OLTRE DI MACE

Grande album per il produttore milanese

di / 21 giugno 2022

Parlare di un album come OLTRE di MACE senza dover per forza aggiungere la postilla della storia che una cosa del genere in Italia è una vera e propria rarità pare difficile. Sembra quasi obbligatorio muoverci in questa direzione, semplificando, nutrendoci della retorica dell’erba del vicino e cose simili. Per quanto possibile, proviamo a farlo senza per forza doverci raccontare questa storia, sforziamoci, stacchiamoci: non è un surplus il fatto che sia uscito un lavoro del genere nonostante sia italiano.

OLTRE è un grande album che mischia l’elettronica, i club, l’ambient, la new age, la psichedelia. Bisogna scordarsi il precedente OBE, scordarsi il pezzo con Blanco e Salmo, “La nostra canzone“, Guè Pequeno e compagnia. Quello che esce fuori oggi è un linguaggio complesso, stratificato, colto. Cercare di vederlo nell’ottica di costruzione di pezzi che funzionino come canzoni in senso lato – con quel piegarsi spudorato a certe necessità di mercato – non funziona. Qui non c’è nulla di tutto questo, e quell’oltre del titolo, suona mano a mano sempre meno pretenzioso, sempre più attento e in linea con quello che va a raccontare.

Non esiste un vero e proprio discorso che leghi OLTRE, lavoro  intrinsecamente non coerente nelle intenzioni; il concept narrativo ricade tutto – questo sì – in una coerenza estetica che riesce a non subire alterazioni, a non cedere sotto i colpi del proliferare di generi, degli input, il loro susseguirsi ossessivo, il loro ondeggiare. Non ci sono appigli strutturali con cui relazionarsi, schemi. Lì è impresso lo snodo di quest’album, che ha risvolti notevoli.

La forma canzone è stata presa e ripensata. Ripensata per non essere più pensata. Non esiste, è qualcosa di non immaginabile. Bisogna partire da questo presupposto per accettare OLTRE.  Non c’è voce, un unicuum strumentale, campionamenti e loop, melodie robotiche: è riduttivo relegare questo lavoro alla sola etichetta di album elettronico. Dalla prima suite di quasi 20 minuti, per passare alla lounge e all’influenza di SBTRKT in “Ologramma“, a Moderat e Burial che pensano insieme a nuovi codici,  allo sguardo stile Jon Hopkins (il secondo brano forse non a caso si chiama “Singularity“) che si combina con quello di Floating Points, si arriva fino a sfumature Bon Iveriane con i fiati di “Volo Celeste“. Impossibile non citare poi Caribou o Jamie XX (i suoi Oh My Gosh sembrano possano spuntare da un momento all’altro) e il successivo sfociare in zone-trance (“Impeto” , “Serpente Cosmico“). Un vero e proprio viaggio, nella sua accezione più alta e più ridondante.

OLTRE è, oggi, un album necessario.

 

 

 

 

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LA CRITICA

MACE raggiunge il suo apice in carriera: OLTRE è un album necessario. Uno spartiacque.

VOTO

8/10

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“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

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