playlist e fare facili visualizzazioni.

Altri punti siderali sono “Mariners Apartment Complex”, con all’interno il passaggio definitivo «And who I am is a big-time believer/ That people can change, but you don’t have to leave her/When everyone’s talking/You can make a stand/’Cause even in the dark/I feel your resistance/You can see my heart burning in the distance/Baby, baby, baby, I’m your man», e la conclusiva e devastante “Hope Is A Dangerous Thing For A Woman Like Me To Have – But I Have It”, due brani semplicemente magnifici, nella loro purezza e intensità. Fateli sentire ai sopracitati odiatori e vediamo le tesi con cui ribatteranno.

Nonostante il minutaggio sempre considerevole e il perenne mood melanconico-romantico, Norman Fucking Rockwell! non annoia, anzi, fa venir voglia di fare una cosa ormai impensabile: dedicarsi completamente all’ascolto, ritagliare un po’ di tempo della propria giornata per ascoltare solo – dall’inizio alla fine – un gran bel disco, popolato da “Bartender” e “Cinnamon Girl”, in cui Lana Del Rey fornisce prove vocali sempre più autentiche e indelebili (la bellissima “Fuck It, I Love You”).

In conclusione, le quattordici tracce che compongono l’opera confermano – qualora ce ne fosse bisogno – la grandezza di Lana Del Rey, ultimo scorcio di una bellezza fuori dal tempo e dalle mode, capace di ampliare e rendere ancora più vivido e profondo il suo mondo musicale. L’invito a farne parte è esplicito fin dalla copertina: a voi la scelta.

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LA CRITICA

Norman Fucking Rockwell! è l’ennesimo grande disco di Lana Del Rey, cantante ormai realizzata in un modello e stile che la rende unica e fondamentale nell’universo del pop di qualità.

VOTO

8/10

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