«E nessuno è più cinico di un ex-idealista…»

“Se tutti i danesi fossero ebrei” di Evgenij A. Evtušenko

di / 4 luglio 2022

Copertina di Se tutti i danesi fossero ebrei di Evtušenko

Se tutti i danesi fossero ebrei (Lamantica Edizioni, 2022), questo libretto con la copertina bianca e le pagine azzurre, stampato in appena centocinquanta esemplari numerati e prodotto da un’associazione culturale bresciana, è una splendida pubblicazione per contenuti e cura.  Si tratta della traduzione italiana di una pièce teatrale praticamente inedita di Evgenij A. Evtušenko, il “Maestro del disgelo”, nato in Siberia novant’anni fa, il 18 luglio 1932, e morto negli Stati Uniti il primo aprile 2017, e di due apparati che offrono importanti approfondimenti.

«Nipote di rivoluzionari e figlio di geologi, restò sempre un inarrivabile minatore dell’animo umano», dice di lui Francesco De Napoli. Evgenij A. Evtušenko è stato uno dei più grandi della letteratura del Novecento, un vero e proprio idolo dell’Est e dell’Ovest per quella sua capacità di unire una straordinaria espressione artistica alla funzione sociale, e di opporsi a qualsiasi inganno che portasse al declino e alla rovina dei suoi ideali. Un poeta che con i suoi recital riempiva gli stadi, divenuto intoccabile in patria per la sua immensa popolarità internazionale e per la sua indomabilità di fronte a qualsiasi forma di censura o persecuzione. «Nel mentre squarciava i sepolcri imbiancati di un sistema in decomposizione, Ženja / Evtušenko arricchiva i suoi scritti con metafore coinvolgenti e straordinariamente condivisibili da tutti, il che spiazzava l’apparato, composto per lo più da burocrati di bassa cultura e statura», leggiamo ancora nel poderoso saggio di De Napoli, lo studioso che era anche amico personale del poeta russo, e il miglior conoscitore italiano di Evtušenko. Un saggio lungo e generoso che non solo serve da introduzione al dramma teatrale ma fornisce anche una panoramica completa dell’uomo e del letterato.

Di lui molto è stato tradotto e pubblicato in italiano; non però Se tutti i danesi fossero ebrei che, pur essendo stato portato sul palcoscenico in Italia, Danimarca, Germania e forse anche altrove, era uscito in edizione cartacea solo su una rivista russa nel 1996. Questo volume è quindi un’anteprima mondiale, come evidenziato dal curatore Lorenzo Gafforini nella sua nota, e la traduzione rivista e integrata dalla redazione è sempre della compianta Evelina Pascucci, la voce italiana di tutti i libri del poeta siberiano.

L’opera teatrale Se tutti i danesi fossero ebrei, terminata nel 1996 e tradotta l’anno successivo da Evelina Pascucci, è composta da diciotto quadri. Nella trama si intrecciano la prigionia della principessa danese Leonora Cristina Corfitz Ulfeldt, che per cultura e personalità fu per anni figura di spicco della corte danese, e una storia del Novecento. Due vicende infelici, una reale e persino documentata, che la principessa narrò in un diario pubblicato anche in italiano, e l’altra fittizia, simbolica, verosimile, che si fondono nella sintesi delle sorti dell’umanità di tutti i tempi. Due storie con due donne molto colte come protagoniste, due vittime che sfidano le circostanze, che non si arrendono. Una trama incentrata sulla cultura, piena di sorprese, di colpi di scena, mentre le lancette del tempo vanno avanti e indietro di tre secoli con continui e vertiginosi mutamenti di scena. Nulla di complicato, però, per l’allestimento teatrale, perché la scenografia è estremamente semplice, cosa che rende agevole anche la lettura.

Un teatro dell’assurdo saldamente ancorato alla realtà, che rispecchia la mostruosità insita nelle vite ordinarie, e dimostra quindi che non è sempre necessario ricorrere a elementi fiabeschi. Un teatro che tuttavia ci insegna anche la fiducia nel domani, nella seppur remota speranza. Anche in questo pezzo il “Maestro del disgelo” si rivela essere un mago delle parole, un grande scrittore, che fa brillare la sua vena poetica: «Ogni generazione – nella polvere e nel sangue – depreca i propri errori amari; ma le nuove di ripeterli mai saran stanche…»

Ora Se tutti i danesi fossero ebrei è finalmente inserito nel catalogo italiano, e anche mondiale, di Evtušenko, l’insuperabile enfant terrible, un poeta che ha saputo incarnare i fenomeni sociali e culturali del suo tempo con una smisurata creatività e una carica di umanità e saggezza pari a pochi intellettuali del Novecento.

 

Foto di Mario Martinazzi.

 

(Evgenij A. Evtušenko, Se tutti i danesi fossero ebrei, trad. di Evelina Pascucci, Lamantica Edizioni, 2022, con un saggio di Francesco De Napoli, a cura di Lorenzo Gafforini, articolo di Andrea Rényi)
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