Intersezionalità in versi sciolti

Su “Ragazza, donna, altro” di Bernardine Evaristo

di / 27 aprile 2021

Copertina di Ragazza, donna, altro di Bernardine Evaristo

Ragazza, donna, altro di Bernardine Evaristo (Sur,  2020, trad. di Martina Testa) si colloca nel panorama letterario come un vitale nucleo pulsante.

Prima vincitrice nera del prestigioso Booker Prize − ex aequo con I testamenti di Margaret Atwood – Evaristo con il suo romanzo ci dona un oggetto potente, quasi sciamanico, in grado di irraggiare intorno a sé una forte luce, la quale illumina le zone d’ombra che fino a un attimo prima non eravamo neppure capaci di scorgere.

Se Atwood, immergendosi nuovamente nel mondo distopico di Il racconto dell’ancella, torna per dirci che «la Storia non si ripete, ma fa rima con sé stessa», Evaristo decide di plasmare un romanzo circolare in cui dodici figure si succedono riunite in gruppi di tre procedendo nella narrazione quasi fossero delle terzine incatenate.

Dodici sguardi, dodici voci, dodici storie. Dodici tableau messi in scena sul palcoscenico che Evaristo ha allestito per loro. E non è un caso che la narrazione inizi in medias res, con Amma Bonsu che passeggia lungo le rive del Tamigi la mattina che precede il suo grande debutto al National Theatre con L’ultima amazzone del Dahomey, opera teatrale indomita che vuole farsi portavoce della potenza narrativa di ciò che non può essere catalogato come mainstream.

Le figure che prendono vita in queste storie possono essere donne, nere, omosessuali; oppure no. Perché se c’è una cosa che sta a cuore a Evaristo e che diventa il vessillo di tutta la sua opera è proprio quella di andare contro la claustrofobia delle etichette. Le sue protagoniste vanno dalle giovani appena uscite dall’adolescenza alle ultranovantenni, sono figlie e madri in tempi diversi, hanno visto la luce in terre lontane tra loro, hanno affrontato sfide differenti, e hanno viaggiato geograficamente e dentro di sé, per poi approdare nella realtà che si fissa nelle pagine di questo libro, raccontata da una scrittura ipnotica, un misto di prosa e poesia che la stessa autrice chiama fusion fiction, perfettamente in grado di rendere la musicalità di questa polifonia di voci che si affollano per raccontarci le viscere del loro sentire. E la realtà che ci circonda.

Sì, perché Evaristo con il suo romanzo ci racconta una realtà troppo spesso rimasta nascosta, inespressa, orfana di una penna che potesse darle corpo. «I wanted to put presence into absence», queste le parole dell’autrice che esprimono tutto il suo desiderio di far penetrare la «presenza» nel vuoto dell’«assenza». Una presenza viva, fatta di corpi veri che amano, si arrabbiano, falliscono e si rialzano. E non dobbiamo più accontentarci abulicamente di ascoltare le storie di Carole, Bummi, Shirley, Winsome e le altre, narrate in modo stereotipato e fatto per interposta persona. Con Ragazza, donna, altro Evaristo dice a tutti che sono tante le storie di emancipazione da raccontare e rappresentare ed è necessario dare spazio a voci nuove che sappiano raccontarle non in modo mediato. Così, ora che questo velo di disconoscenza si è irrimediabilmente stracciato, davanti ai nostri occhi si apre un’infinita e caleidoscopica rappresentazione del reale.

E come la scrittura è fratta, evanescente in alcuni punti, sicuramente evocativa, allo stesso modo le donne e non solo descritte da Evaristo si mostrano davanti a noi con le loro cicatrici, i propri vuoti e gli abissi, ma lo fanno nude, danzanti e in qualche modo orgogliose di illustrarci ogni minimo particolare che le rende uniche, seppur unite da una sottile linea che le congiunge tutte quante.

Il passaggio da una storia all’altra è segnato da un cambio di registro, magistralmente tradotto, che dichiara in modo semplice la singolarità delle voci che si susseguono nella narrazione. Accelerazioni, dilatazioni, anacoluti, per descrivere sentimenti profondamente differenti e, allo stesso tempo, incredibilmente interconnessi.

Ragazza, donna, altro è un romanzo corale dallo sguardo inclusivo che racconta le donne nere britanniche, ma c’è spazio anche per altro, che sia Penelope la femminista bianca che non ha propriamente a cuore chi ha la pelle più scura della sua, o Megan che non si sente Megan, piuttosto Morgan, che ha lottato per la sua libertà e non vuole assolutamente sottostare a un ingabbiamento semantico.

Dodici protagoniste, ma se ne potrebbe aggiungere una tredicesima, un personaggio ermafrodito pieno di contraddizioni: si tratta di Londra, o più in generale della Gran Bretagna, che fa da sfondo e collante a gran parte della narrazione. Dalla sua anima coloniale alla più recente Brexit, una patria acquisita, oppure disconosciuta dalle protagoniste di questo libro, accettata nonostante le sue colpe e soprattutto le sue mancanze nei confronti di un universo − che Evaristo sa descrivere alla perfezione − di persone le quali hanno calcato e calcano questa terra che ha saputo attrarle, accoglierle, ma che non ha mancato anche di mostrarsi frigida e inospitale, costringendole a fare i conti con l’essere other, altro.

Tenendo sempre ben a mente il concetto tanto caro a Evaristo dell’intersezionalità, e del femminismo intersezionale, l’approccio alla letteratura dell’autrice britannica può essere definito a pieno titolo attivismo letterario, con una scrittura che si fa politica per raccontarci che può esistere una solidarietà inclusiva. «Scrivo per tutti quelli che non si sentono inclusi, per tutti quelli che sono considerati degli outsider» ha avuto modo di affermare la scrittrice in occasione dell’ultimo Bookcity. L’otherness può avere innumerevoli volti, ma Evaristo ci chiede di andare oltre l’altro per accogliere la bellezza della moltitudine che dall’otherness si genera.

Ragazza, donna, altro ci offre l’incredibile opportunità di entrare in contatto con le sue protagoniste e di innamorarci di questi spiriti volitivi, così pregnanti e intimamente umani. Nella danza di queste figure, che appaiono scompaiono e riappaiono per tutte le cinquecento e più pagine, diventa sempre più chiaro l’invito al lettore a rileggere il reale che lo sostanzia e lo circonda per ripensarsi senza stereotipi o pregiudizi e avvicinarsi così a quello che diventa il manifesto di tutto quanto il libro, espresso in vibranti versi sciolti: «non si tratta di provare qualcosa o di pronunciare parole / si tratta solo di essere / insieme».

 

(Bernardine Evaristo, Ragazza, donna, altro, trad. di Martina Testa, Sur, 2020, 520 pp., euro 20, articolo di Giulia Eusebi)
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