Esilio e “desexilio”

“Impalcature” di Mario Benedetti

di / 16 gennaio 2020

Copertina di Impalcature di Mario Benedetti

Mario Benedetti lo aveva detto che nessuna parola era in grado di spiegarlo, che sarebbe servito un termine da coniare appositamente per tentare di racchiudere tutti i sentimenti che si provano nel tornare nel proprio paese, quello da cui si è stati espulsi, cacciati, esiliati, dal quale si è dovuti fuggire. Nottetempo ha pubblicato quest’anno Impalcature. Il romanzo del ritorno, che in copertina ha una fotografia intitolata The Man in the Suitcase. L’uomo ripiegato in quella valigia è Javier, il protagonista del romanzo; è lo stesso Benedetti, di ritorno in Uruguay – come il suo personaggio – dopo più di dieci anni; è ogni uomo e ogni donna la cui vita è rimasta spezzettata dall’esilio, una parte nel vecchio paese, qualche pezzo nel luogo nuovo e sconosciuto, quel che resta in una valigia, in una perenne andata e in un infinito ritorno.

Quello di Mario Benedetti fu un esilio lungo come tanti, che lo portò ad incontrare storie, culture e lingue con le quali crebbe e si allontanò dal suo Uruguay e che, una volta rientrato in patria, gli fecero trovare un altro se stesso e un diverso paese. Per la nuova situazione in cui si ritrovò a vivere e per il rinnovato punto di vista acquisito una volta rimpatriato, coniò il termine desexilio: per esprimere la difficoltà e lo smarrimento che lo accompagnarono nonostante l’agognato momento.

Come avverte nell’introduzione, Impalcature non è un vero e proprio romanzo né un’autobiografia, è il racconto di un esule che dopo anni di assenza forzata torna a Montevideo con una valigia confusa in cui si mescolano speranza, rimorsi, solitudine e malinconie. È la storia di un uomo ma allo stesso tempo di tanti uomini e donne, ci sono dentro pezzi di vita vissuta da altri, dall’autore stesso o soltanto immaginati, vicende reali trasformate, le incertezze che si creano negli anni nelle medesime persone, le intelaiature che queste costruiscono o sotto le quali rischiano di soccombere.

La storia di Javier che lascia la Spagna per rientrare a casa è la storia dei vecchi amici rimasti, della scelta di rimanere o di partire; che cosa succede a chi rimane durante una dittatura? E cosa a chi ne fugge? Cosa resta in un paese o di un paese oltre la dittatura, quando arriva finalmente un dopo? Ed è possibile sapere ancora come si era prima?

«Io però non mi ricordo come fossimo. Com’eravamo, a quei tempi? Più gentili, meno scontrosi? Più sinceri, meno ipocriti? Forse meno sgradevoli, d’accordo, forse ancora oggi siamo meno presuntuosi della gente di Buenos Aires».

Non ci sono risposte, non si trovano certezze. In Impalcature c’è solo la lingua di Benedetti – sempre leggera e profonda e ironica – che racconta senza permettersi di spiegare, che fa rivivere spezzoni di personaggi che sono persone reali, spaesate, inevitabilmente diverse da prima, desiderose di ricordare e di rivivere come di cancellare e dimenticare. Sono pagine ricche di dolore e di un tipo particolare di paura che è impossibile scrollarsi di dosso, che rimane nella pelle o ancora più in fondo anche se si finisce dall’altra parte del mondo, anche se passano i decenni, anche se si ritrovano i figli costretti ad abbandonare da bambini e diventati uomini e donne irriconoscibili.

Sono le singole conseguenze dei colpi di stato e delle dittature quelle che sono sottovalutate e ignorate e che risaltano tra le impalcature in cui nessuno è più uguale, dove le strade e i ritrovi e gli occhi non sono più gli stessi, in cui non è più chiaro quale sia la propria terra, cosa voglia dire patria, dove tuttavia Benedetti riesce ancora a far intravedere una possibilità, una continuazione, la sua tregua.

«Camila mi manca molto. Mi sento in esilio da mia figlia. In una lettera di qualche settimana fa, Raquel citava Pessoa: “La mia patria è dove non sono”. Quando ho letto questa frase, che non conoscevo, anche se l’ho letto a fondo il mio Pessoa, l’ho sentita subito mia. Sì, quando ero a Madrid la patria era l’Uruguay, dove non ero. Ma qui, e ora, la patria è ancora il luogo in cui non sono?  Non saprei e mi amareggia non saperlo. A volte credo di averla ritrovata, ma altre volte mi sento in esilio anche qui. Altre ancora, penso che la mia patria è Camila e che Camila è il luogo è in cui non sono».

 

(Mario Benedetti, Impalcature, trad. di Maria Nicola, Nottetempo, 270 pp., euro 16, articolo di Francesca Ceci)
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