“i,i” di Bon Iver e la resa dei conti con il suo passato artistico

Il nuovo album del cantautore americano

di / 18 settembre 2019

È indiscutibile che oramai Bon Iver abbia raggiunto lo statuto di guru della musica pop alternativa. Reinventandola, dandole una nuova forma e indirizzando il discorso verso una strada a lui ben chiara. Oramai il musicista americano ha attorno a sé l’aura di chi può fare qualsiasi cosa, di chi può rimettere costantemente in discussione i cardini di un genere che tende sempre più a omologarsi, a cercare di catturare il più velocemente possibile l’attenzione dell’ascoltatore. For Emma Forever Ago è a tutti gli effetti uno dei pilastri della musica popolare di inizio 2000, “Skinny Love” forse l’unico inno di una generazione fatta a pezzi dalle false promesse di internet, che doveva avvicinare l’umanità e che è finito per produrre l’effetto opposto. Con i,i, torna tre anni dopo il cortocircuito 22, a Million, in un’estate che lo ha visto in tour con la tappa italiana al Castello Scaligero di Villafranca.

In 22, a Million, Bon Iver andava a ridisegnare l’idea di cantautorato, dove la melodia – da sempre suo punto di forza – veniva soffocata per dare spazio a un’idea di canzone meno intellegibile, meno d’impatto, criptica, molto più ricercata. Un album coraggioso e complesso, certamente superbo, a cui bastava pochissimo per risultare un enorme flop, più pretenzioso che altro, ma che invece è stato scritto con enorme sapienza. Un esperimento felicemente riuscito, che ha innalzato Justin Vernon a qualcosa di più di quello che era stato fino ad allora: un eccezionale interprete del post folk, prima minimale, poi massimale. 22, a million è stata la scommessa vinta di un artista che entrava in un momento fondamentale della sua carriera.

i,i è un album al cento per cento Bon Iver. Lo si ritrova in ogni nota, in ogni parola, in ogni guizzo melodico, in ogni suono. Meno cerebrale rispetto al suo precedente e con più momenti di pancia, che lo ricollegano emotivamente ai suoi esordi, lasciandolo comunque distante da quegli anni. Il discorso iniziato con 22, a Million non si spezza completamente, ma con i,i quel tendere alla sperimentazione si è smorzato. Qui c’è molto più spazio alle aperture melodiche, più aria, meno spazi chiusi, meno claustrofobia. Prendendo ad esempio “Salem”, brano che sarebbe stato impossibile da immaginare in 22, a Million, è facile rendersi conto che Bon Iver abbia optato a soluzioni che guardano altre prospettive, tornando in certe zone del passato già battute: qui Bon Iver sembra andare a pescare da James McMorrow (da ricordare il suo Post Tropical), il quale esiste senza dubbi perché esiste Bon Iver, in un gioco di rimandi, sarebbe meglio dire auto rimandi, tanto interessanti quanto inquietanti.

Hey, Maè certamente il brano che più rappresenta i,i, quello che prende subito e con cui si ha istintivamente un legame profondo, ma che porta appresso comunque un certo peso specifico di novità; in quel suo soul depressurizzato che va a contaminare il pop classico e viceversa che va a bilanciare, ad esempio, l’assurdo pop decostruito di “iMi”, più vicino al suo passato recente, e quello più tradizionale e immediato della già citata “Salem”. In “Hey, Ma” emerge dopo anni tutta l’incredibile sensibilità melodica di Bon Iver – riscontrabile in 22, a Million magari in “8 (circle)” -, il quale va a scrivere una canzone sul rapporto con la madre senza essere mai stucchevole, anzi, riuscendo a dare dignità a un sentimento così radicato da essere spaventoso.

Naeem” è un altro grande pezzo che ripercorre un’estetica abbandonata da 22, a Million, e che si rifà a Bon Iver, Bon Iver: quel cantato che è tra il rabbioso e l’intimo allo stesso momento ne fanno una sorta di Bruce Springsteen per club e non per stadi enormi, per un pubblico contenuto e non per folle oceaniche, assistito dai fiati che vanno ad aprire un brano che vive di un importante rapporto tra dinamica e melodia.

i,i è un ottimo lavoro di Bon Iver, un incrocio tra le varie anime del cantante americano, che riescono a convivere in grandissima armonia. Meno coraggioso del precedente, ci regala comunque un artista sempre ispirato che si lascia andare a momenti che sono delle carezze al cuore, ma che non disdegna sprazzi che non rientrano in canoni standardizzati.

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LA CRITICA

Dopo tre anni dall’incredibile 22, a Million, Bon Iver torna con un lavoro che riesce a sbalordire come il precedente, ma che rimette in mostra un artista che ha fatto della fantasia melodica il perno della sua carriera.

VOTO

7,5/10

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